Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9926 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9926 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Mazara del Vallo il 02/06/1962 avverso la sentenza emessa il 16/04/2024 dalla Corte d’Appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16/04/2024, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Marsala, in data 27/10/2022, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al delitto di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019.
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’affermazione della penale responsabilità. Si censura la sentenza per avere la Corte ritenuto il ricorrente responsabile della mancata comunicazione del proprio sopravvenuto
stato detentivo nonostante l’insussistenza di uno specifico obbligo in tal senso. Sotto altro profilo, si evidenzia la difficoltà di comprensione del modulo che il ricorrente aveva dovuto sottoscrivere.
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla mancata sostituzione della pena detentiva. Si censura la motivazione imperniata sulla non sostituibilità con la pena pecuniaria, circostanza che non escludeva altre possibilità di sostituzione.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo la sentenza adeguatamente motivata sotto tutti i profili denunciati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Secondo un indirizzo interpretativo che si condivide e qui si intende ribadire, «integra il delitto di cui all’art. 7, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conve con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, l’omessa comunicazione di informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o riduzione del beneficio del c.d. reddito di cittadinanza, anche se relative agli ulteriori requisiti inseriti in sed conversione, ove la condotta si protragga oltre la scadenza del periodo di sei mesi previsto dall’art. 13, comma 1-bis, del medesimo decreto, nel quale è stabilita l’erogazione del beneficio anche in assenza di tale adempimento integrativo» (Sez. 3, n. 33431 del 04/03/2021, COGNOME, Rv. 281814 – 02, relativa ad una fattispecie di omessa comunicazione della condanna definitiva del coniuge convivente della beneficiaria per uno dei delitti richiamati dagli artt. 2, comma 1, lett. c)-bis e 7, comma 3, d.l. citato, a seguito delle modifiche introdotte dell legge n. 26 del 2019).
In tale prospettiva ermeneutica, nessun dubbio può porsi sulla rilevanza penale della omessa comunicazione, da parte del BONAFEDE, della propria sottoposizione a misura cautelare in un arco temporale che – nel testo della disposizione risultante dalla conversione in legge – risultava rilevante ai fini dell revoca.
Sempre con riferimento alla rilevanza penale dell’omissione che qui rileva, ma con specifico riguardo all’elemento soggettivo del reato, è opportuno altresì richiamare l’insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza, l’ignoranza l’errore circa la sussistenza del diritto a percepirne l’erogazione, in difetto d requisiti a tal fine richiesti dall’art. 2 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, si risolve in un errore su legge penale, che non esclude la sussistenza del dolo ex art. 5 cod. pen., in quanto l’anzidetta disposizione integra il precetto penale di cui all’art. 7 del citato d (Sez. 2, n. 23265 del 07/05/2024, COGNOME Rv. 286413 – 01, la quale ha
precisato, in motivazione, che non ricorre neanche un caso di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, non presentando la normativa in tema di concessione del reddito di cittadinanza connotati di cripticità tali da far ritener l’oscurità del precetto).
Del tutto generica, e comunque manifestamente infondata, appare la residua censura.
Il ricorrente non si confronta con il fulcro della motivazione, imperniato su una prognosi sfavorevole ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 133 cod. pen., richiamat dalle disposizioni in tema di sanzioni sostitutive.
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08 gennaio 2025
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