Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 24137 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
PRIMA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 1 Num. 24137 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME COGNOME nato il 20/09/1997 avverso la sentenza emessa il 25/06/2024 dalla Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; del ricorso.
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordine di carcerazione emesso il 21 marzo 2025 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste poneva in esecuzione la sentenza irrevocabile pronunciata dalla Corte di appello di Trieste il 25 giugno 2024, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di tre anni di reclusione e 96.667,00 euro di multa, per i reati ascrittigli ai capi 10, 11, 13, 21, 22 e 23 della rubrica.
Avverso questo ordine di carcerazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 175 cod. proc. pen., conseguente al fatto che il giudizio di cognizione conclusosi con la condanna dell’imputato si era svolto senza che il ricorrente avesse mai avuto alcuna consapevolezza dello svolgimento del processo instaurato nei suoi confronti.
NØ tantomeno il difensore di fiducia del ricorrente, l’avv. NOME COGNOME presso cui il condannato aveva eletto domicilio nel giudizio di cognizione, lo aveva mai informato della pendenza e dello sviluppo del procedimento instaurato nei suoi confronti, conclusosi con la pronuncia irrevocabile della Corte di appello di Trieste del 25 giugno 2024.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordine di carcerazione impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł inammissibile.
Osserva il Collegio che, nel caso di specie, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste, quale organo dell’esecuzione esercitava i suoi poteri giurisdizionali, in relazione alla sentenza irrevocabile pronunciata dalla Corte di appello di Trieste il 25 giugno 2024, nel rispetto del combinato disposto degli artt. 655 e 665 cod. proc. pen.
L’attivazione del titolo esecutivo presupponeva che non vi fossero margini di incertezza in ordine alla pena che, in concreto, doveva essere eseguita nei confronti di NOME COGNOME che
veniva quantificata, nel caso in esame, in tre anni di reclusione e 96.667,00 euro di multa.
Tuttavia, l’attivazione del titolo esecutivo non escludeva, ex se, la possibilità di dubbi sulla legittimità dell’ordine di carcerazione, in presenza dei quali NOME COGNOME avrebbe dovuto rivolgersi agli organi dell’esecuzione penale, individuati ai sensi del combinato disposto degli artt. 655 e 665 cod. proc. pen.
Tutto questa deriva dal fatto che il dispositivo della sentenza impugnata divenuta irrevocabile ha efficacia meramente dichiarativa e non costitutiva, con la conseguenza che gli organi dell’esecuzione hanno il potere-dovere di individuare, sulla base della lettura e dell’interpretazione della decisione, le parti passate in giudicato e la frazione sanzionatoria concretamente eseguibile (tra le altre, Sez. 4, n. 29186 del 29/05/2018, COGNOME, Rv. 272966 – 01; Sez. 2, n. 464 del 16/10/2014, COGNOME, Rv. 261050 – 01; Sez. 2, n. 6287 del 15/12/1999, COGNOME Rv. 217857 – 01).
Ne discende che, laddove dovessero sorgere questioni interpretative relative all’esistenza del titolo esecutivo o alla sua conoscenza da parte del condannato, quest’ultimo potrà rivolgersi al giudice dell’esecuzione, competente a norma dell’art. 665, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
Dispone, in particolare, l’art. 665, comma 1, cod. proc. pen.: «Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell’esecuzione di un provvedimento Ł il giudice che lo ha deliberato». Tale disposizione, a sua volta, deve essere integrata dalla previsione del suo secondo comma, a tenore del quale: «Quando Ł stato proposto appello, se il provvedimento Ł stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, Ł competente il giudice di primo grado; altrimenti Ł competente il giudice di appello».
Avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, infine, Ł possibile proporre ricorso per cassazione, che Ł possibile esperire sia nelle ipotesi in cui si controverte della frazione sanzionatoria eseguibile, sia nelle ipotesi, analoghe al caso in esame, in cui si controverte della legittimità del titolo esecutivo attivato nei confronti del condannato.
Ne deriva che il ricorrente per contrastare la legittimità dell’ordine di carcerazione emesso il 21 marzo 2025 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trieste avrebbe dovuto rivolgersi, nel rispetto del combinato disposto degli artt. 655, 665 e 175 cod. proc. pen., alla Corte di appello di Trieste, competente quale giudice dell’esecuzione, a provvedere sulle questioni relative all’eseguibilità della sentenza irrevocabile pronunciata dalla stessa Corte il 25 giugno 2024; sentenza con cui NOME COGNOME veniva condannato alla pena di tre anni di reclusione e 96.667,00 euro di multa per i reati ascrittigli ai capi 10, 11, 13, 21, 22 e 23 della rubrica.
Ne deriva ulteriormente che solo dopo la pronuncia della Corte di appello di Trieste – che nel caso in esame non veniva nemmeno adita dal condannato – NOME COGNOME avrebbe potuto adire la Corte di cassazione per censurare l’eventuale pronunciamento del giudice dell’esecuzione, sotto il profilo della corretta applicazione del combinato disposto degli artt. 655, 665 e 175 cod. proc. pen.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, che si determina in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 23/06/2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME