Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20835 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20835 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Oderzo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/03/2023 della Corte di appello di Trieste; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con sentenza del 16 marzo 2023, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone, emessa in data 2 marzo 2022 – con la quale l’imputato era stato condannato, per il delitto previsto dall’art. 3 della legge n. 689 del 1981 perché, nella qualifica di amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, al fine di non versare i contributi previsti, ometteva la presentazione delle denunce obbligatorie, in tal modo omettendo il versamento dei contributi mensili, per un ammontare pari a C 5.404,98 per gennaio 2016 e C 3.774,51 per
dicembre 2016 – ha concesso all’imputato la sospensione condizionale della pena e confermato, nel resto, il provvedimento impugnato.
Avverso la sentenza l’imputato, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. In primo luogo, si lamenta la violazione dell’art. 37 della legge n. 689 del 1981, sul rilievo che la Corte di appello avrebbe erroneamente introdotto una soglia di punibilità – pari al doppio di C 2.582,28 – non prevista dalla legge ritenendo altresì fallacemente che il reato contestato sussista ogni qualvolta all’omessa presentazione delle dichiarazioni Uni-RAGIONE_SOCIALE si accompagni il mancato versamento dei contributi, per un importo superiore ad C 5.164,56.
2.2. Con un secondo motivo di doglianza, si denunciano vizi di motivazione, per avere la Corte d’appello contraddittoriamente indicato, per il medesimo fatto di reato, dapprima, la soglia di punibilità di C 5.164,56 e, successivamente, quella pari ad C 2.582,28, omettendo, peraltro, di considerare l’inesistenza di una soglia di punibilità fissa, dovendosi raggiungere, all’opposto, il maggiore importo tra una prima soglia fissa di C 2.582,28 ed una seconda soglia – necessariamente variabile – pari alla metà dei contributi complessivamente dovuti, in ragione di ciascun mese, per tutti i lavoratori impiegati.
2.3. Con una terza censura, ci si duole della illogicità della motivazione, relativamente all’importo dei contributi complessivamente dovuti. Il giudice di secondo grado, infatti, avrebbe riconosciuto un inesistente automatismo tra la mancata presentazione delle denunce RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE e la totale omissione del versamento dei contributi dovuti – di talché l’entità dei contributi non versat avrebbe identificato anche il massimo dei contributi – dimenticando che, per conoscere l’importo da versare, sarebbero sufficienti le buste paga dei dipendenti, le quali, nel caso di specie, risulterebbero presenti ed incontestate.
2.4. Con un quarto motivo di ricorso, si censurano il travisamento della prova e il connesso difetto di motivazione, con riferimento al presunto raggiungimento della soglia di punibilità per l’evasione del 50% dei contributi complessivamente dovuti. La difesa sostiene, infatti, che, non avendo l’RAGIONE_SOCIALE condotto alcun accertamento sull’ammontare dei contributi versati – cosa che risulterebbe dalla deposizione dell’ispettore RAGIONE_SOCIALE chiamato a testimoniare – la Corte di appello, nel ritenere che l’evasione sia stata totale, avrebbe travisato le risultanze istruttorie non potendosi calcolare l’ammontare dei contributi evasi – corrispondente alla differenza tra gli importi dovuti e quelli versati – senza prima aver accertato l’importo complessivo di questi ultimi.
2.5. Si lamenta, poi, la carenza di motivazione, in relazione alla sussistenza del dolo specifico, perché la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare
le circostanze di fatto, valorizzate nei motivi di gravame, che contrasterebbero con la tesi della sussistenza dell’elemento psicologico e, in particolare: a) la circostanza che la compilazione e la presentazione delle dichiarazioni Uni-RAGIONE_SOCIALE fossero state delegate dall’imputato al commercialista della RAGIONE_SOCIALE, come confermato anche dalla deposizione di una delle dipendenti della società; b) le espresse rassicurazioni che la teste avrebbe ricevuto dal commercialista in ordine alla avvenuta esecuzione delle comunicazioni obbligatorie; c) la verifica, condotta dalla teste medesima – che, in qualità di dirigente, si occupava personalmente dell’amministrazione – circa la regolare esecuzione delle dichiarazioni IVA, traendone la certezza che tutte le altre dichiarazioni obbligatorie fosse state parimenti effettuate. Oltre a ciò, osserva la difesa che l’imputato: non solo avrebbe pagato personalmente, con denaro proprio o proveniente dal conto di un’altra società, parte degli stipendi dei suoi dipendenti, azzerando il proprio compenso di amministratore ed immettendo risorse personali per mantenere gli impegni già presi con i fornitori, per una spesa di circa € 150.000,00; ma avrebbe anche acquistato, nell’ottobre 2016, l’intero capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, rilevandolo proprio dalla teste chiamata a deporre; ciò che, a parere del ricorrente, contribuirebbe a delineare un quadro indiziario complessivamente deponente, in maniera univoca, nel senso dell’intenzione dell’imputato di salvare la società, restituendole piena operatività e rimettendola nelle condizioni di ottemperare a tutte le proprie obbligazioni, anche previdenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al quinto motivo, e infondato nel re
1.1. Le prime tre doglianze, che possono essere trattate congiuntamente perché afferenti alla individuazione della diversa soglia di punibilità di C 5.164,56, nonché alla sussistenza del reato contestato ogni qualvolta che all’omessa presentazione delle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE si accompagni il mancato versamento dei contributi, sono infondate.
