Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4613 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4613 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nata a TERMOLI DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/06/2023 del GIP del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette la requisitoria e le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata;
lette le memorie depositate dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse della ricorrente, che hanno illustrato ulteriormente i motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia emetteva decreto penale di condanna, depositato in data 27 dicembre 2022, nei confronti di NOME COGNOME, in relazione al reato di furto continuato e aggravato dall’aver commesso i fatti con abuso della relazione di ufficio.
Il decreto veniva notificato a mezzo posta elettronica certificata in data 21 febbraio 2023 al difensore, che il successivo 8 marzo 2023 proponeva opposizione, chiedendo procedersi nelle forme del giudizio immediato.
Il G.i.p., con ordinanza depositata il 25 luglio 2023, dichiarava inammissibile l’opposizione ed esecutivo il decreto penale di condanna, in quanto il difensore non aveva allegato un mandato specifico conferitogli dall’imputata, dopo l’emissione del decreto penale di condanna, né l’elezione di domicilio dell’imputata, dovendo trovare applicazione, a suo avviso, la disciplina degli artt. 581, commi 3-ter e 3quater, cod. proc. pen. introdotta dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs n. 150 del 2022.
Secondo il G.i.p., infatti, l’opposizione a decreto penale deve intendersi quale impugnazione, alla stregua della equiparazione che sarebbe stata operata dalla giurisprudenza, convalidata poi dal legislatore della riforma che innova l’art. 461 cod. proc. pen. con il richiamo dell’art. 582 cod. proc. pen., così come modificato quanto alla presentazione dell’impugnazione: il G.i.p. aggiunge che il rinvio deve ritenersi esteso, seppur implicitamente, anche ai requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 581 cod. proc. pen., non rispettati nel caso in esame.
L’ordinanza impugnata per disattendere la tesi che definisce «restrittiva», ne richiama compiutamente gli argomenti che escluderebbero l’applicabilità dell’art. 581 cod. proc. pen. anche all’opposizione a decreto penale: il dato letterale del rinvio, limitato al solo art. 582 e non anche all’art. 581; la tassatività dei casi d inammissibilità definiti dall’art. 461, comma 4; l’impossibilità di applicare l’art. 581, comma 1-quater, che presuppone l’assenza dell’imputato, non verificabile nella fase preliminare l’emissione del decreto, emesso inaudita altera parte; la circostanza che le disposizioni richiedono testualmente che l’impugnazione riguardi una sentenza, quale non è il decreto penale di condanna.
Fa propria il G.i.p., invece, la tesi opposta, che ritiene maggiormente coerente con l’intervento innovativo operato dalla riforma cd. Cartabia, così rilevando come l’art. 581 cod. proc. pen. sia interamente applicabile anche all’opposizione a decreto penale di condanna, enumerando le argomentazioni dell’orientamento che sostiene: quanto all’assenza di un rinvio letterale all’art. 581 cod. proc. pen., se da ciò derivasse che tale norma non fosse applicabile, sarebbe possibile presentare un atto di opposizione non sottoscritto, senza incorrere in inammissibilità, essendo la sottoscrizione richiesta dall’art. 581 e non dall’art. 582 cod. proc. pen.; la tassatività dei casi di inammissibilità, definiti per l’opposizione a decreto penale, condurrebbe a escludere la necessità dei motivi specifici dell’opposizione e dell’elezione di domicilio, ma non anche del mandato specifico a proporre opposizione, che risulta integrare la legittimazione all’opposizione posta quale condizione di ammissibilità dall’art. 461, comma 4 cod. proc. pen.; il riferimento all’assenza dell’imputato, operato dall’art. 581, comma 1-quater, deve intendersi riferito non alla dichiarazione di assenza ex art. 420-bis cod. proc. pen. ma ad ogni procedimento che si sia svolto in assenza dell’imputato, quale è quello che conduce
all’emissione del decreto penale di condanna; il riferimento testuale alla sentenza, quale atto impugnato, che si legge nell’art. 581, comma 1-quater, deve essere inteso come riferimento a qualunque provvedimento decisorio, quindi anche al decreto penale di condanna. Se così non fosse, rileva il G.i.p., si richiederebbe un mandato specifico a impugnare la sentenza, che mai può condurre a determinazioni in peius per l’imputato, sulla scorta della sola impugnazione, e non anche nel caso del decreto penale di condanna, ove il giudizio di opposizione vedrebbe venir meno la riduzione per il rito e l’applicazione anche di pene non pecuniarie. In sostanza, la necessità di una maggiore ponderazione, che giustifica un mandato specifico, dovrebbe a maggior ragione esistere nel caso dell’opposizione a decreto penale.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolato in unico motivo, enunciato a seguire nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo deduce violazione degli artt. 461, commi 1 e 4, cod. proc. pen. e 87, comma 4, d.lgs. 150 del 2022.
