Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31267 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31267 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MODENA il 16/02/1995
avverso l’ordinanza del 27/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza di cui in premessa il tribunale di Bologna, adito ex art. 309, c.p.p., annullava parzialmente l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena, in data 10.1.2025, aveva applicato nei confronti di COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine ai reati allo stesso ascritti nei capi n. 1) e n. 2) dell’imputazione provvisoria.
Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, lamentando violazione di legge con riferimento agli artt. 11, comma 2, 24, comma 2, 117, quest’ultimo in relazione all’art. 6 par. 1 CEDU, e art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici per omessa declaratoria di nullità dell’ordinanza genetica della misura cautelare per omesso espletamento preventivo dell’interrogatorio, effettuato postumo dopo l’emissione da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari di ordinanza nulla ex art. 292, comma 3-bis cod. proc. GLYPH pen. GLYPH invocando, GLYPH al GLYPH tempo GLYPH stesso, GLYPH un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 34 cod. proc. pen. ovvero sollevando questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo nella parte in cui non prevede – nel caso specifico – l’incompatibilità ad emettere la nuova ordinanza cautelare da parte dello stesso giudice per le indagini preliminari che ha emesso la prima misura cautelare.
Il ricorrente, in particolare, assume che l’ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari in data 10.1.2025, oggetto del procedimento di riesame definito con il provvedimento oggetto di ricorso in questa sede, sarebbe affetta da nullità poiché l’interrogatorio, nell’ambito del quale il ricorrente si avvaleva della facoltà di non rispondere, pur essendo stato espletato, deve considerarsi nullo, ai sensi dell’art. 292, comma 3-bis, cod. proc. pen., avendo il medesimo giudice per le indagini preliminari già deciso in ordine allo status libertatis del COGNOME attraverso il titolo cautelare emesso prima dell’interrogatorio del 10.1.2025, ma poi caducato e nuovamente adottato.
Con requisitoria scritta del 9.5.2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dott.ssa NOME COGNOME chiede che il ricorso venga rigettato.
Il ricorso va rigettato essendo sorretto da motivi infondati.
5. Per una migliore comprensione della questione di diritto sottoposta all’esame del Collegio, va sinteticamente ricostruita la sequenza procedimentale, che ha condotto all’ordinanza oggetto di ricorso.
A seguito dell’esercizio il 23.12.2024 dell’azione cautelare da parte del pubblico ministero, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena, in data 27.12.2024, aveva emesso nei confronti dell’indagato ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti dorniciliari per i reati di furto aggravato in concorso (capo 1) e di spendita illecita di bancomat (capo 2).
In data 30.12.2024, con nuova istanza, il pubblico ministero aveva fatto rilevare al giudice procedente che l’ordinanza cautelare in parola era stata adottata in mancanza di interrogatorio preventivo, che avrebbe dovuto svolgersi, per l’appunto, prima dell’emanazione del titolo cautelare, ai sensi della modifica normativa introdotta con I. 9.8.2024, n. 114, vigente al momento della richiesta cautelare, non rientrando i reati in questione nel novero delle eccezioni allo svolgimento preventivo dell’interrogatorio, contemplate dall’art. 291, comma 1-quater, cod. proc. pen (recita, infatti, la menzionata disposizione normativa: “Fermo il disposto dell’articolo 289, comma 2, secondo periodo, prima di disporre la misura, il giudice procede all’interrogatorio della persona sottoposta alle indagini preliminari con le modalità indicate agli articoli 64 e 65, salvo che sussista taluna delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274, comma 1, lettere a) e b), oppure l’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1, lettera c), in relazione ad uno dei delitti indicati all’articolo 407, comma 2, lettera a), o all’articolo 362, comma 1-ter, ovvero a gravi delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale”).
Di conseguenza il giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato la perdita di efficacia della misura cautelare originariamente applicata al COGNOME, applicando per analogia l’art. 302 del codice di rito, senza dichiarare la nullità dell’ordinanza, provvedendo, in data 10.1.2025 ad adottare una nuova ordinanza cautelare nei confronti dell’indagato, avente il medesimo contenuto della precedente, accogliendo la nuova richiesta cautelare formulata dal pubblico ministero nel medesimo atto con cui l’organo della pubblica accusa aveva fatto rilevare il mancato preventivo svolgimento dell’interrogatorio di garanzia.