1.1.1. In punto di diritto, deve infatti rilevarsi che il chiaro disposto di all’art. 37, primo comma, della legge n. 689 del 1981 conferisce rilevanza penale alle condotte omissive e commissive considerate allorquando dal fatto derivi l’omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie per un importo mensile non inferiore al maggiore importo fra C 2.582,28 mensili e il cinquanta per cento dei contributi complessivamente dovuti. Ne consegue che la Corte d’appello di Trieste, con motivazione giuridicamente coerente, ha correttamente applicato la soglia di punibilità pari al doppio di quella normativamente prevista e propriamente ritenuto sussistente il
reato addebitato, sulla base della omessa presentazione delle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE. Infatti, il maggior parametro, individuato dal giudice di merito, sta a significare che, se i contributi mensilmente dovuti non superano l’importo di C 5.164,56 (il doppio della somma indicata dalla norma) – vale a dire nel caso di imprese con pochi dipendenti – quand’anche l’omissione contributiva riguardi una significativa percentuale del dovuto e sia superiore al cinquanta per cento di questo, occorrerà comunque che l’importo superi la soglia ritenuta minima pari C 2.582,28; e ciò all’evidente intento di non considerare penalmente rilevanti le situazioni di irregolarità (o falsità) concernenti uno o pochissimi dipendenti nell’ambito di imprese che occupino un esiguo numero di lavoratori. Se così non fosse, in tali ridotte realtà d’impresa, il superamento della soglia del cinquanta per cento rispetto ai contributi dovuti potrebbe essere raggiunto anche nel caso di omissioni di modestissimo importo. Se, invece, l’impresa raggiunge un minimo di consistenza di personale, di talché l’importo mensile dei contributi dovuti sia superiore al doppio dell’indicata soglia minima, le omissioni sono penalmente rilevanti soltanto se superano almeno della metà i contributi mensilmente dovuti: più quest’ultimo importo è elevato e maggiore dev’essere il quantum dell’omissione per integrare gli estremi di reato (Sez. 3, n. 44508 del 02/07/2019). Inoltre, l’omessa presentazione delle denunce RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE priva l’I.N.P.S. della possibilità di conoscere la posizione debitoria del datore di lavoro privato rispetto ai rapporti che siano in essere; di talché tale omissione deve ritenersi postulare l’integrazione del reato di cui all’art. 37 della legge n. 689 del 1981.
1.1.2. Nel caso di specie, dalle risultanze istruttorie emerge che il numero dei dipendenti dell’impresa RAGIONE_SOCIALE fosse, dapprima, di quattro e poi di due, a partire dal 15 febbraio 2016, con la conseguenza che – come adeguatamente specificato dal provvedimento impugnato, a pag. 4 – i contributi complessivamente omessi dall’odierno ricorrente per le mensilità di gennaio e dicembre 2016 non potevano superare il limite di C 5.164,56. Perciò, conformemente ai principi prima enunciati, la Corte di appello di Trieste ha correttamente individuato la soglia di punibilità nella somma di C 2.582,28, che, visti i mancati versamenti di C 5.404,98 per il mese di gennaio e C 3.774,51 per il mese di febbraio, risulta superata per entrambe le mensilità.
1.2. Il quarto motivo di ricorso – con il quale ci si duole del travisamento della prova e del connesso difetto di motivazione, con riferimento al presunto raggiungimento della soglia di punibilità per l’evasione del 50% dei contributi complessivamente dovuti – è, parimenti, infondato. In tema di motivi di ricorso per cassazione, infatti, è principio consolidato quello per il quale il travisamento della prova è configurabile quando si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una
prova decisiva ai fini della pronuncia (ex plurimis, Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, Rv. 276567; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Rv. 257499), ed è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la maggiore forza dimostrativa del dato distorto o pretermesso (ex plurimis, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 6, 5146 del 16/01/2014, Rv. 258774).
Ebbene, nel caso di specie, il giudice d’appello ha correttamente evidenziato la sussistenza, nei periodi di riferimento, di una totale omissione in ordine al versamento dei contributi dovuti, per un importo superiore alla soglia di C 2.582,28, derivante dall’omessa presentazione delle denunce mensili obbligatorie ai fini previdenziali: ciò che risulta corroborato, non solo dalla deposizione dell’ispettore RAGIONE_SOCIALE COGNOME, allorché questi ha confermato la mancata presentazione, da parte del ricorrente, delle denunce dei lavoratori in carico e dei contributi da versare, ma anche dalla circostanza che né dagli atti del processo né dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente risulta mai, in alcun modo, che i contributi siano stati versati. Né, infine, può riconoscersi alcun rilievo, ai f dell’individuazione dei contributi dovuti, alle buste paga, le quali, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, non hanno alcun valore probatorio laddove esistano, come nel caso di specie, elementi contrari, univoci nel dimostrare il contestato mancato pagamento dei contributi, da parte del ricorrente, ai propri lavoratori dipendenti (Sez. 3, n. 26064 del 14/02/2007, Rv. 237203).