Lamenta il ricorrente che l’art. 87, comma 4, rende non applicabile la nuova disciplina fino al quindicesimo giorno seguente la pubblicazione dei regolamenti in tema di deposito telematico, cosicché deve trovare applicazione la disciplina previgente in relazione agli artt. 461, comma 1, 462, comma 2 e 582, comma 1 cod. proc. pen.
Inoltre, così contestando in radice l’applicabilità della disciplina dell’art. 581, comma 1quater, risulterebbe illegittima, secondo la ricorrente, l’equiparazione fra l’assenza dichiarata ai sensi dell’art. 420-bis cod. proc. pen. e il procedimento monitorio inaudita altera parte, dovendo l’assenza essere conseguente al decreto di giudizio immediato.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni con le quali ha chiesto annullarsi senza rinvio l’ordinanza impugnata, rappresentando come la previsione transitoria dell’art. 87 cit. escluda l’applicazione della nuova disciplina, che rinvia all’art. 582 cod. proc. pen., rappresentando per un verso la specifica tassatività delle cause di inammissibilità previste dall’art. 461 cod. proc. pen., correlate alla assenza di contraddittorio previo, come pure richiamando la possibilità della nomina fiduciaria successiva al decreto penale: tale normativa evidenzia la peculiarità del regime
dell’opposizione, come anche la necessità di escludere la necessità di un mandato specifico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va premesso che l’interpretazione offerta dal provvedimento impugnato è nel senso che sussisterebbe un rinvio implicito all’art. 581, in aggiunta a quello esplicito all’art. 582 operato dall’art. 461, comma 1, cod. proc. pen., in una sorta di estensione analogica del regime delle impugnazioni, fondato sulla sostanziale equiparazione fra impugnazione e opposizione a decreto penale di condanna.
2.1. A ben vedere il senso dell’esplicito rinvio all’art. 582 cod. proc. pen. riguarda, appunto, le forme di presentazione dell’impugnazione in modalità telematica e, infatti, prevede quanto segue: «1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l’atto di impugnazione è presentato mediante deposito con le modalità previste dall’articolo 111-bis nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. 1-bis. Le parti private possono presentare l’atto con le modalità di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. In tal caso, il pubblico ufficiale addetto vi appone l’indicazione del giorno in cui riceve l’atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione».
L’art. 111-bis prevede, a sua volta, le modalità per il deposito telematico, disciplinate per «atti, documenti, richieste, memorie»
Ne consegue, pertanto, come correttamente rilevato dalla ricorrente e anche dalla Procura AVV_NOTAIO, la non operatività nel caso in esame del rinvio all’art. 582 cod. proc. pen., non essendo ancora in vigore alla data dell’opposizione l’obbligo del deposito telematico e conseguentemente, volendo seguire l’impostazione dell’ordinanza impugnata, la vigenza di tutta la disciplina correlata, risultando non operativo neanche il rinvio implicito all’art. 581 cod. proc. pen.
Infatti, la previsione transitoria contenuta nell’art. 87, comma 4, del d.Lgs. n. 150 del 2022 posticipa l’entrata in vigore del deposito telematico al sedicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti ministeriali di cui ai commi 1 e 3 dello stesso art. 87, ovvero sino al diverso termine di transizione previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e per le tipologie di atti in esso indicati. Pertanto, fino al quindicesimo giorno successivo all’entrata in vigore dei regolamenti, deve trovare applicazione la disciplina pregressa prevista dagli artt. 461, comma 1, 462, comma 1, 582, comma 1, cod. proc. pen.
L’art. 87, comma 5, del medesimo d.lgs. n. 150/2022 dispone anche il differimento dell’entrata in vigore dell’art. 582, comma 1-bis, cod. proc. pen. che consentiva alle parti private di presentare l’atto di impugnazione in via alternativa o con le modalità telematiche di cui al comma 1 oppure personalmente, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Anche la vigenza di tale disciplina veniva differita al sedicesimo giorno successivo all’entrata in vigore dei regolamenti ministeriali o al diverso termine ivi previsto.
