Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20641 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20641 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Chikhladze COGNOME (cui 044kr8m) nato in GEORGIA il 06/11/1977
avverso l’ordinanza del 23/01/2025 della Corte d’appello di Firenze Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il provvedimento oggi al vaglio della Corte è stato emesso il 23 gennaio 2025 dalla Corte di appello di Firenze, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di restituzione nel termine per impugnare la sentenza del Tribunale di Prato che aveva condannato NOME COGNOME per più fatti di cui agli artt. 110, 624bis e 625, n. 2), cod. pen., richiesta depositata il 22 marzo 2024.
La Corte territoriale, precisando che si trattava di sentenza contumaciale, pronunziata il 28 aprile 2014, quindi nella vigenza della disciplina ante l. 28 aprile 2014 n. 67, ha ritenuto la richiesta tardiva. A questo proposito, ha evidenziato che l’istante si era sottratto all’onere di allegazione circa la tempestività dell’istanza, dal momento che non aveva fornito alcuna indicazione
circa la data in cui aveva saputo della sentenza di Prato. All’uopo COGNOME aveva prodotto, infatti, solo una richiesta di notifica della Procura Generale di Firenze alla Casa circondariale di Campobasso ove era detenuto datata 23 febbraio 2024 di un provvedimento di cumulo che lo riguardava emesso il 25 settembre 2018 dalla Procura Generale suddetta; tale provvedimento di cumulo era stato poi prodotto solo dal Procuratore generale in allegato al parere contrario circa l’accoglimento dell’istanza e la Corte distrettuale aveva verificato che esso non conteneva alcun riferimento alla sentenza cui l’istanza di rimessione in termini si riferiva, ma solo l’annotazione di un precedente provvedimento di cumulo, emesso dal Procuratore della Repubblica di Prato il primo agosto 2015. A quest’ultimo riguardo aggiunge la Corte distrettuale il ricorrente non aveva documentato quando avesse avuto conoscenza di detto precedente provvedimento di cumulo che, comunque, era solo menzionato in quello del 25 settembre 2018 della Procura Generale di Firenze, senza l’indicazione che esso ricomprendesse anche la sentenza di Prato.
Come ulteriore ratio decidendi , la Corte distrettuale ha sostenuto l’infondatezza dell’istanza, riferendosi a un decreto di latitanza e ad un verbale di vane ricerche relativi al procedimento conclusosi con la sentenza del Tribunale di Prato.
Avverso detta ordinanza il condannato ha presentato ricorso a mezzo del proprio difensore di fiducia, che ha affidato le proprie censure ad un unico motivo, che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione.
In particolare, il ricorrente sostiene che il cumulo emesso dalla Procura della Repubblica di Prato il primo agosto 2015 e menzionato al punto 1 dell’ulteriore cumulo emesso dalla Procura Generale di Firenze di cui scrive l’ordinanza impugnata era agli atti e ricomprendeva la sentenza del Tribunale di Prato alla quale si riferisce la richiesta di restituzione nel termine. Solo a seguito della notifica di quest’ultimo cumulo, l’istante si era attivato tramite il difensore ed aveva appreso quali fossero le sentenze di cui al provvedimento di cumulo della Procura Generale di Firenze. Non esiste agli atti si legge altresì nel ricorso la prova di quando il provvedimento di cumulo del primo agosto 2015 fosse stato notificato al condannato. Ne consegue sostiene il ricorrente che il dies a quo del termine per presentare istanza ex art. 175 cod. proc. pen. andava individuato nel 23 febbraio 2024, data in cui si era avuta contezza del secondo cumulo. Quanto alla seconda delle rationes decidendi, il ricorrente assume di non avere mai avuto conoscenza non solo della sentenza di Prato, ma neanche del provvedimento cautelare emesso a suo carico in quel procedimento; inoltre le ricerche funzionali alla latitanza andavano ripetute in ogni grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito precisate.
L’illustrazione delle ragioni della decisione odierna impone due premesse, l’una più generale concernente i poteri del Giudice di legittimità nel vaglio dell’odierna regiudicanda, l’altra più specifica quanto ai criteri di valutazione dell’istanza ex art. 175 cod. proc. pen. da cui ha origine il presente procedimento.
1.1. Quanto al primo aspetto, il Collegio precisa che il giudizio sull’ammissibilità dell’istanza di restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen. è scrutinio di ordine processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatti, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME ed altri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251497 – 01, in motivazione; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304).