1.3. Deve, invece, ritenersi fondato il quinto motivo di doglianza, riferito alla carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo.
Si ricorda che, secondo il testo dell’art. 37 della legge n. 689 del 1981, « il datore di lavoro che, al fine di non versare in tutto o in parte contributi e prem previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie, omette una o più registrazioni o denunce obbligatorie, ovvero esegue una o più denunce obbligatorie in tutto o, in, parte, non conformi al vero, è punito con la reclusione fino a due anni quando dal fatto deriva l’omesso versamento di contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie ».
Dunque, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 37 della legge n. 689 del 1981, è necessaria la rappresentazione e volizione della omessa registrazione o denuncia obbligatoria, nonché il dolo specifico di evasione, giacché il datore di lavoro deve perseguire il fine di non versare in tutto o in parte i contributi previdenziali o assistenziali, non essendo sufficiente, sotto questo ultimo profilo, il dolo generico (Sez. 3, n. 48526 del 18/11/2004, Rv. 230487).
Ebbene, nel caso di specie, la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza, in capo all’imputato, della finalità specifica di non provvedere ai pagamenti dei contributi all’RAGIONE_SOCIALE, ma ha omesso di confrontarsi con le doglianze difensive afferenti alle dichiarazioni della teste COGNOME circa l’insussistenza del dolo generico in ordine alla consapevolezza e volizione, da parte dell’imputato, delle omesse denunce contributive. Invero, la Corte di appello ha adeguatamente motivato la ritenuta sussistenza del dolo specifico di evasione, desumendola dalla totale omissione delle denunce per un lungo periodo di tempo – decorrente da dicembre 2016 e febbraio 2017 – nonché dalla circostanza che il blocco del magazzino della RAGIONE_SOCIALE, intervenuto per opera di una società creditrice della stessa – lungi dal costituire caso fortuito o forza maggiore, come tali giustificativi de mancato versamento delle somme previdenziali, visto che il presupposto del reato di omessa denuncia di dati obbligatori a fini previdenziali da parte del datore di lavoro, previsto dall’art. 37 della legge n. 689 del 1981, è rappresentato dalla costituzione del rapporto di lavoro da cui deriva l’obbligo contributivo e non dall’effettiva corresponsione della retribuzione (Sez. 3, n. 5042 del 14/01/2021, Rv. 280693) – rappresenta piuttosto l’ulteriore dimostrazione della scelta consapevole e volontaria del ricorrente di non presentare le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE al fine di non versare i contributi ai lavoratori per far fronte ai diversi debit maturati nei confronti dei fornitori o di titolari di crediti non rinviabili. La sent ha mancato, però, di confrontarsi con le censure, avanzate dalla difesa, sul rilievo assunto dalle espresse rassicurazioni, ricevute dalla teste COGNOME da parte del commercialista della società, in ordine al fatto che le comunicazioni obbligatorie – e, tra queste, anche le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE – fossero state già eseguite direttamente dal medesimo studio. Ed infatti, pur volendo ritenere accertata l’eventuale specifica finalità evasiva della condotta, prima di concludere nel senso dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, in ordine alla violazione dell’art. 37 della legge n. 689 del 1981, occorreva dare conto della accertata sussistenza della consapevolezza e volizione dell’omessa presentazione, / da parte del ricorrente, delle denunce contributive. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Deve peraltro prendersi atto che, nelle more del giudizio, è maturata la prescrizione del reato contestato, limitatamente alla mensilità di gennaio 2016. Ed invero, secondo la disciplina vigente ratione temporis, il delitto di cui all’art. 37 della legge n. 689 del 1981, in presenza di atti interruttivi, si prescrive nel termine complessivo ordinario di sette anni e sei mesi, previsto dagli artt. 157, primo comma, e 161, secondo comma, cod. pen., cui, nel caso di specie, deve aggiungersi il periodo di sospensione di 64 giorni, per rinvio dovuto ad emergenza sanitaria, giungendosi così – essendosi il reato consumato in data 28 febbraio 2016
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alla data finale del 31 ottobre 2023, precedente alla pronuncia della presente sentenza.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla mensilità di gennaio 2016, per l’intervenuta estinzione per prescrizione, e con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, limitatamente al residuo reato. Il ricorso deve, invece, essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio, limitatamente al reato relativo alla mensilità di gennaio 2016, perché estinto per prescrizione, e con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, limitatamente al residuo reato. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 21/02/2024.