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Opposizione giudice esecuzione: il ricorso in Cassazione

La Procura ricorre in Cassazione contro il diniego di estinzione di una pena pecuniaria. La Suprema Corte, tuttavia, non decide nel merito ma riqualifica il ricorso come opposizione al giudice dell’esecuzione, rinviando gli atti al giudice di primo grado. La decisione sottolinea l’inammissibilità del ricorso diretto in Cassazione per tali provvedimenti, indicando l’opposizione come l’unico rimedio corretto per garantire il contraddittorio.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Opposizione al giudice dell’esecuzione: quando il ricorso in Cassazione è il rimedio sbagliato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 508/2024) offre un importante chiarimento procedurale in materia di esecuzione penale. Il caso riguardava un ricorso presentato dalla Procura avverso un’ordinanza che negava l’estinzione di una pena pecuniaria. La Suprema Corte, tuttavia, non ha deciso nel merito, ma ha riqualificato il ricorso come opposizione al giudice dell’esecuzione, indicando il corretto percorso processuale da seguire. Questa decisione sottolinea un principio fondamentale: la scelta del giusto mezzo di impugnazione è cruciale per la tutela dei propri diritti.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Estinzione della Pena

All’origine della vicenda vi era la richiesta del Pubblico Ministero di dichiarare estinta una pena pecuniaria per decorso del tempo. Il Tribunale di Torino, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto tale richiesta. La motivazione del rigetto si basava sul fatto che l’avvio della procedura di esecuzione, con la notifica della cartella di pagamento, costituisse un atto interruttivo della prescrizione, nonostante il condannato fosse risultato irreperibile.

Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ricorreva per cassazione, sostenendo un’errata applicazione di un precedente delle Sezioni Unite. Secondo il ricorrente, la semplice irreperibilità del condannato non poteva essere equiparata a una volontaria sottrazione all’esecuzione della pena (come l’evasione), unico caso in cui, secondo la giurisprudenza, il termine di prescrizione si interrompe per poi ricominciare a decorrere.

L’Ordinanza e il corretto rimedio: l’opposizione al giudice dell’esecuzione

La Corte di Cassazione, prima di esaminare il merito della questione, si è soffermata su un aspetto puramente procedurale. L’ordinanza impugnata era stata emessa dal giudice dell’esecuzione de plano, ovvero sulla base degli atti presentati e senza la celebrazione di un’udienza in contraddittorio tra le parti.

Secondo la legge (in particolare l’art. 667, comma 4, del codice di procedura penale), contro i provvedimenti emessi con questa modalità semplificata non è ammesso il ricorso diretto per cassazione. Il rimedio corretto previsto dal legislatore è l’opposizione al giudice dell’esecuzione. Questo strumento consente alla parte interessata di chiedere allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento di rivedere la propria decisione, questa volta instaurando un procedimento in piena regola, con un’udienza camerale che garantisce il pieno rispetto del contraddittorio e dei diritti di difesa.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato nella sua giurisprudenza. Consentire un ricorso diretto alla Suprema Corte priverebbe la parte di un grado di giudizio fondamentale: la fase di rivalutazione da parte del giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo, infatti, ha una conoscenza completa e dettagliata degli atti e delle doglianze ed è il soggetto più qualificato per esaminare tutte le questioni che non è stato possibile approfondire nella fase iniziale de plano.

La peculiarità della materia dell’esecuzione penale ha spinto il legislatore a prevedere questo specifico meccanismo di opposizione per garantire che ogni decisione sia presa dopo un confronto completo tra le parti. Di conseguenza, la Corte ha qualificato il ricorso presentato dalla Procura come opposizione e ha disposto la trasmissione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, affinché procedesse con l’ulteriore trattazione del caso nelle forme corrette.

Conclusioni

La sentenza in esame non risolve la questione sostanziale sull’estinzione della pena pecuniaria, ma fornisce una lezione cruciale di procedura penale. L’errore nella scelta del mezzo di impugnazione può portare a una dichiarazione di inammissibilità o, come in questo caso, a una riqualificazione dell’atto con un conseguente allungamento dei tempi processuali. La decisione riafferma la centralità del contraddittorio e del doppio grado di giudizio di merito, anche nella fase esecutiva, proteggendo il diritto delle parti a una valutazione completa e ponderata delle loro istanze prima di poter adire, eventualmente, il giudice di legittimità.

È possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza del giudice dell’esecuzione emessa senza udienza?
No, la sentenza chiarisce che il rimedio corretto non è il ricorso per cassazione, ma l’opposizione da proporre davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, ai sensi dell’art. 667, comma 4, c.p.p.

Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione invece di un’opposizione in un caso come questo?
La Corte di Cassazione, come avvenuto in questa vicenda, qualifica il ricorso come opposizione e trasmette gli atti al giudice originariamente competente per la prosecuzione del procedimento nelle forme corrette, ovvero con un’udienza in contraddittorio.

La Corte si è pronunciata sull’estinzione della pena pecuniaria per irreperibilità del condannato?
No, la Corte non è entrata nel merito della questione. La sua decisione è stata puramente procedurale, focalizzata sull’individuazione del corretto mezzo di impugnazione. La questione dell’estinzione della pena dovrà essere riesaminata dal giudice dell’esecuzione di Torino.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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