1.2. Venendo al secondo aspetto di interesse per inquadrare il vaglio da svolgere, si premette che l’istanza sub iudice è stata avanzata ai sensi dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nella versione introdotta dal d.1. 21 febbraio 2005 n. 17 convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 2005, n. 60, poi modificato dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, ancora applicabile ai casi individuati dall’art. 1 legge 11 agosto 2014, n. 118, ossia quelli in cui la dichiarazione di contumacia sia avvenuta prima del 18 maggio 2014. Ciò posto, il Collegio ha ragionato partendo dalla premessa teorica che è quella richiamata anche dalla Corte di appello di Firenze nel caso di specie secondo cui, in capo alla parte che richiede la restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen., grava non già
l’onere di dimostrare la tempestività dell’istanza, ma sono quello di ‘allegazione’ della data di avvenuta conoscenza del provvedimento cui la mozione si riferisce, mentre spetta al giudice accertare l’eventuale diverso momento in cui è intervenuta detta conoscenza. In questa direzione si è mossa l’esegesi più recente e preferibile di questa Corte (Sez. 6, n. 18084 del 21/03/2018, COGNOME, Rv. 272922 – 01; Sez. 6, n. 14254 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269794 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 7965 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266330 – 01; Sez. 4, n. 4106 del 07/01/2014, COGNOME, Rv. 258440 -01), che ha superato l’orientamento più rigido registratosi in passato, che pretendeva che la parte istante assolvesse ad un vero e proprio onere della prova della non tardività della richiesta (Sez. 4, n. 39103 del 08/07/2016, COGNOME, Rv. 267607 – 01; Sez. 5, n. 18979 del 28/01/2014, C., Rv. 263166 – 01). Il primo fronte esegetico è in linea con quello sviluppatosi quanto al vaglio circa la tempestività della richiesta di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna (tra tutte, cfr. Sez. 4, n. 33458 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273427 01) e fonda su considerazioni che vanno in questa sede ribadite, anche facendo tesoro delle indicazioni che provengono dalla produzione successiva delle Sezioni Unite di questa Corte. Il riferimento è, tra tutte, a Sez. U, n. 28912 del 28/02/2019, COGNOME, Rv. 275716 – 01, richiamata anche da Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279420 – 01, che, pur non occupandosi specificamente del tema della tempestività della richiesta di cui all’art. 175 cod. proc. pen., offrono un quadro della ratio della modifica di questa disposizione che si deve alla novella del 2005, nella direzione, convenzionalmente pretesa, del « diritto incondizionato alla restituzione nel termine per impugnare la sentenza resa in contumacia » , della « possibilità di negarlo solo in caso di prova positiva della conoscenza “effettiva” del procedimento o del provvedimento » e, quindi, di una « presunzione relativa a favore del contumace che prevale comunque sul mero dato formale della regolarità della notifica » .
Una tale ricostruzione della voluntas legis come operata dalle Sezioni Unite conforta le conclusioni cui è giunta la giurisprudenza incline al favor rispetto all’ammissibilità dell’istanza ex art. 175 codice di rito, già sopra citata. Ne è testimonianza il fatto che, già prima delle Sezioni Unite, Sez. 1, COGNOME aveva ricollegato al tema della tempestività la « sorta di presunzione iuris tantum di non conoscenza della pendenza del procedimento da parte dell’imputato e quindi di fondatezza della domanda di riammissione alla impugnazione della sentenza contumaciale . Facendone discendere in forza dell’ineludibile confronto con la giurisprudenza convenzionale che aveva ispirato l’intervento legislativo del 2005 e che avrebbe altresì orientato le Sezioni Unite che sia « onere del giudice di
individuare l’eventuale momento – diverso da quello allegato dalla parte – a far data dal quale, in base agli atti, possa dirsi decorso il termine per la richiesta » .
Ciò posto, la difficoltà esegetica ulteriore è quella di attribuire un preciso significato al concetto di ‘onere di allegazione’ di cui scrivono le sentenze rispetto allo specifico subprocedimento ex art. 175 cod. proc. pen. attivato dall’istante. Se indubbiamente esso si distingue dall’onere della prova nella misura in cui non impone che la parte che ne è gravata dimostri per tabulas il momento esatto in cui ha avuto conoscenza della sentenza cui si riferisce la richiesta, tale onere non può neanche essere costituito da una mera indicazione, cui attribuire fede assoluta, perché ciò renderebbe il richiedente arbitro assoluto del vaglio circa la tempestività della propria istanza e priverebbe il Giudice di qualsiasi possibilità di verifica del dato indicato. Ebbene, è opinione del Collegio, anche facendo tesoro dell’elaborazione del diritto processuale civile sul punto e ricercando un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte quella dei diritti partecipativi dell’imputato al processo e quella della certezza e della stabilità delle decisioni giudiziarie , che l’onere in parola possa dirsi assolto nella misura in cui l’istante fornisca quantomeno un principio di dimostrazione cui ancorare il vaglio di tempestività dell’organo adito; detto altrimenti, deve trattarsi di un’allegazione che abbia almeno una valenza orientativa al fine di fornire al Giudice un punto di partenza per addivenire alla conferma ovvero alla eventuale smentita dell’affidabilità del dato cui l’allegazione si riferisce (in termini, in tema di rescissione del giudicato, Sez. 5, n. 7428 del 18/12/2024, dep. 2025, Frej, Rv. 287645 – 01).