2.2 Il deposito telematico è stato previsto come obbligatorio solo a partire dal 14 gennaio 2024, in relazione ad alcuni atti relativi alle indagini preliminari, a seguito dell’adozione del decreto ministeriale 29 dicembre 2023, n. 217.
Ne consegue che alla data dell’opposizione, depositata in data 8 marzo 2023, non era ancora entrata in vigore la disciplina del deposito telematico – ai sensi dell’art. 87, comma 4, cit. – e con essa la nuova formulazione dell’art. 461 che rinvia all’art. 582 cod. proc. pen.
Non di meno, deve osservarsi come il ricorso contesti anche, in assoluto, la possibilità di estensione della disciplina prevista per le impugnazioni in AVV_NOTAIO dall’art. 591 cod. proc. pen., come riformato dal d.lgs n. 150 del 2022, all’opposizione a decreto penale di condanna.
3.1 Questa Corte non condivide l’impostazione del provvedimento impugnato, che fonda l’applicazione diretta dell’art. 591, commi 1-ter e 1-quater) anche all’opposizione al decreto penale di condanna, in forza della equiparazione tout court ad un atto di impugnazione.
Non vi è dubbio che sussiste un condivisibile orientamento giurisprudenziale che ha esteso all’opposizione alcune disposizioni proprie dell’impugnazione.
Infatti, ora si è ritenuto, per la presentazione dell’opposizione, adottabili tutte le forme previste dagli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., tra cui la presentazione per mezzo di incaricato e, quindi, anche per il tramite del servizio postale, con la conseguenza che in tal caso il riferimento temporale, per valutare la tempestività dell’opposizione, è dato dalla data di invio e non da quella di ricezione dell’atto (Sez. 3, n. 35431 del 20/05/2021, Dessena, Rv. 282385 – 01; Sez. 4, n. 9603 del 18/02/2016, Rv. 266302; Sez. 5, n. 35361 del 06/07/2 010, Rv. 248876).
Ora si è estesa la disciplina della rinuncia, affermando che l’opposizione a decreto penale ha natura di impugnazione e, pertanto, la rinuncia deve manifestarsi con atto redatto nelle forme e nei termini di cui all’art. 589 cod. pen. e non tramite altri atti, né tanto meno possono ritenersi equipollenti comportamenti come il pagamento della pena pecuniaria, alla quale l’opponente sia stato condannato (Sez. 3, n. 15369 del 29/01/2013, Morlini, Rv. 255250 – 01;
mass. conf. N. 26278 del 2004 Rv. 228914 – 01, N. 20276 del 2010 Rv. 247213 01, N. 41557 del 2010 Rv. 248453 – 01).
Ma che non si tratti di una equiparazione tout court fra i due mezzi è dimostrato sempre dallo stesso orientamento antecedente la riforma del 2022, che ha individuato alcune peculiarità nell’opposizione.
E così, si è affermato che, in tema di decreto penale, l’art. 461, comma 1, cod. proc. pen., che prevede la legittimazione del difensore “eventualmente nominato” a proporre l’opposizione al decreto penale, deve essere interpretato nel senso che la legittimazione compete anche al difensore nominato d’ufficio (Sez. 4, n. 7693 del 06/12/2017, dep. 16/02/2018, COGNOME, Rv. 272530 – 01; mass. conf. N. 4716 del 2000 Rv. 219414 – 01, N. 8463 del 2005 Rv. 230885 – 01, N. 1799 del 2007 Rv. 238644 – 01, N. 18352 del 2007 Rv. 236629 – 01, N. 46164 del 2008 Rv. 241757 – 01, N. 15166 del 2009 Rv. 242839 – 01, N. 48272 del 2015 Rv. 265849 – 01; mass. diff. N. 42682 del 2003 Rv. 227307 – 01). In sostanza, osservava in modo condivisibile Sez. 4, COGNOME, a tale conclusione conducono – tuttora,aggiunge questo Collegio iessendo gli artt, 461 e 460 rimasti immutati sul punto – plurimi elementi di interpretazione letterale e logico-sistematica, quali la genericità dell’art. 461, comma 1, cod.proc.pen., che attribuisce la legittimazione a proporre opposizione all’imputato “personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato”, da leggersi unitamente all’art.460, comma 3, cod.proc.pen. che prevede che la notifica di copia del decreto debba avvenire “al condannato, al difensore d’ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato”. In sostanza la ratio è quella di consentire la più ampia possibilità di opposizione.
