Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 45803 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 45803 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/09/2024
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SENTENZA
sul ricorso proposto da
IL
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Olbia il 15/05/1963
avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari Sez. Dist. Sassari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
In data 23/11/2023 la Corte d’appello di Cagliari, sez. dist. Sassari, ha confermato la condanna di NOME Silvio alla pena di mesi due di reclusione e di C 200 di multa, decisa in data 18/01/2023 Tribunale di Cagliari in ordine al reato di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983 n. 638, perché, in qualità di rappresentante legale della ditta RAGIONE_SOCIALE, ometteva il versamento all’INPS delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, nel periodo tra dicembre 2015 e dicembre 2016, per un importo complessivo di C 18.040,00.
2.Avverso il provvedimento COGNOME NOME COGNOME tramite difensore, propone ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
3.Nel primo lamenta il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 2, comma 1-bis, d.l. n. 463/1983 conv. in legge n. 638/1983 per aver la Corte d’appello confermato la condanna inflitta in primo grado in assenza dell’elemento soggettivo del reato. Sul punto si evidenzia che il COGNOME nella sua qualità di legale rappresentante della ditta “RAGIONE_SOCIALE“, aveva dato ampiamente prova di versare, ai tempi della commissione del reato contestato, in una situazione di grave crisi economica che gli aveva impedito di onorare il debito tributario; che aveva fatto tutto ciò che rientrava nelle proprie facoltà per creare le condizioni favorevoli per provvedere alla prosecuzione dell’attività facendo fronte ai pagamenti necessari a tal fine.
Rappresenta, inoltre, a sostegno della dedotta mancanza dell’elemento soggettivo, che aveva chiesto ed ottenuto una rateizzazione di tutto il carico tributario ascrivibile alla società e che, non appena ottenuto liquidità, egli aveva versato una tranche del più articolato piano rateale ricomprendente anche i debiti connessi al versamento dei contributi assistenziali.
4.Nel secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla mancata applicazione dell’art. 45 cod. pen.
Erroneamente la Corte avrebbe confermato la condanna, non considerando le circostanze da lui addotte al fine di sostenere la ricorrenza della causa di giustificazione di cui all’art. 45 cod. pen., integrata dallo stato di crisi nazionale che ha investito il settore della vendita degli autoveicoli.
5.Nel terzo motivo si contesta il vizio di violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della causa di giustificazione di cui all’art. 131-bis cod. pen. In particolare, si dissente dalla Corte in ordine all’entità dei contributi previdenziali evasi, posto che il pagamento della tranche di euro 79.000 relativa al piano rateale sarebbe riferibile anche ai contributi previdenziali del 2016.
6.Nel quarto ed ultimo motivo di ricorso si lamenta il vizio di violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen. atteso l’avvenuto pagamento della cifra già indicata imputabile al debito con l’Inps.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile.
Questa Corte ha più volte ribadito che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori, siccome è a dolo generico, è integrato al solo ricorrere della consapevole scelta dì omettere i versamenti dovuti.
Si è, conseguentemente, reputata non rilevante la circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti urgenti (Sez. 3, n. 3705 del 19/12/2013, PG in proc Casella, Rv. 258056 – 01; Sez. 3, n. 13100 del 19/01/2011, COGNOME, Rv. 249917 – 01).
Si è in particolare specificato che il reato è configurabile anche nel caso in cui si accerti l’esistenza del successivo stato di insolvenza dell’imprenditore, in quanto è onere di quest’ultimo ripartire le risorse esistenti al momento di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori dipendenti in modo da poter adempiere all’obbligo del versamento delle ritenute, anche se ciò possa riflettersi sull’integrale pagamento delle retribuzioni medesime (Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, Tafuro, Rv. 237827; Sez. 3, n. 33945 del 05/07/2001, COGNOME, Rv. 219989).
Invero la legge affida al datore di lavoro, in quanto debitore delle retribuzioni nei confronti dei prestatori di lavoro dipendenti, il compito di detrarre dalle stesse l’importo delle ritenute assistenziali e previdenziali da quelli dovute e di corrisponderlo all’Erario quale sostituto del soggetto obbligato. In questo senso il sostituto adempie contemporaneamente a un obbligo proprio e a un obbligo altrui: di qui la conseguenza di ritenerlo vincolato al pagamento delle ritenute allo stesso titolo per cui è vincolato al pagamento delle retribuzioni. La conclusione che se ne trae è che lo stato di insolvenza non libera il sostituto, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute all’Inps, così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono, del resto, parte.
