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Ordine di demolizione: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato dal curatore di una procedura fallimentare avverso la sospensione di un ordine di demolizione. La decisione si fonda su un vizio di forma: la mancanza della procura speciale per il difensore, requisito essenziale per i soggetti portatori di interessi meramente civilistici nel processo penale. La sentenza ribadisce l’importanza del rispetto delle regole procedurali sulla rappresentanza in giudizio.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordine di demolizione: quando il ricorso è inammissibile

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14736 del 2024, offre un importante chiarimento sulle regole procedurali che governano l’impugnazione di un ordine di demolizione in ambito penale. Il caso in esame riguarda il ricorso presentato dal curatore di una procedura fallimentare contro la sospensione dell’esecuzione di una demolizione, un’azione che la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile per un vizio di rappresentanza. Analizziamo i dettagli di questa decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un provvedimento della Corte di appello di Messina che, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva sospeso un ordine di demolizione relativo a un fabbricato abusivo. La sospensione era stata concessa per permettere la presentazione di un’istanza di sanatoria edilizia, con un termine di 60 giorni.

Contro questa decisione, il curatore della procedura fallimentare, nel cui patrimonio rientrava l’immobile in questione, ha proposto ricorso per Cassazione. Il curatore sosteneva l’erroneità della sospensione, argomentando che la domanda di sanatoria sarebbe stata inammissibile e che, in ogni caso, solo il futuro acquirente dell’immobile (l’aggiudicatario) e non la curatela sarebbe stato legittimato a presentarla.

Il Ricorso e i suoi motivi

Il ricorrente ha basato il suo appello su tre motivi principali:

1. Mancanza di interesse e legittimazione: Si sosteneva che la Corte di appello avesse erroneamente riconosciuto il diritto a presentare istanza di sanatoria a un soggetto non legittimato (la curatela), rendendo di fatto la sospensione un rigetto implicito della richiesta originaria.
2. Violazione di legge: Il ricorso denunciava la violazione dell’art. 40, comma 6, della Legge 47/85, norma che, secondo il ricorrente, può essere invocata solo dall’aggiudicatario del bene e non dal suo dante causa (la curatela).
3. Vizio di motivazione: Infine, si contestava la logica della Corte territoriale per aver subordinato la sospensione dell’ordine di demolizione a una domanda di sanatoria presentata da un soggetto non legittimato e secondo termini non previsti dalla normativa.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e l’ordine di demolizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su un principio procedurale fondamentale: la rappresentanza in giudizio dei soggetti portatori di un interesse meramente civilistico.

La Corte ha chiarito che, a differenza dell’imputato nel processo penale, i terzi interessati (come il curatore fallimentare in questo caso) non possono stare in giudizio personalmente. Essi devono essere rappresentati da un difensore munito di procura speciale, come previsto dall’art. 100 del codice di procedura penale e dall’art. 83 del codice di procedura civile. Questo requisito formale garantisce che il difensore abbia ricevuto uno specifico mandato per impugnare quel determinato provvedimento, tutelando così la volontà della parte rappresentata.

Nel caso di specie, mancando tale procura speciale, il ricorso è stato considerato ritualmente non valido, precludendo ai giudici ogni valutazione sul fondo della controversia.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta e si concentra sulla ritualità della rappresentanza processuale. I giudici hanno sottolineato come i principi giurisprudenziali consolidati distinguano nettamente la posizione dell’imputato da quella dei terzi interessati. Mentre l’imputato ha il diritto di stare in giudizio personalmente e il suo difensore lo rappresenta ex lege, i soggetti con interessi puramente civilistici devono conferire un mandato specifico per l’impugnazione. Questa regola è posta a presidio della corretta costituzione in giudizio e della certezza dei rapporti processuali. La Corte ha ritenuto questo vizio preliminare e assorbente, tale da rendere superfluo l’esame delle argomentazioni relative alla legittimità della sospensione dell’ordine di demolizione o alle condizioni per la presentazione della sanatoria.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale: nel diritto, la forma è sostanza. L’esito di una controversia può dipendere non solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal rigoroso rispetto delle norme procedurali. Per i soggetti, come le curatele fallimentari, che si trovano a intervenire in procedimenti penali per tutelare interessi patrimoniali, è fondamentale assicurarsi che il proprio difensore sia munito di procura speciale per ogni atto di impugnazione. In assenza di questo requisito, anche le argomentazioni più solide rischiano di non essere mai esaminate, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Un soggetto con un interesse solo civilistico, come un curatore fallimentare, può impugnare un provvedimento in un processo penale?
Sì, ma solo attraverso il ministero di un difensore munito di procura speciale, come previsto dall’art. 100 del codice di procedura penale.

Quale requisito formale è indispensabile per il difensore di un soggetto con interesse civilistico per poter stare in giudizio nel processo penale?
È indispensabile che il difensore sia munito di una procura speciale, che lo autorizzi specificamente a compiere l’atto di impugnazione per conto del suo assistito.

Cosa succede se un ricorso viene presentato senza rispettare le norme sulla rappresentanza in giudizio?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esamina il merito della questione e l’atto è considerato come se non fosse mai stato presentato. La parte ricorrente viene inoltre condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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