Ulteriore riprova della estensione della disciplina dell’impugnazione quando favorisce l’opponente, la si rinviene nell’orientamento che per verificare la tempestività dell’opposizione rispetto alle notifiche all’imputato e al difensore del decreto penale, applica il terzo comma dell’art. 585 cod.proc.pen. che statuisce la decorrenza del termine dall’ultima fra le due notifiche (Sez. 5, n. 10621 del 10/12/2002, dep. 07/03/2003, COGNOME, Rv. 224701 – 01).
A ben vedere, l’esame complessivo della giurisprudenza fin qui richiamata conduce a ritenere che l’integrazione della disciplina speciale dell’opposizione con quella AVV_NOTAIO delle impugnazioni è consentita per garantire il favor impugnationis, o meglio oppositionis, cioè per consentire allo stesso opponente di raggiungere il risultato di attivare la fase del contraddittorio, fino al momento del decreto penale del tutto omessa.
3.2 D’altro canto, le stesse norme proprie dell’opposizione sono state interpretate dalle Sezioni Unite sempre con la ratio di favorirla, affermando che l’atto di opposizione a decreto penale di condanna non è a forma vincolata e,
quindi, l’indicazione in esso di tutti gli elementi previsti dall’art. 461 cod. proc pen. (estremi del decreto impugnato, data, giudice che lo ha emesso) non è richiesta a pena di inammissibilità, perché i detti elementi non sono requisiti formali ineliminabili dell’atto, ma hanno carattere indicativo ed equipollente: devono consentire, globalmente o alternativamente, l’individuazione certa del provvedimento opposto. Pertanto, l’opposizione è ammissibile, purché non vi siano dubbi sul provvedimento opposto, anche se manchi taluno degli elementi indicati nell’art. 461 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 3 del 06/03/1992, COGNOME, Rv. 189404 – 01).
E, sempre guardando alla giurisprudenza formatasi prima della riforma del 2022, l’ordinanza impugnata trascura del tutto di confrontarsi con il consolidato orientamento che non richiede la procura speciale per proporre l’opposizione.
Difatti, nel caso di opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di riti speciali, la mancanza di procura speciale per il rito richiesto determina l’inammissibilità della richiesta relativa a tale rito, ma non comporta l’inammissibilità dell’intera opposizione a decreto penale (Sez. 4, n. 58015 del 24/11/2017, Fabbro, Rv. 271737 – 01; in applicazione di tale principio la Corte ha annullato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato inammissibile l’opposizione a decreto penale di condanna con contestuale richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, in un caso in cui la procura speciale non indicava, tra i riti alternativi per i quali difensore era abilitato a proporre l’opposizione, quello disciplinato dall’art. 464-bis cod. proc. pen.; mass. conf.: N. 39017 del 2007 Rv. 238180 – 01, N. 41100 del 2012 Rv. 253623 – 01, N. 43818 del 2015 Rv. 264964 – 01).
Tale orientamento risulta anche a seguito della riforma da condividersi, in assenza di modifiche proprie della disciplina dell’opposizione.
3.3 D’altro canto, non possono trascurarsi gli elementi strutturalmente distintivi fra gli istituti in comparazione. Elemento distintivo rispetto al impugnazioni in sé è anche l’ammissibilità dell’opposizione pur in assenza di motivi di censura: difatti, indicati nell’atto di opposizione gli elementi identificativi d decreto penale di condanna, a differenza di quanto è esplicitamente richiesto a pena di inammissibilità (art. 591 cod. proc. pen.) dall’art. 581 cod. proc. pen. per gli altri mezzi di impugnazione, non è invece richiesta l’enunciazione dei motivi, né quella dei capi o punti impugnati della decisione o quella delle richieste specifiche. Ne deriva che fra i requisiti di ammissibilità dell’opposizione il codice di rito vigente – a differenza di quanto disponeva il codice previgente con l’art. 509 non comprende più l’indicazione dei motivi (Sez. 3, n. 4220 del 10/12/1996, dep. 01/02/1997, Deiana, Rv. 206800 – 01: la S.C. ha osservato che il codice vigente ammette l’opposizione anche priva di motivi specifici, giacché il giudizio che ne
consegue si estende a tutto l’oggetto investito dal decreto penale disposto e non è delimitato dai motivi eventualmente indicati).
