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Ordinanza di archiviazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso presentato dalla persona offesa contro una ordinanza di archiviazione. La Corte chiarisce che, a seguito della riforma del 2017, l’unico rimedio esperibile è il reclamo al tribunale monocratico e solo per vizi procedurali legati alla violazione del contraddittorio, non per contestare il merito della decisione. Il ricorrente, avendo adito la corte sbagliata per motivi non consentiti, è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordinanza di archiviazione: Guida Completa all’Impugnazione

L’ordinanza di archiviazione è un provvedimento cruciale nel processo penale, che segna la fine delle indagini preliminari senza un rinvio a giudizio. Ma cosa accade se la persona offesa dal reato non è d’accordo con tale decisione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti e le modalità corrette per contestarla, evidenziando come un errore procedurale possa portare all’inammissibilità del ricorso e a sanzioni economiche. Analizziamo insieme la vicenda e le regole da seguire.

I Fatti del Caso: Da un’Archiviazione all’Altra

La vicenda trae origine da un procedimento penale avviato per il reato di truffa, che era stato definito con una prima ordinanza di archiviazione. Successivamente, sulla base degli stessi fatti storici, era stato aperto un nuovo fascicolo per un reato diverso, quello di usura. Anche questo secondo procedimento, tuttavia, veniva archiviato dal Giudice per le Indagini Preliminari.

Il GIP motivava la sua decisione sostenendo che, in assenza di un formale decreto di riapertura delle indagini (previsto dall’art. 414 c.p.p.), le nuove investigazioni compiute dal pubblico ministero erano inutilizzabili. In pratica, una volta archiviato un caso, non si può semplicemente riaprirlo per un reato diverso basato sugli stessi fatti senza seguire una procedura specifica.

Contro questa seconda ordinanza di archiviazione, la persona offesa, ritenendo errata la valutazione del giudice, proponeva ricorso direttamente in Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione non è entrata nel merito della questione (cioè se fosse o meno necessario un decreto di riapertura delle indagini), ma si è fermata a un livello preliminare, quello procedurale. Il ricorrente aveva sbagliato sia il giudice a cui rivolgersi sia i motivi del ricorso, rendendo la sua impugnazione improcedibile.

Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza e dell’errore procedurale commesso.

Le Motivazioni: Regole e Limiti dell’Impugnazione contro l’Ordinanza di Archiviazione

La motivazione della Corte si fonda su una precisa norma introdotta dalla riforma legislativa del 2017: l’articolo 410-bis del codice di procedura penale. Questa norma ha cambiato radicalmente le regole per impugnare un’ordinanza di archiviazione emessa dopo che la persona offesa ha fatto opposizione e si è tenuta un’udienza in camera di consiglio.

La Corte ha spiegato che:

1. Il Giudice Competente non è la Cassazione: Il ricorso contro l’archiviazione non va più proposto alla Corte di Cassazione. Lo strumento corretto è il reclamo da presentare al tribunale in composizione monocratica.

2. I Motivi del Ricorso sono Limitati: Il reclamo non può essere basato su una generica contestazione della valutazione del giudice. È ammesso solo per motivi di nullità specifici, previsti dall’art. 127, comma 5, c.p.p. In sostanza, si può contestare l’ordinanza solo se sono state violate le regole sul contraddittorio, ovvero se alle parti non è stata data la possibilità di partecipare e difendersi correttamente durante l’udienza.

Nel caso di specie, il ricorrente aveva commesso un doppio errore: si era rivolto alla Corte di Cassazione (giudice non più competente) e aveva lamentato una violazione di legge sostanziale (errata applicazione dell’art. 414 c.p.p.), un motivo non previsto per questo tipo di impugnazione. L’impugnazione corretta avrebbe dovuto essere un reclamo al Tribunale, e solo per eventuali vizi procedurali dell’udienza di archiviazione.

Conclusioni: L’Importanza di Seguire la Corretta Procedura

Questa ordinanza della Cassazione serve da monito sull’importanza di conoscere e applicare scrupolosamente le norme procedurali. La decisione di impugnare un’ordinanza di archiviazione non può essere presa alla leggera. È fondamentale affidarsi a un legale esperto che sappia individuare non solo se vi sono i presupposti per una contestazione, ma anche, e soprattutto, qual è lo strumento corretto e quali sono i motivi ammessi dalla legge.

Sbagliare procedura non solo impedisce di ottenere giustizia nel merito, ma comporta anche conseguenze economiche negative, come la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La strada per la tutela dei propri diritti è lastricata di regole precise, la cui conoscenza è indispensabile per non veder vanificati i propri sforzi.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di archiviazione emessa dopo l’udienza di opposizione?
No. La legge (art. 410-bis c.p.p.) prevede che l’unico rimedio contro tale provvedimento sia il reclamo al tribunale in composizione monocratica, e non più il ricorso per cassazione.

Per quali motivi si può impugnare un’ordinanza di archiviazione?
L’impugnazione è consentita solo per specifici motivi di nullità legati alla violazione delle regole sul contraddittorio (ad esempio, mancata notifica dell’udienza), come previsto dall’art. 127, comma 5, c.p.p. Non è possibile contestare la valutazione del giudice sui fatti o sull’infondatezza della notizia di reato.

Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
Come stabilito nel caso di specie, la presentazione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, la cui entità è decisa dalla Corte in base alla colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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