Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14736 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14736 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Barcellona Pozzo di GotTo; avverso l’ordinanza del 19/07/2023 della Corte di appello di Messina; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME ; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Messina, quale giudice dell’esecuzione, adita nell’interesse di COGNOME NOME quale curatore e L.R.P.T. della RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” per la revoca e/o sospensione dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza della Corte di appello di Messina del 2.9.20210, pubblicata nei confronti di COGNOME NOME, sospendeva l’esecuzione dell’ordine di demolizione citato e relativo ad un fabbricato sito in Milazzo, concedendo un termine di 60 giorni dalla notifica della sospensione per presentare istanza ex art. 32 L. 326/2003 e fino alla definizione
della instauranda istanza di sanatoria entro centoventi giorni dalla presentazione della medesima.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso COGNOME NOME quale curatore del Fallimento della dotta individuale RAGIONE_SOCIALE NOME, mediante il proprio difensore.
Con il primo motivo, deduce preliminarmente l’interesse della curatela a proporre ricorso, atteso che l’istanza di sanatoria di cui al provvedimento impugnato sarebbe dichiarata inammissibile in assenza di un avvenuto trasferimento della proprietà dell’immobile abusivo ai sensi dell’art. 40 comma 6 della L. 47/85, così che l’ordinanza di sospensione, come rilasciata, si risolverebbe in un sostanziale rigetto della domanda avanzata dinnanzi alla Corte di appello quale giudice dell’esecuzione. Peraltro, ove fosse realizzato il trasferimento, l’unico legittimato alla domanda di condono sarebbe l’aggiudicatario e non la RAGIONE_SOCIALE quale dante causa. Quindi, sarebbe erroneo il riconoscimento operato dalla Corte di appello circa il diritto di parte istante di avanzare la già citata istanza di sanatoria. In tale quadro, sarebbe altresì impossibile la definizione positiva della istanza di condono e quindi, in ultima analisi, a seguito della previa dichiarazione di inammissibilità della domanda di condono verrebbe meno la sospensione concessa dalla Corte di appello.
Tanto precisato quanto all’interesse a ricorrere, si rileva l’avvenuto esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ex art. 606 comma 1 lett. a) cod. proc. pen., atteso che i presupposti e termini per presentare domanda di condono possono essere stabiliti solo dal Legislatore,
Con il secondo motivo rappresenta la violazione dell’art. 40 comma 6 della Legge 47/85, atteso che la predetta norma non è invocabile da altri che dall’aggiudicatario del bene trasferito e non dal suo dante causa quale solo potrebbe essere la RAGIONE_SOCIALE. In tale quadro, la corte, poi, ritenuta la applicabilità del citato articolo 40 avrebbe dovuto peraltro disporre la sospensione per 120 giorni dal decreto di trasferimento verificando alla sua scadenza l’intervenuta presentazione della istanza di sanatoria.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione essendosi sottoposta la sospensione dell’ordine di demolizione alla condizione di una domanda di sanatoria, non prevista dal citato art. 40 comma 6, da parte di soggetto non legittimato e per un termine che non troverebbe riscontro nella normativa.
Inoltre, pur ritenendo applicabile l’art. 40 citato, la corte avrebbe subordinato la sospensione dell’ordine di demolizione a presupposti e termini diversi da quelli previsti dalla citata norma
6. GLYPH Il ricorso è inammissibile. Per i soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, come è il caso del ricorrente, vale la regola prevista dall’art. 100 c.p.p. secondo cui “stanno in giudizio con il ministero di un difensore munito di procura speciale” analogamente a quanto previsto per il processo civile dall’art. 83 c.p.c. (sez. 6 n. 13798 del 20/1/2011, Rv. 249873; sez. 2 n. 27037 del 27/3/2012, Rv. 253404; sez. 1 n. 10398 del 29/2/2012, Rv. 252925). Difatti solo all’indagato o all’imputato è consentito di stare in giudizio personalmente, avendo solo l’obbligo di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege ed in forza di tale rappresentanza è titolare di un diritto d’impugnazione in favore dell’assistito, senza alcuna necessità di un’apposita procura speciale, prevista soltanto per quei singoli atti riservati espressamente dalla legge all’iniziativa personale dell’imputato. Di tali principi giurisprudenziali disciplinanti, sulle base RAGIONE_SOCIALE previsioni di sistema contenute nelle norme di procedura civile e penale, la rituale rappresentanza e costituzione in giudizio del terzo interessato deve tenersi conto in questa sede ancor prima della valutazione, pur doverosa, della effettiva sussistenza di un interesse a chiedere la revoca o sospensione di un ordine di demolizione che attiene alla res abusiva ancorchè oggetto di domanda di condono. Rispetto a quest’ultimo profilo e quale ulteriore passaggio ricognitivo in un ipotetico ragionamento affidato al giudice dell’esecuzione deve anche ricordarsi che in tema di reati edilizi, il giudice dell’esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell’ordine di demolizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive di cui all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare: a) il prevedibile risultato dell’istanza e l sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento; b) la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell’esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento (Sez. 3, Sentenza n. 9145 del 01/07/2015 Cc. (dep. 04/03/2016 ) Rv. 266763 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 47263 del 25/09/2014 Cc. (dep. 17/11/2014 ) Rv. 261212 – 01). Deve altresì rammentarsi che l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, impartito con sentenza irrevocabile, non può essere revocato o sospeso sulla base della mera pendenza di un ricorso in sede giurisdizionale avverso il rigetto della domanda di condono edilizio. (Sez. 3, Sentenza n. 35201 del Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
03/05/2016 Rv. 268032 – 01) ed inoltre, più specificamente, l’ordine di demolizione RAGIONE_SOCIALE opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione ( Sez. 3, Sentenza n. 42978 del 17/10/2007 Cc. (dep. 21/11/2007 ) Rv. 238145 – 01). E ancora, ai fini della revoca dell’ordine di demolizione di un immobile oggetto di condono edilizio, il giudice dell’esecuzione deve verificare la legittimità del sopravvenuto atto concessorio, sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione, dovendo in particolare verificare la disciplina normativa applicabile, la legittimazione di colui che abbia ottenuto il titolo in sanatoria, la tempestività della domanda, il rispetto dei requisiti strutturali e temporali per la sanabilità dell’opera e, ove l’immobile edificato ricada in zona vincolata, il tipo di vincolo esistente nonché la sussistenza dei requisiti volumetrici o di destinazione assentibili. (Sez. 3, Sentenza n. 37470 del 22/05/2019 Cc. (dep. 10/09/2019 ) Rv. 277668 – 01
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 26 marzo 20234.