Tale differenza strutturale deriva dalla natura del decreto penale di condanna e del procedimento per la sua formazione: a differenza della sentenza impugnata, il decreto viene eliso, viene rimosso in conseguenza della mera tempestiva opposizione, e dunque risulta provvedimento inesistente, come tale non impugnabile, cosicché non occorrono i motivi propri dell’impugnazione. A differenza della impugnazione in senso proprio, che richiede un provvedimento motivato che possa essere confermato, annullato o riformato, ciò non è per il decreto penale di condanna, che se correttamente opposto non è suscettibile di tali statuizioni.
Difatti, osserva la Corte costituzionale, la natura del decreto è quella di una «decisione “preliminare”, destinata ad essere posta nel nulla nel caso di opposizione» ed a svolgere, in tal caso, la mera funzione di informazione dei motivi dell’accusa (v. ordinanza n. 8 del 2003) » anche in ragione della «specificità propria del procedimento monitorio, configurato quale rito a contraddittorio eventuale e differito, che, una volta instaurato con l’opposizione, assicura nel dibattimento l’integrale attuazione delle garanzie dell’imputato» e che trova conferma di tale tratto caratteristico nella «costante qualificazione, da parte della giurisprudenza di legittimità, dell’atto di opposizione quale rimedio impugnatorio, destinato ad impedire che il decreto penale di condanna divenga irrevocabile (art. 648, comma 3, cod. proc. pen.)» (Corte cost., ordinanza n. 323 del 2007).
In sostanza, l’opposizione è rimedio impugnatorio ma speciale, perché funzionale solo alla rimozione del decreto penale e alla attivazione del contraddittorio, fino al momento della dichiarazione di opposizione precluso: da qui la ratio ispiratrice che estende la disciplina delle impugnazioni, in aggiunta a quella propria, solo in quanto favorevole al condannato.
D’altro canto, nella direzione distintiva, che riconosce la peculiarità della opposizione a decreto penale rispetto all’impugnazione, vanno sia la collocazione della relativa disciplina nell’ambito degli artt. 459 e ss. e non in quella 568 e ss. in tema di impugnazioni, sia anche alcuni riferimenti normativi che distinguono fra impugnazione e opposizione.
La peculiarità dell’opposizione rispetto all’impugnazione e le distinzioni fra gli istituti vengono anche a cogliersi nel dettato art. 163-ter disp. att. cod. proc. pen. che regolava la presentazione dell’atto di impugnazione presso la sezione distaccata, prevedendo che «1. Nei casi previsti dall’articolo 461 comma 1 e dall’articolo 582 comma 2 del codice, le dichiarazioni e le impugnazioni possono essere presentate anche nella cancelleria della sezione distaccata del tribunale»,
richiamando con l’espressione ‘dichiarazione’ l’opposizione, e affiancandola ma non confondendola con i rimedi propriamente impugnatori. E anche l’art. 87-bis d.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, quanto alla disciplina transitoria che di fatto ha prorogato quella emergenziale per il deposito telematico degli atti (Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze), al comma 6 prevede che le disposizioni dei ai commi 3, 4 e 5 si applicano «a tutti gli atti di impugnazione comunque denominati e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354».
Proprio la clausola di salvezza «in quanto compatibili», riferita alla disciplina prevista per le impugnazioni da applicarsi anche all’opposizione a decreto penale, offre la chiave di lettura della relazione fra le due diverse discipline.
5. E’ stato di recente osservato in modo del tutto condivisibile – da Sez. 4, n. 1516 del 21/11/2023, ric. COGNOME NOME, n. m., che ha escluso l’applicazione dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater come lo strumento dell’opposizione al decreto penale di condanna, sia volto a riaffermare il principio del contraddittorio nella formazione della prova (derogabile solo con il consenso dell’imputato) e funzionale all’introduzione del bilanciamento rispetto alla precedente fase di emissione del provvedimento senza preventiva instaurazione del contraddittorio.
Si è rilevato come l’art. 89, comma 3, d.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che regola la disciplina transitoria anche per le disposizioni ritenute applicabili dal G.i.p. all’opposizione a decreto penale, ha così disposto al terzo comma: «Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto.».