Muovendosi nell’ambito della cornice teorica appena delineata, il Collegio ritiene che la richiesta ex art. 175 cod. proc. pen. di COGNOME sia stata correttamente dichiarata inammissibile per tardività dalla Corte di appello.
2.1. Innanzitutto, la verifica degli atti processuali.
Da essa è emerso quanto segue.
-L’istanza ex art. 175 cod. proc. pen. non indulgeva particolarmente sull’indicazione del momento in cui la parte era venuta a conoscenza della sentenza del Tribunale di Prato, limitandosi ad annotare che « al NOME COGNOME veniva notificato, in data 23.02.2024 provvedimento di cumulo emesso dalla Procura generale di Firenze. In quella data il mio assistito veniva a conoscenza che era stata emessa dal Tribunale Monocratico di Prato sentenza » .
-All’istanza era allegato, per quanto di interesse, il solo frontespizio della missiva con cui la Procura generale presso la Corte di appello di Firenze
aveva incaricato personale della Casa circondariale di Campobasso di notificare a Chikladze il provvedimento di cumulo del 25 settembre 2018.
-Tale provvedimento, tuttavia, non era accluso alla richiesta.
-Esso veniva introdotto nel procedimento solo grazie all’iniziativa del Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze che, in allegato al parere contrario all’ammissibilità della richiesta ex art. 175 cod. proc. pen., produceva il provvedimento di cumulo di cui sopra.
-Detto provvedimento però non recava l’indicazione della sentenza del Tribunale di Prato, ma solo quella di un diverso provvedimento cumulo, emesso dalla Procura della Repubblica di Prato il primo agosto 2016, al quale era cumulata un’ulteriore condanna riportata da COGNOME
-E’ stato, infine, solo grazie all’iniziativa officiosa assunta dalla Corte di appello di Firenze all’udienza del 12 settembre 2024 che il cumulo del Tribunale di Prato è stato acquisito e si è accertato che tale cumulo riguardava anche la sentenza del Tribunale cui si riferisce la richiesta ex art. 175 cod. proc. pen.
2.2. Tanto premesso, si ritiene che la valutazione che oggi il Collegio deve svolgere riguardi l’istanza di restituzione nel termine così come articolata e documentata da COGNOME all’atto della sua presentazione, al netto dell’illustrazione delle attività difensive che si deve al ricorso per cassazione e delle acquisizioni documentali successive alla formulazione dell’istanza, acquisizioni peraltro nel caso di specie dovute all’iniziativa della parte pubblica e della Corte territoriale e non già del condannato. Se, al contrario, si ragionasse su quanto acquisito successivamente e sui chiarimenti forniti nel ricorso, si rischierebbe di valutare errata a posteriori una decisione circa l’inammissibilità dell’istanza all’epoca correttamente assunta sulla base del suo tenore e del mancato assolvimento dell’onere di allegazione imposto a colui che formuli una richiesta ex art. 175 cod. proc. pen.
Quanto a quest’ultimo, effettivamente l’odierno ricorrente aveva allegato all’istanza un atto la missiva per la notifica del provvedimento di cumulo dalla Procura generale alla casa Circondariale che non aveva alcuna valenza, neanche come principio di dimostrazione che quello fosse il momento dal quale si era avuta contezza della sentenza del Tribunale di Prato. E ciò per la semplice ragione anche a voler superare il dato dell’omessa allegazione anche del provvedimento di cumulo notificato a seguito di quella missiva che in quel provvedimento non vi era l’indicazione della sentenza del Tribunale di Prato.
Né rileva a smentire la correttezza del provvedimento impugnato la ricostruzione che si legge solo nel ricorso per cassazione circa l’attività difensiva che sarebbe seguita alla notifica del cumulo della Procura Generale fino
a giungere, a ritroso, attraverso l’acquisizione del cumulo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Prato ivi menzionato, a conoscere dell’esistenza della sentenza di quest’ultimo organo. Si tratta di un dato, quello del tortuoso iter che sarebbe stato innescato dalla notifica del cumulo della Procura Generale, che è frutto di mera rappresentazione da parte dell’odierno ricorrente e, soprattutto, che la parte sottopone oggi alla Corte e che non aveva invece rappresentato nell’istanza, sottraendosi, anche sotto questo profilo, all’onere di allegazione e alla conseguente possibilità della Corte distrettuale di verificare la consistenza dell’allegazione.
Il ricorso va, dunque, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 09/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME