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Ordinanza abnorme: i poteri del Giudice di Pace

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Giudice di Pace definendola un’ordinanza abnorme. Il Giudice, invece di decidere su una richiesta di archiviazione per diffamazione, aveva ordinato al Pubblico Ministero di compiere nuove e generiche indagini per altri reati, senza specificarli e senza disporne l’iscrizione. La Suprema Corte ha stabilito che tale provvedimento usurpa le funzioni del PM e crea una paralisi procedurale, violando la netta separazione dei poteri tra organo giudicante e requirente.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ordinanza Abnorme: I Limiti del Giudice nell’Ordinare Nuove Indagini

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23218/2025, ha tracciato una linea netta sui poteri del giudice nel contesto delle indagini preliminari, chiarendo quando un suo provvedimento diventa una ordinanza abnorme. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere il delicato equilibrio tra il ruolo di controllo del giudice e l’autonomia investigativa del Pubblico Ministero, un principio cardine del nostro sistema processuale penale.

Il caso: la richiesta di archiviazione e la decisione del Giudice di Pace

La vicenda ha origine da un procedimento per il reato di diffamazione. Il Pubblico Ministero (PM), ritenendo non configurabile il reato, aveva presentato una richiesta di archiviazione al Giudice di Pace. Quest’ultimo, tuttavia, invece di accogliere o respingere la richiesta, ha restituito gli atti al PM con un’ordinanza particolare. Invece di decidere sulla specifica accusa di diffamazione, il Giudice ha imposto al PM di svolgere “ulteriori indagini” allo scopo di “verificare la sussistenza di altre ipotesi di reato” a carico dell’indagata. Il provvedimento, però, era vago: non specificava quali nuovi reati si ipotizzassero né ordinava la necessaria iscrizione di queste nuove notitiae criminis nel registro delle notizie di reato (ex art. 335 c.p.p.).

Il ricorso del Pubblico Ministero e il concetto di ordinanza abnorme

Il Pubblico Ministero ha impugnato questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che si trattasse di una ordinanza abnorme. Secondo il ricorrente, il Giudice di Pace aveva agito in due modi errati:

1. Creando ambiguità e stasi: Non pronunciandosi sulla richiesta di archiviazione per diffamazione, aveva lasciato il procedimento in un limbo, generando una situazione di stallo insuperabile.
2. Esorbitando dai propri poteri: Ordinando indagini generiche su reati non specificati, aveva di fatto esautorato l’organo dell’accusa dal suo potere-dovere di condurre autonomamente le iniziative investigative, trasformandosi da controllore a motore dell’azione penale.

Un’ordinanza è considerata “abnorme” quando, pur essendo emessa da un giudice, si pone al di fuori delle logiche e delle norme del sistema processuale, creando una paralisi o una distorsione insanabile dei ruoli.

La decisione della Cassazione e i limiti ai poteri del giudice

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni del PM, annullando l’ordinanza del Giudice di Pace. La decisione si fonda su principi consolidati, ribaditi anche dalle Sezioni Unite.

La violazione del ruolo del Pubblico Ministero

Il giudice ha un potere di impulso e controllo sull’esercizio dell’azione penale da parte del PM. Può, ad esempio, non accogliere una richiesta di archiviazione e indicare la necessità di ulteriori indagini. Tuttavia, questo potere non è illimitato. Il giudice non può sostituirsi al PM, costringendolo a sostenere un’accusa per reati non iscritti o per cui non sono state svolte indagini preliminari. Ordinare indagini per “altre ipotesi di reato” senza specificarle e senza la previa iscrizione nel registro ufficiale significa invadere la sfera di autonomia e responsabilità che la Costituzione (art. 112) affida esclusivamente al Pubblico Ministero.

La creazione di una stasi procedurale insanabile

L’ordinanza del Giudice di Pace è stata definita affetta da “abnormità funzionale”. Le sue carenze (mancata indicazione dei reati da investigare e genericità delle indagini richieste) hanno reso concretamente impossibile per il PM proseguire. Non sapendo quali reati indagare, né su quali basi, l’organo dell’accusa si è trovato di fronte a un blocco invalicabile, una vera e propria “stasi del procedimento”. Questo tipo di paralisi, causata da un atto giudiziario anomalo, è proprio ciò che la giurisprudenza sanziona con la qualifica di abnormità.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 10728/2021), la quale ha stabilito che “il giudice non può sostituirsi al pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale”. Se il giudice ravvisa l’esistenza di altre notizie di reato o il coinvolgimento di altri soggetti, deve stimolare il PM a procedere, ma sempre nel rispetto delle forme previste dalla legge. Questo include l’obbligo di iscrivere le nuove notitiae criminis e le persone indagate nel registro previsto dall’art. 335 del codice di procedura penale. L’ordinanza impugnata, al contrario, ha eluso queste garanzie procedurali, imponendo un’attività investigativa “al buio” che ha finito per bloccare il corso della giustizia. La restituzione degli atti, pur prevista dalla legge per il rito davanti al Giudice di Pace (art. 17, d.lgs. 274/2000), è stata utilizzata in modo distorto, determinando un’abnormità funzionale che ha reso necessario l’annullamento.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sul rispetto dei ruoli nel processo penale. Il giudice è il garante della legalità e del controllo sull’azione del PM, ma non può diventarne il regista. Un provvedimento che, per la sua genericità e indeterminatezza, impedisce al PM di esercitare le proprie funzioni e blocca il procedimento è da considerarsi abnorme e, come tale, deve essere annullato. La chiarezza e la specificità degli atti giudiziari non sono solo un requisito formale, ma una garanzia sostanziale per il corretto funzionamento del sistema processuale e per i diritti di tutte le parti coinvolte.

Può un Giudice di Pace, di fronte a una richiesta di archiviazione, ordinare al Pubblico Ministero di svolgere indagini per reati diversi e non ancora iscritti?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice può indicare la necessità di ulteriori indagini, ma non può ordinare investigazioni generiche su reati non specificati e non iscritti nel registro delle notizie di reato (ex art. 335 c.p.p.), perché ciò esautorerebbe il Pubblico Ministero dalle sue funzioni istituzionali.

Cosa si intende per “ordinanza abnorme” in questo contesto?
Si intende un provvedimento del giudice che, pur non essendo formalmente previsto come impugnabile, è talmente anomalo da porsi al di fuori del sistema processuale. In questo caso, l’abnormità è “funzionale”, perché l’ordinanza ha creato una stasi insuperabile del procedimento e ha alterato la ripartizione dei poteri tra giudice e accusa.

Qual è stata la conseguenza dell’ordinanza del Giudice di Pace nel caso specifico?
La conseguenza è stata la creazione di una paralisi procedurale. Il Pubblico Ministero, a causa della vaghezza dell’ordine ricevuto (indagare su “altre ipotesi di reato” non definite), si è trovato nell’impossibilità concreta di proseguire il procedimento, che è entrato in una fase di stallo. Per questo motivo, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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