Il giudice per le indagini preliminari, infine, aveva fatto precedere l’adozione della nuova ordinanza cautelare dal previo interrogatorio dell’indagato, svoltosi in data 8.1.2025, nel corso del quale il COGNOME si era avvalso della facoltà di non rispondere, mentre il suo difensore aveva eccepito la nullità dell’ordinanza cautelare emessa il 27.12.2024, sollecitando il giudice per le indagini preliminari a dichiarare la propria incompetenza a decidere sulla nuova richiesta cautelare del pubblico ministero, avendo il medesimo giudice già preso completa cognizione della res iudicanda ed essendosi già pronunciato accogliendo la richiesta cautelare formulata dal pubblico ministro il 23.12.2024, reiterata il successivo 30.12.2024.
5.1. Ciò posto, ritiene il Collegio che del tutto legittimamente il giudice per le indagini preliminari ha nuovamente disposto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, attraverso la seconda ordinanza impugnata innanzi al tribunale del riesame.
Ed invero, premesso che il giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto dichiarare non la perdita di efficacia della misura cautelare, per mancato svolgimento dell’interrogatorio preventivo, ma la nullità dell’ordinanza emessa il 27.12.2024, stante l’espressa previsione di cui 292, co. 3-bis, cod. proc. pen., secondo cui “L’ordinanza è nulla se non è preceduta dall’interrogatorio nei casi previsti dall’articolo 291, comma 1quater, nonché quando l’interrogatorio è nullo per violazione delle disposizioni di cui ai commi 1-septies e 1-octies del medesimo articolo”, norma introdotta dall’art. 2, comma 1, lettera f) della citata L. 9 agosto 2024, n. 114, tale nullità, non dichiarata, non si trasmette alla seconda ordinanza cautelare, perché non impediva al medesimo giudice di adottare una nuova ordinanza cautelare su richiesta del pubblico ministero, rimanendo, al riguardo, il suo potere integro.
Al riguardo la giurisprudenza di legittimità si è spinta al punto da ritenere nemmeno indispensabile che il pubblico ministero reiteri la richiesta, quando la caducazione dell’originaria ordinanza cautelare dipenda da una violazione meramente formale delle norme processuali.
Si è da tempo affermato, infatti, che l’impulso della parte pubblica a un’attività processuale mantiene ferma la sua validità per tutto il procedimento sino a quando la stessa parte pubblica non manifesti una volontà incompatibile con quella precedente. Ne consegue che, ove il
P.M. richieda la custodia cautelare in carcere di un soggetto sottoposto a indagini preliminari, quella richiesta mantiene la sua validità nel procedimento, sicché il G.I.P., qualora, nell’accogliere la richiesta emetta un’ordinanza illegittima per il mancato rispetto non dei requisiti attinenti al contenuto e alle esigenze da tutelare, bensì per carenza dei requisiti formali prescritti a pena di nullità, può addivenire, per gli stessi fatti reato, all’emissione di un nuovo provvedimento correttivo, integrativo o sostitutivo del precedente senza che il pubblico ministero debba formulare ulteriore, nuova richiesta, bastando quella precedente a soddisfare le prescrizioni di cui agli artt. 178 lett. b) – e 291 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 1861 del 28/04/1992, Rv. 190524).
Principi ribaditi in altro condivisibile arresto, in cui è stato evidenziato come la richiesta di custodia cautelare presentata dal pubblico ministero non perda efficacia e non vada rinnovata nel caso in cui sia “ah origine” emessa un’ordinanza illegittima per carenza dei requisiti formali prescritti a pena di nullità, e poi sia emesso per gli stessi fatti un nuovo provvedimento correttivo, integrativo o sostitutivo del precedente. Ne consegue che non vi è necessità di nuova richiesta, bastando quella precedente a soddisfare le prescrizioni di cui agli artt. 178 lett. b) e 291 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 17362 del 29/02/2008, Rv. 239773).
Orbene il caso che ci occupa riguarda proprio un’ordinanza, quella del 27.12.2024, da ritenere illegittima, proprio perché adottata senza osservare il (nuovo) requisito formale previsto a pena di nullità, vale a dire il preventivo interrogatorio dell’indagato di cui all’art. 291, co. 1quater, del codice di rito, sicché rientrava nel potere del giudice per le indagini preliminari adottare un nuovo provvedimento sostitutivo del precedente, anche in mancanza di una nuova richiesta cautelare del pubblico ministero, purché si ovviasse alla mancanza del requisito previsto dalla legge processuale, provvedendo all’interrogatorio preventivo dell’indagato.
Adempimento al quale, come si è detto, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Modena ha provveduto, convocando innanzi a sé il COGNOME e il suo difensore per il giorno 8.1.2025.
Né tale interrogatorio può essere ridotto, come pretenderebbe il COGNOME a un mero formalismo perché esso era la sede formalmente deputata dal legislatore ad assicurare un effettivo contraddittorio, per far valere i
rilievi difensivi sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, attraverso l’esposizione degli elementi a favore dell’indagato, la cui mancata specifica valutazione da parte del giudice procedente determina la nullità dell’ordinanza cautelare, come statuito dalla norma di nuovo conio, di cui all’art. 292, comma 2-ter., cod. proc. pen.
