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Omissione di lavori: se l’ordine non c’è, il reato cade

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per omissione di lavori in un edificio pericolante. La ricorrente era stata condannata nonostante l’ordinanza comunale non le imponesse di eseguire lavori, ma solo di sgomberare i suoi locali adiacenti a quelli pericolanti. La Corte ha stabilito che mancava il presupposto del reato, non essendo lei la proprietaria dell’edificio che minacciava rovina.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omissione di Lavori Pericolanti: Non si Risponde del Reato se l’Ordine è per il Vicino

La responsabilità penale per omissione di lavori su un edificio che minaccia rovina sorge solo in capo al proprietario dell’immobile effettivamente pericolante e destinatario di un ordine di messa in sicurezza. Non può essere condannato il proprietario dell’unità immobiliare confinante, anche se destinatario di un ordine di sgombero a scopo precauzionale. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 47629 del 2024, annullando senza rinvio la condanna di una proprietaria.

I Fatti del Caso

Una proprietaria di un immobile veniva condannata dal Tribunale, insieme ad altri comproprietari di un fabbricato adiacente, per il reato previsto dall’art. 677 del codice penale. L’accusa era quella di non aver provveduto ai lavori necessari per rimuovere il pericolo derivante da un edificio che minacciava rovina. La condanna si basava sul presunto inadempimento a un’ordinanza del commissario prefettizio che imponeva la messa in sicurezza dell’area.

La proprietaria, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di motivazione. In particolare, evidenziava due punti cruciali:
1. Il suo immobile non era mai stato dichiarato in stato di fatiscenza. A provarlo era la stessa ordinanza comunale, la quale non le ordinava di eseguire alcun lavoro, a differenza degli altri imputati.
2. L’affermazione di responsabilità penale era in palese contrasto con le prove emerse, tra cui la testimonianza di un responsabile comunale che aveva confermato la non pericolosità del suo immobile.

La Decisione della Cassazione sulla Omissione di Lavori

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, procedendo all’annullamento della sentenza senza rinvio “per non aver l’imputata commesso il fatto”. Gli Ermellini hanno rilevato un errore fondamentale nell’interpretazione dei fatti da parte del giudice di merito: un cosiddetto “travisamento del fatto”.

Il Tribunale aveva basato la condanna sulla circostanza che tutti gli imputati, inclusa la ricorrente, non avessero ottemperato all’ordinanza di messa in sicurezza. Tuttavia, un’attenta lettura del provvedimento amministrativo ha rivelato una realtà ben diversa.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha analizzato nel dettaglio il contenuto dell’ordinanza comunale. Da tale analisi è emerso chiaramente che l’ordine di “eseguire ad horas la transennatura del fabbricato e opere atte ad eliminare il pericolo” era rivolto esclusivamente ai proprietari dell’edificio che effettivamente minacciava rovina.

Alla ricorrente, invece, l’ordinanza imponeva un’azione completamente diversa: “sgomberare e di non utilizzare il vano al piano terra … e sovrastante vano di I piano”. Questo ordine non era finalizzato a farle eseguire dei lavori, ma a proteggere la sua incolumità, dato che la sua proprietà era confinante con quella pericolante.

La Suprema Corte ha quindi concluso che la ricorrente non era affatto destinataria della diffida a eseguire le opere di messa in sicurezza. Di conseguenza, mancava il presupposto fattuale essenziale per integrare il reato di cui all’art. 677 c.p., ovvero la qualifica di “proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina” e il conseguente obbligo di intervenire.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati omissivi: la responsabilità penale sorge solo se esiste un preciso obbligo giuridico di agire in capo a un soggetto. Nel caso di omissione di lavori su edifici pericolanti, l’obbligo ricade unicamente sul proprietario dell’immobile che costituisce la fonte del pericolo. Non si può estendere tale responsabilità al vicino, anche se coinvolto da provvedimenti cautelari come un ordine di sgombero. La decisione della Cassazione sottolinea l’importanza di un’accurata analisi del contenuto degli atti amministrativi per determinare correttamente i destinatari degli obblighi e, di conseguenza, le eventuali responsabilità penali.

Perché la proprietaria è stata assolta dal reato di omissione di lavori?
La proprietaria è stata assolta perché l’ordinanza comunale non le imponeva di eseguire lavori di messa in sicurezza, ma solo di sgomberare il suo immobile a scopo precauzionale. L’obbligo di intervenire era rivolto esclusivamente ai proprietari dell’edificio confinante, che era quello effettivamente pericolante.

Cosa significa ‘annullamento senza rinvio per non aver commesso il fatto’?
Significa che la Corte di Cassazione ha cancellato la condanna in via definitiva, senza bisogno di un nuovo processo, perché ha accertato in modo inequivocabile che l’imputata non ha materialmente compiuto l’azione o l’omissione che costituisce il reato contestato.

Qual è la differenza tra l’ordine di messa in sicurezza e l’ordine di sgombero in questo caso?
L’ordine di messa in sicurezza era un comando rivolto ai proprietari dell’edificio pericolante affinché eseguissero i lavori necessari per eliminare il pericolo. L’ordine di sgombero, invece, era una misura di protezione rivolta alla ricorrente per tutelare la sua incolumità, dato che il suo immobile era adiacente a quello pericolante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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