È evidente, secondo Sez. 4 COGNOME NOME, che l’applicazione dei commi Iter e 1-quater consegua alla ‘pronuncia’ di una sentenza e non al deposito di un decreto penale. Infatti, è stato osservato che la circostanza che la sentenza sia stata ‘pronunciata’ implica che sia stata data lettura del dispositivo (cfr. art. 533, comma 1, cod. proc. pen.); il che ha una sua ratio nella necessità di individuare un termine immediatamente certo, che consenta da subito, all’entrata in vigore della disciplina, di verificare a quali processi non debbano essere applicate le nuove norme in tema di assenza, da individuarsi in tutte quelle fino a quel momento già
‘pronunciate’ (Sez. 5, n. 37789 del 03/07/2023, NOME, Rv. 285148 01).
Non a caso correttamente Sez. 4 COGNOME NOME ha osservato che l’opposizione a decreto penale di condanna non è assimilabile tout court alle impugnazioni in senso tecnico, escludendo per l’inequivoca formulazione dell’art. 581, comma 1-quater, cod.proc.pen. l’applicabilità alla opposizione a decreto penale di condanna, in quanto la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è limitata dalla norma alla sola ipotesi dell’imputato rispetto al quale si sia proceduto in assenza, il che implica comunque che l’imputato poteva presenziare: ciò ovviamente non può accadere per la fase monitoria.
Come anche, aggiunge questo Collegio, la dichiarazione o elezione di domicilio richiesta dal comma 1-ter è funzionale alla notifica del decreto di citazione a giudizio e non del decreto penale di condanna.
Deve pertanto ritenersi che il legislatore della riforma del 2022 non è incorso in una dimenticanza, come sembra rilevare l’ordinanza impugnata, in quanto invece l’omissione del rinvio dell’art. 461 all’art. 581 cod. proc. pen. è coerente con il sistema, con le differenze fra i due istituti, con l’evoluzione giurisprudenziale nel senso del favor oppositionis.
D’altro canto, un richiamo implicito all’art. 581 cod. proc. pen., quale quello sostenuto dal provvedimento impugnato, si sostanzia in una applicazione analogica in peius delle cause di inammissibilità, al quale invece va applicato il principio di tassatività, con la conseguenza che detta causa di invalidità può essere ritenuta solo quando la espressa previsione o comunque la inequivoca formulazione della norma lo consentono (Sez. 2, n. 4354 del 17/10/1994, Miceli, Rv. 199705 – 01; sulla tassatività delle cause di inammissibilità dell’impugnazione previste dall’art. 24, comma 6-sexies, lett. a, del dl. n. 137 del 2020, conv. con modif. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, Sez. 6, n. 40540 del 28/10/2021, COGNOME, Rv. 282306 – 01; in relazione all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., Sez. 1, n. 24433 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263970; in tema di esclusione delle cause di inammissibilità non tassativamente previste dall’art. 591 cod. proc. pen., Sez. 2, n. 8413 del 23/3/1998, COGNOME, Rv. 211188; in tema di un atto di impugnazione redatto in lingua italiana, proposto nell’interesse dell’imputato avverso una sentenza pronunciata all’esito del giudizio svoltosi, ai sensi del D.P.R. 15 luglio 1988 n.574, in lingua tedesca, Sez. 1, n. 5887 del 5/5/1997, Gruber, Rv. 207929).
Per altro, le nuove disposizioni stabiliscono peculiari adempimenti, un «sacrificio» per l’imputato rispetto alla celebrazione della fase processuale del
giudizio di impugnazione, mentre il giudizio che consegue alla opposizione è un giudizio di primo grado.
Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305, argomentando in ordine all’applicabilità dell’art. 581, comma 1-quater anche al ricorso per cassazione, ha evidenziato come «nel sistema del diritto processuale penale italiano, il legislatore ha delineato un modello di esercizio del diritto di difesa (e, conseguentemente, anche del diritto alla impugnazione) differenziato in relazione alle varie fasi e tipologie di processo» (Sez. U, n. 8914/2017 – dep. 2018, Aiello, Rv. 272011 – 01, che richiama Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, COGNOME, n.m. sul punto, e Sez. 2, n. 40715 del 16/07/2013, Stara, Rv. 257072); difatti, «l’effettività del diritto di difesa non richiede necessariamente che le medesime modalità di esercizio e le correlative facoltà siano uniformemente assicurate in ogni grado del giudizio, poiché tale diritto può conformarsi secondo schemi normativi diversi a seconda delle caratteristiche proprie della fase di giudizio nella quale deve essere esercitato. Ne discende che al legislatore va riconosciuta ampia discrezionalità nel graduare diversamente le forme e le modalità mediante le quali la difesa tecnica e personale viene garantita all’imputato» (Sez. U, n. 8914/2017 – dep. 2018, cit.)».