Rilievi, che, giova evidenziare, sono stati formulati e in parte accolti dal tribunale del riesame, attraverso l’annullamento dell’ordinanza impugnata per difetto dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo n. 2), e che l’indagato avrebbe potuto far valere innanzi al giudice per le indagini preliminari, se, per sua scelta, non avesse optato, come suo diritto, a rimanere in silenzio, concentrando le sue doglianze solo sui profili processuali.
Del tutto infondata, in conclusione, è la pretesa di far derivare dalla nullità del primo titolo cautelare, la nullità del secondo, anche perché l’ordinanza adottata il 10.1.2025, sulla base di un legittimo potere di rinnovazione e conformemente alla nuova proceduta prevista dal rinnovato art. 291 del codice di rito, non può certo ritenersi atto consecutivo, che dipende dalla precedente ordinanza dichiarata nulla.
5.2. Infondati, infine, appaiono anche i rilievi in punto di incompatibilità.
Il tema risulta affrontato e risolto dal consolidato orientamento felicemente riassunto in un condivisibile arresto di questa Corte, secondo cui l’incompatibilità del giudice costituisce unicamente motivo di ricusazione dello stesso, non potendo integrare vizio comportante la nullità del giudizio neppure allorquando la causa di essa sia divenuta nota solo dopo la definizione del relativo grado processuale, e sia ormai preclusa la proponibilità di istanza di ricusazione (cfr. Sez. 3, n. 34581 del 19/05/2021, Rv. 282136).
In tale sentenza, in particolare, opportunamente richiamata dal tribunale del riesame, si è espressamente affermato: “Occorre innanzitutto evidenziare che le questioni concernenti l’incompatibilità del giudice possono essere proposte nel nostro ordinamento processuale penale esclusivamente mediante l’istituto della ricusazione. Va infatti rilevato che, secondo l’orientamento ampiamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità, enunciato anche dalle Sezioni Unite, l’eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione,
ma non vizio comportante la nullità del giudizio (cfr., per questa soluzione, in particolare, Sez. U, n. 23 del 24/11/1999, dep. 2000, Scrudato, Rv. 215097-01, e Sez. U, n. 5 del 17/04/1996, D’Avino, Rv. 204464-01, nonché, tra le più recenti massimate, Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, K., Rv. 267419-01). In particolare, a fondamento di questa conclusione, si è osservato che il difetto di capacità del giudice di cui all’art. 178, lett. a), cod. proc. pen., deve essere inteso quale mancanza dei requisiti occorrenti per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e non anche come difetto delle condizioni specifiche per l’esercizio di tali funzioni in un determinato procedimento (così, segnatamente, Sez. U, n. 5 del 1996, D’Avino, cit.). Inoltre, la soluzione appena indicata, che esclude la configurabilità di nullità in presenza di situazioni di incompatibilità del giudice, è stata ritenuta più volte compatibile con la Costituzione dal Giudice delle Leggi (Corte cost., sent. n. 473 del 1993; Corte cost., ordinanze n. 36 del 1999 e n. 346 del 2000)”.
Del resto già in passato si era sottolineato come nell’ipotesi di annullamento per vizi formali di un’ordinanza cautelare da parte del tribunale del riesame, rispetto all’adozione del nuovo provvedimento “de libertate” non sussiste per il giudice delle indagini preliminari che ha emesso il provvedimento annullato alcuna delle incompatibilità previste dall’art.34 cod. proc. pen. (così come risultante dalle plurime decisioni assunte dalla Corte costituzionale). Ne consegue che per l’ordinanza cautelare emessa nuovamente dal giudice delle indagini preliminari non può ravvisarsi alcuna delle ipotesi di nullità disciplinate dagli art. 178 e 179 cod. proc. pen., mentre può sussistere motivo di ricusazione del giudice, che deve essere fatto valere nei termini e nelle forme previsti dall’art.38 del codice di rito (cfr. Sez. 1, n. 24810 del 10/04/2001, v. 219543, nonché, nello stesso senso, Sez. 6, n. 3042 del 04/11/2015, Rv. 266326).
Tale conclusione appare conforme a quanto statuito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 179 del 14.11.2024, che, come correttamente rilevato dal giudice dell’impugnazione cautelare, ha individuato tra i presupposti necessari per potersi ritenere sussistente l’incompatibilità endoprocessuale del giudice che la precedente valutazione si collochi non nella stessa, ma in una diversa fase del procedimento.
Appare pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente.
6. Al rigetto segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma il 4.6.2025.