In ipotesi sovrapponibili a quelle di specie, si è, perciò, ritenuto che, quando l’imprenditore, in presenza di una situazione economica difficile, decida di dare la preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti e di pretermettere il versamento delle ritenute, non può addurre a propria discolpa l’assenza dell’elemento psicologico del reato, ricorrendo in ogni caso il dolo generico (cfr. Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, COGNOME, Rv. 271189 – 01, Sez. 3, n. 38269 del 25/09/2007, COGNOME, Rv. 237827 – 01; tra le tante, con riferimento all’omesso versamento di ritenute d’acconto, Sez. 3, n. 7099 del 05/05/1994, COGNOME, Rv. 198155; Sez. 3, n. 3512 del 17/01/1994, COGNOME, Rv. 196977; Sez. 3, n. 11032 del 21/10/1993, COGNOME, Rv. 195938; Sez. 3, n. 11608 del 11/11/1993, COGNOME, Rv. 195904; Sez. 3, n. 10579 del 06/10/1993, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 195872; Sez. 3, n. 2605 del 19/01/1991, COGNOME, Rv. 186488; Sez. 3, n. 942/91 del 26/11/1990, Bergamo, Rv. 186257).
Questa Corte ha escluso il dolo solo in considerazione del modesto importo delle somme non versate o della discontinuità ed episodicità delle inadempienze (cfr. Cass. sez. 3 n.3663 del 8/1/2014, Rv.259097).
La Corte d’Appello, pertanto, ha fornito con la sentenza impugnata una adeguata e corretta applicazione di tali principi dando atto che pacificamente l’imputato non aveva provveduto a versare nei termini prescritti le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti.
3.11 secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto generico, atteso che il ricorrente evoca l’applicabilità dell’art. 45 cod. pen. in ragione di una non meglio precisata crisi del mercato automobilistico, omettendo di specificare a quale crisi si riferisse e all’impatto di tale crisi sulla posizione economica del ricorrente.
In ogni caso va osservato che la condotta ha riguardato l’omesso versamento di somme che costituiscono parte integrante della retribuzione lorda o del compenso dovuto al sostituito e, in quanto retribuzione/compenso, voce di costo per l’impresa deducibile, come spesa o componente negativo di reddito, ai sensi degli artt. 95 e 109, d.P.R. n.917 del ,; si tratta di somme che sono nella piena disponibilità del sostituto di imposta.
Di fronte, dunque, alla contestualità e della indefettibilità del sorgere dell’obbligazione di versamento con il fatto stesso del pagamento della retribuzione, manca ogni presupposto per invocare la circostanza scriminante dello stato di necessità posto che la punibilità della condotta, deve essere individuata proprio nel mancato accantonamento delle somme dovute all’Istituto (in nome e per conto del quale tali somme sono state trattenute), di guisa che non può ipotizzarsi l’impossibilità di versamento per fatti sopravvenuti, come appunto una pretesa situazione di illiquidità della società rappresentata (cfr., sia pure con riferimento all’omesso versamento di ritenute da parte del sostituto d’imposta, Sez. 3, n. 11459 del 19/09/1995, Rossi, Rv. 203018).
La Corte d’appello con motivazione immune dalle censure mosse ha affermato che le allegazioni difensive non affrontano l’argomento relativo all’impossibilità di attingere al proprio patrimonio personale, il COGNOME non ha dimostrato di avere fatto tutto il possibile per assolvere al debito erariale. È risultato che invece, a fronte della grave carenza di liquidità verificatasi, egli abbia optato per la destinazione delle poche risorse finanziarie rimaste al pagamento delle retribuzioni e dei fornitori invece che al pagamento dei debiti erariali.
4. Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello ha infatti giustificato, con motivazione lineare, coerente e rispettosa della norma di riferimento e dei principi enunciati da Questa Corte, la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità prevista
dall’articolo 131-bis cod. pen. dando rilievo, così come fatto dal giudice di prime cure, al lungo lasso temporale in cui si è protratto l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali pari ad una annualità, correttamente rapportando la valutazione in ordine all’applicazione della causa di esclusione della punibilità non all’ammontare degli importi omessi ma alla durata del reato. Se dunque si è escluso il presupposto della non abitualità del comportamento, alla luce del numero delle mensilità nelle quali la condotta omissiva si è esplicata e della reiterazione della condotta tipica, posto che nel caso di specie le omissioni contributive hanno riguardato dodici mensilità sistematicamente reiterate per un lasso temporale di un anno.
5. Il quarto motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha correttamente applicato i principi più volte affermati da Questa Corte secondo i quali in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, il semplice versamento dei contributi omessi effettuato prima del giudizio non rende configurabile l’attenuante del risarcimento del danno, non soltanto perché non dimostra la spontaneità del versamento, ben potendo lo stesso essere effettuato a seguito di messa in mora del debitore da parte dell’istituto, ma anche perché l’integralità del versamento non coincide con l’ammontare dei contributi, dovendosi computare gli interessi e le spese eventualmente sostenute dall’istituto per il recupero del credito (in motivazione la Corte ha ulteriormente affermato che è onere dell’imputato fornire elementi idonei a dimostrare la spontaneità, l’effettività e l’integralità del risarcimento).
c-+. · t:, . n 5 C/C ” R., 4rth-. igeefj.X GLYPH ( A 4….k.e-LA tue, ‘,1 GLYPH c t GLYPH r 6.Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese processuali ed al pagamento di euro tremila in o( · . GLYPH d n A j^etti, /t , favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 11/09/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente