Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32047 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32047 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Firenze il 07/04/1982; avverso l’ordinanza della Corte di appello di Bologna del 06/03/2025; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso e, in via subordinata, la rimessione della questione alle
Sezioni Unite.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 marzo 2025, la Corte di appello di Bologna ha disposto la trasmissione alla Corte di cassazione del ricorso presentato dall’imputato contro la sentenza emessa dal Tribunale di Modena, resa all’esito di giudizio abbreviato, il 7 ottobre 2024. Con tale sentenza, COGNOME NOME – imputato del reato previsto
dall’art. 586-bis cod. pen., per essere risultato positivo alla cocaina in seguito a un controllo antidoping durante una competizione ciclistica – era stato dichiarato non punibile per particolare tenuità del fatto.
Avverso l’ordinanza ordinanza, l’imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di impugnazione, vizi della motivazione e la violazione degli artt. 443, comma 1, cod. proc. pen. e 131bis cod. pen., in relazione alla dichiarata inappellabilità della sentenza pronunciata dal Tribunale di Modena.
Secondo quanto affermato dalla Corte d’appello, tale sentenza avrebbe natura di proscioglimento e, pertanto, sarebbe impugnabile esclusivamente mediante ricorso per cassazione. La difesa, tuttavia, contesta questa qualificazione, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato l’art. 443, comma 3, cod. proc. pen.; disposizione che – ad avviso del ricorrente – si riferisce unicamente al divieto per il pubblico ministero di impugnare una sentenza di proscioglimento, senza tuttavia precludere analoga facoltà all’imputato. Inoltre, secondo la prospettazione difensiva, l’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. presupporrebbe accertato il giudizio di colpevolezza dell’imputato, il quale rimarrebbe esentato solo dall’assoggettamento alla sanzione penale, non avendo pertanto piena valenza di sentenza di assoluzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché proposto contro un provvedimento non impugnabile.
Tale è l’ordinanza con la quale la Corte di appello, riscontrata la non appellabilità di una sentenza nei confronti della quale la parte ha proposto un’impugnazione qualificata come appello, trasmette gli atti alla Corte di cassazione sostanzialmente ritenendo che l’impugnazione proposta dall’interessato debba essere qualificata come ricorso per cassazione e non come appello, facendo applicazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.
Ad escludere l’impugnabilità dell’ordinanza in questione concorrono vari argomenti.
1.1. In primo luogo, tale impugnabilità non è prevista da alcuna norma dell’ordinamento, mentre l’art. 568, commi 1 e 2, cod. proc. pen. esclude la generale impugnabilità di ordinanze che non abbiano ad oggetto la libertà personale. Vige, in altri termini, per questa tipologia di atti, il principi tassatività delle impugnazioni; con la conseguenza che l’impugnabilità e il mezzo di impugnazione devono essere caso per caso stabilite dalla legge.
1.2. In secondo luogo, deve rilevarsi come manchi un interesse dell’imputato all’impugnazione; requisito fissato dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen.
L’ordinanza in questione è, infatti, priva di carattere decisorio, né può vincolare la Corte di cassazione alla qualificazione dell’impugnazione quale ricorso per cassazione anziché quale appello. Tale qualificazione potrà, però, essere effettuata dalla Corte di cassazione nell’ambito del procedimento avente ad oggetto l’impugnazione della sentenza e non nell’ambito di un sub-procedimento illegittimamente promosso dall’imputato ed avente ad oggetto un atto privo di lesività, quale l’ordinanza di trasmissione. In altri termini, sarebbe anomalo consentire un giudizio sulla qualificazione dell’impugnazione – che avrebbe il carattere della definitività, svolgendosi di fronte alla Corte di ultima istanza precedente ed indipendente rispetto al giudizio sull’impugnazione stessa.
1.3. In terzo luogo, va sottolineato che, ai sensi della formulazione letterale dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., non è indispensabile l’adozione, da parte del giudice erroneamente investito, di un provvedimento giurisdizionale, ma è necessario e sufficiente che la trasmissione degli atti al giudice competente avvenga con una semplice missiva e, comunque, con un atto meramente amministrativo. Ciò conferma la natura non giurisdizionale della trasmissione e la natura meramente incidentale e provvisoria della riqualificazione dell’impugnazione da parte della Corte d’appello, che ne rappresenta il presupposto.
1.4. Conclusivamente, nessun pregiudizio deriva all’imputato dalla non impugnabilità dell’ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, perché tale trasmissione, conseguente alla provvisoria riqualificazione dell’atto di impugnazione da parte della Corte di appello, potrà essere oggetto di discussione nel giudizio di cassazione aperto a seguito della trasmissione stessa. In tale giudizio potrà essere, dunque, rivalutata l’appellabilità della sentenza di proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. pronunciata all’esito di giudizio abbreviato. Deve dunque darsi continuità al principio già espresso da questa Corte, secondo cui non è prevista alcuna forma di impugnazione (e quindi nemmeno il ricorso per cassazione) contro il provvedimento con il quale il giudice di merito, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., qualifica l’impugnazione a lui proposta come ricorso per cassazione e dispone conseguentemente la trasmissione degli atti alla Suprema Corte. Infatti, un provvedimento di tal tipo, in qualsiasi forma adottato, non resta insindacabile, poiché è sempre soggetto al controllo nell’ulteriore corso del procedimento, come accade in genere per i provvedimenti sulla competenza (Sez. 3, n. 1205 del 13/03/1997, Rv. 207761; Sez. 5, n. 828 del 27/08/1991, Rv. 188157).
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Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/06/2025.