In sostanza, è assolutamente ragionevole che gli adempimenti richiesti per il giudizio di impugnazione proprio, che incide sulla scadenza dei termini di improcedibilità ex art. 344-bis cod. proc. pen., siano differenti da quelli richiesti per dare inizio al giudizio di primo grado, con l’istaurazione per la prima volta del contraddittorio, lì dove non trova applicazione la disciplina della improcedibilità.
E, oltre ad essere razionale, è anche costituzionalmente coerente garantire l’esercizio immediato – e senza adempimenti aggiuntivi – del diritto di difesa con l’opposizione, in assenza della istaurazione del precedente giudizio di primo grado.
Non appaia fuori luogo il richiamo – ispirato dalla unitaria funzione del contraddittorio quale requisito del giusto processo, perché funzionale alla decisione e alla sua motivazione, come sancito dall’art. 111, commi 1, 2 e 7, Cost.- alla dinamica processuale civile del procedimento monitorio, dove pure l’opposizione funge da «leva» per dare inizio al giudizio in contraddittorio, ma non costituisce una impugnazione: difatti, è stato autorevolmente affermato che l’opposizione prevista dall’art. 645 cod. proc. civ. non è una “actio nullitatis” o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore anche se eventuale – del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo (Sez. U. civ., n. 927 del 13/01/2022, Rv. 663586 – 02).
Tornando al penale, va anche richiamata Sez. 5, N., cit. che ha in modo condivisibile ritenuto ragionevole, attraverso i commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581, lo «scopo perseguito dal Legislatore, ossia la proposizione di impugnazioni consapevoli da parte dell’imputato senza che dai più stringenti requisiti posti dalla stessa norma a pena di inammissibilità derivi un pregiudizio per lo stesso imputato».
Analogo scopo, però, non sussiste per l’opposizione a decreto penale, anche perché il rischio di una mancata conoscenza da parte del condannato del decreto – e quindi della necessità di opporvisi – è escluso dall’art. 460, comma 4, cod. proc. pen., che impone la revoca del decreto di condanna in caso di irreperibilità dell’imputato come anche, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 504 del 18 novembre 2000, nel caso in cui non sia possibile la notifica al domicilio dichiarato. Difatti, la Corte delle leggi ha chiarito che «se la ratio che sorregge la specifica disciplina di cui all’art. 460, comma 4, cod. proc. pen., è quella di ancorare il regime della notificazione alla conoscenza effettiva del decreto penale, in modo che il destinatario dell’atto sia posto in condizione di esercitare concretamente la scelta tra opposizione e acquiescenza; se, in attuazione di questa ratio, il legislatore ha ritenuto che l’opzione tra acquiescenza e opposizione, a causa delle rilevanti conseguenze che ne derivano, non può essere demandata esclusivamente al difensore, e ha quindi stabilito l’incompatibilità tra il decreto penale di condanna e la irreperibilità dell’imputato, non vi è ragione per cui la revoca del decreto penale non debba essere prevista anche nel caso in cui, essendo inidonea o insufficiente la dichiarazione di domicilio, la notificazione dovrebbe essere eseguita mediante consegna al difensore a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. Anche in tale ipotesi, infatti, l’impossibilità di eseguire la notificazione al domicilio dichiarato dall’imputato comporta l’alta probabilità che questi non abbia conoscenza effettiva del decreto e che l’eventuale proposizione dell’opposizione sia rimessa esclusivamente alla valutazione e alla iniziativa del difensore». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In sostanza, la necessità di una conoscenza effettiva del decreto da parte del condannato, difettando la quale la stessa condanna viene revocata, palesa in tutta la sua evidenza l’assenza della necessità della procura speciale e dell’elezione di domicilio: il decreto di condanna resta in vita solo se conosciuto effettivamente dal condannato, così da consentirgli l’opposizione.
