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Opposizione del PM e procedura esecutiva

La Corte di Cassazione interviene per correggere un errore procedurale. Un ricorso del Pubblico Ministero, erroneamente qualificato come appello diretto, viene ricondotto alla sua natura di ‘opposizione del PM’. La Corte stabilisce che tale opposizione deve essere esaminata dallo stesso Giudice dell’esecuzione che ha emesso il provvedimento iniziale, e non direttamente dalla Cassazione. Il caso viene quindi rinviato al Tribunale di Milano per seguire il corretto iter processuale.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Opposizione del PM: La Cassazione Fa Chiarezza sulla Corretta Procedura Esecutiva

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sulla corretta procedura da seguire in fase di esecuzione penale, in particolare quando il Pubblico Ministero contesta una decisione del giudice. Al centro della questione vi è l’istituto dell’opposizione del PM, un meccanismo fondamentale per garantire il contraddittorio anche dopo la sentenza definitiva. Vediamo come la Corte di Cassazione ha ripristinato il corretto iter processuale, annullando un rinvio diretto e improprio.

I Fatti del Caso: Una Riduzione di Pena Contestata

Il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Milano aveva concesso a un condannato una riduzione di un sesto della pena. Tale riduzione era stata applicata sulla pena complessiva, determinata riconoscendo la continuazione tra i reati giudicati con una sentenza del 2024 e quelli di una precedente sentenza del 2019, emessa dalla Corte d’Appello di Trento e già definitiva.

Il Pubblico Ministero si è opposto a questa decisione. Secondo l’accusa, la riduzione di pena prevista dall’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., non poteva essere applicata retroattivamente alla sentenza del 2019, divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della norma. La richiesta del PM era quindi di limitare il beneficio alla sola pena inflitta con la più recente sentenza del 2024.

L’Errore Procedurale e l’Opposizione del PM

Il Giudice dell’esecuzione, ricevuta l’opposizione del PM, ha commesso un errore procedurale: anziché trattare l’atto come un’opposizione da decidere in contraddittorio, lo ha qualificato come un ricorso per cassazione e ha trasmesso direttamente gli atti alla Suprema Corte.

Questo passaggio ha di fatto saltato un grado fondamentale del giudizio, ovvero la fase di opposizione vera e propria, che deve svolgersi davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento contestato. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a pronunciarsi non sul merito della riduzione della pena, ma sulla correttezza di questo iter processuale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto le conclusioni della Procura Generale e ha riqualificato l’atto del Pubblico Ministero per quello che era: un’opposizione ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.

La Corte ha richiamato la normativa specifica, in particolare l’art. 676, comma 3-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia. Questa norma stabilisce che il giudice dell’esecuzione, quando decide de plano (cioè senza udienza) sull’applicazione della riduzione di pena, segue la procedura prevista dall’art. 667, comma 4.

Questa procedura prevede una scansione precisa:
1. Il giudice emette un provvedimento inaudita altera parte (senza sentire le parti).
2. La parte interessata (in questo caso il PM) può presentare opposizione allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento.
3. Solo avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione è possibile proporre ricorso per cassazione.

La Cassazione ha sottolineato che trasmettere direttamente gli atti alla Suprema Corte, saltando la fase dell’opposizione, costituisce una violazione delle norme procedurali. L’opposizione, infatti, serve a instaurare un contraddittorio pieno davanti al primo giudice, permettendogli di riconsiderare la sua decisione alla luce delle argomentazioni delle parti.

Le Conclusioni

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Milano, Ufficio del Giudice delle Indagini Preliminari, affinché proceda all’esame dell’opposizione secondo le regole. La decisione non entra nel merito della questione (se la riduzione di pena fosse legittima o meno), ma si concentra sul ripristino della legalità procedurale. Questo provvedimento ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione è un rimedio straordinario, esperibile solo dopo che si sono esauriti i normali mezzi di impugnazione previsti dalla legge, come l’opposizione. La fretta di arrivare al giudizio di legittimità non può giustificare la violazione delle garanzie processuali e del diritto al contraddittorio.

Qual è la procedura corretta per contestare una decisione del Giudice dell’esecuzione emessa senza udienza?
La procedura corretta non è un ricorso diretto in Cassazione, ma un’opposizione da presentare allo stesso Giudice dell’esecuzione che ha emesso il provvedimento. Sarà poi la decisione su tale opposizione a poter essere, eventualmente, impugnata in Cassazione.

Perché la Corte di Cassazione ha ‘riqualificato’ l’atto del Pubblico Ministero?
La Corte lo ha riqualificato da ‘ricorso per cassazione’ a ‘opposizione’ perché la legge (art. 667, comma 4, c.p.p.) prevede specificamente l’opposizione come primo rimedio contro le decisioni emesse de plano dal giudice dell’esecuzione. L’invio diretto alla Cassazione era un errore procedurale.

Qual è stato l’esito finale di questa ordinanza della Cassazione?
La Corte non ha deciso se la riduzione di pena fosse giusta o sbagliata. Ha invece annullato il rinvio e ha ordinato la restituzione degli atti al Tribunale di Milano, affinché il Giudice delle indagini preliminari competente possa esaminare e decidere sull’opposizione presentata dal Pubblico Ministero, seguendo il corretto iter legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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