La disparità tra tali situazioni palesa ancor più come gli oneri processuali di diligenza, richiesti all’impugnante, a riprova della consapevolezza del giudizio e della volontà di impugnare, oltre che per consentire una celere notifica della citazione (mandato a impugnare e elezione di domicilio), non siano necessari per l’opponente, che non vedrebbe mai iniziato il giudizio di primo grado se non
quando ha ricevuto ritualmente la notifica del decreto di condanna ai sensi dell’attuale art. 157-ter cod. proc. pen., pena la revoca del decreto di condanna; né tantomeno correrebbero i termini di improcedibilità non previsti per il primo grado.
La superfluità di tali oneri rende gli stessi inidonei a raggiungere uno scopo «legittimo», condizione che anche recentemente la Corte Edu ha ribadito nel valutare la violazione del diritto di accesso alla giustizia in relazione alle cause di inammissibilità.
Corte Edu, Sezione 5, ud. 02/05/2023, COGNOME contro Francia ha riaffermato, infatti, che il diritto di accesso a un tribunale, garantito dall’articolo 6§1 della Convenzione, deve essere «concreto ed effettivo» e non «teorico e illusorio» (COGNOME c. Francia, 4 dicembre 1995, § 36, serie A n. 333 B). Al §22 ha chiarito che «Il diritto a un tribunale, di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto (COGNOME c. Regno Unito, 21 febbraio 1975, § 36, serie A n. 18), non è assoluto, e si presta a restrizioni implicite, in particolare per quanto riguarda le condizioni di ammissibilità di un ricorso. Tuttavia, queste ultime non possono limitare l’accesso a un tribunale in modo tale o a tal punto che il diritto risulti leso nella sua stessa sostanza. Esse devono perseguire uno scopo legittimo e deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito (Guérin c. Francia, 29 luglio 1998, § 37, Recueil des arréts et décisions 1998, V)».
La delibazione richiesta per verificare la legittimità delle condizioni di inammissibilità deve svilupparsi anche intorno ai seguenti criteri, sintetizzati dalla Corte Edu nella causa Zubac c. Croazia (, n. 40160/12, §§ 78-86, 5 aprile 2018: la prevedibilità della restrizione, la questione di stabilire chi debba sostenere le conseguenze negative degli errori commessi nel corso del procedimento (Zubac, sopra citata, §§ 90-95), la questione se le restrizioni in esame evidenzino un «formalismo eccessivo» (Zubac, sopra citata, §§ 96-99, Walchli c. Francia, n. 35787/03, §§ 29 36, 26 luglio 2007, e NOME e COGNOME c. Belgio, nn. 74209/16 e altri 3, § 80, 21 settembre 2021).
Nel caso ora all’esame di questo Collegio, non vi è dubbio che l’adempimento richiesto dalle norme richiamate dal G.i.p. non sia prevedibile per l’opponente, in quanto non contemplato esplicitamente, appunto tassativamente, quale causa di inammissibilità. Le conseguenze dell’inammissibilità risultano ricadere sul condannato, che verrebbe a trovarsi gravato da un decreto di condanna irrevocabile pur avendo dimostrato, con l’opposizione (ritenuta inammissibile), di voler attivare la fase del contraddittorio propria del primo grado di giudizio; infine, per le espresse ragioni, l’onere di depositare il mandato a impugnare e l’elezione o la dichiarazione di domicilio, con l’atto di opposizione, risulta un requisito del tutto sproporzionato e non richiesto dallo scopo che è quello, alla luce del delineato
favor oppositionis, di consentire al condannato di esercitare pienamente il diritto di difesa nel primo grado di giudizio.
Pertanto in relazione all’atto di opposizione a decreto penale di condanna non trova applicazione la disciplina dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. in quanto l’art. 461, comma 1, richiama esclusivamente le modalità di presentazione dell’atto di impugnazione, previste dall’art. 582, e non anche la forma dell’impugnazione e i requisiti di ammissibilità previsti dall’art. 581, cosicché, all’estensione della disciplina delle impugnazioni osta sia il principio di tassatività delle cause di inammissibilità, sia anche l’equiparazione tout court dell’opposizione all’atto di impugnazione, che va invece operata in quanto compatibile con il principio del favor oppositionis.
Ne consegue l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata e la trasmissione al Tribunale di Reggio Emilia degli atti per la valutazione dell’opposizione a decreto penale presentata dall’attuale ricorrente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Reggio Emilia per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, 9/01/2024
Il Consigliere estensore