Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19323 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19323 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 15/10/1981
avverso la sentenza del 22/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME del foro di Catania, in difesa delle parti civili COGNOME e NOME COGNOME il quale deposita conclusioni scritte, nota spese e si associa alle conclusioni del Procuratore Generale, chiedendo il rigetto del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME del foro di CALTAGIRONE, in difesa di NOME COGNOME il quale insiste nei motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale locale, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 589 bis e ter cod. pen. nonché dell’art. 189 co. 1 e 7, cod. strada. Era contestato alla COGNOME di avere, per colpa generica e in violazione dell’art. 41, co. 9, d.lgs. 285/1992, mentre si accingeva ad affrontare una intersezione, effettuando manovra di svolta a sinistra, con il semaforo verde, omesso di dare la precedenza al pedone che, in quel frangente, attraversava la strada sulle strisce pedonali, anch’egli con il semaforo verde e cagionato il decesso del detto pedone in conseguenza delle gravi ferite riportate nonché di essersi allontanata rapidamente dal luogo del sinistro non ottemperando all’obbligo di prestargli assistenza.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse dalla Barbagallo affidandolo a tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce la mancanza di motivazione in merito al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis, co. 7, cod. pen. La Corte si sarebbe limitata a descrivere i video in atti senza motivare in merito all’avvistabilità della vittima, asserendo che «non può che dedursi con assoluta certezza che l’imputata non avrebbe potuto non accorgersi dell’investimento del pedone, se pure abbagliata dal sole». I giudici, secondo la difesa, non si sarebbero confrontati con le allegazioni difensive secondo cui la dinamica e le circostanze provavano la non avvistabilità del pedone e la non evitabilità del sinistro.
2.2. Con il secondo motivo la difesa si duole della contraddittorietà e illogicità della motivazione con riferimento alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 589 ter cod. pen. nella parte in cui si legge in sentenza che dopo l’impatto con l’autovettura, il pedone veniva “imbarcato” sul cofano del mezzo, circostanza questa che la difesa assume come non veritiera dato che l’impatto sarebbe avvenuto nella parte laterale del veicolo. Nel ricorso si assume, infatti che il pedone non si trovasse a metà dell’attraversamento ma che avesse intrapreso, con pochi passi, l’attraversamento. L’argomento poi della “violenza dell’impatto” sarebbe frutto di una deduzione priva di riscontro.
2.3. Con l terzo motivo si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza della responsabilità per il reato di cui al capo b) della rubrica, avendo la Corte obliterato il terzo motivo di appello con il quale era stata chiesta l’assoluzione dal reato di cui all’art. 189, co. 1 e 7 cod. strada perché il fatto non costituisc reato mancando la prova della consapevolezza, da parte della imputata, della verificazione del sinistro.
All’udienza, le parti hanno concluso come specificato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo con cui la difesa lamenta la mancata applicazione del comma 7 dell’art. 589 bis cod. pen. deve essère rigettato.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui «non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza» (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2022, Rv. 284096 – 01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Rv. 256340 – 01; Sez. 2 n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268176 – 01).
Era stata invocata con l’atto di appello la circostanza attenuante in esame ritenendo l’esistenza di un concorso di colpa da addebitare al comportamento negligente del pedone. Si assumeva che la Barbagallo, disturbata dal sole, non si sarebbe accorta della presenza del pedone che aveva fatto solo pochi passi.
L’argomento speso non si confronta con le motivazioni conformi, che possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 280654 – 01), da cui si ricava che il pedone si trovava già a metà dell’attraversamento come è risultato, secondo i giudici di merito, dalla circostanza che l’impatto è avvenuto «nella parte anteriore destra del veicolo condotto dalla Barbagallo».
Con argomentazioni logiche è stato affermato che avuto riguardo alla manovra di svolta a sinistra posta in essere dalla donna, se il pedone avesse solo mosso pochi passi dal marciapiede, l’impatto sarebbe avvenuto con la parte anteriore sinistra dell’auto e non piuttosto con quella destra. In proposito si legge nella sentenza del gup prima e della Corte territoriale poi, che, proprio dalla visione dei video acquisiti si ricava come «l’impatto sia avvenuto nella parte anteriore del veicolo condotto dalla COGNOME e come NOME sia stato sbalzato per poi ricadere sul selciato»,
Questa Corte ha avuto modo di affermare che “nella motivazione della sentenza, il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo sicché devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata» (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Rv. 281935 -01).
La sentenza impugnata, che pure non affronta in maniera esplicita il motivo dedotto, peraltro, in maniera genericamente assertiva e in contrasto con le emergenze acquisite per effetto della scelta del rito abbreviato che erano state già ampiamente illustrate dal primo giudice, nell’affrontare la ricostruzione del sinistro evidenzia che, contrariamente a quanto meramente dedotto, il pedone, subito prima dell’impatto, si trovava a metà dell’attraversamento e già posizionato di fronte all’autovettura condotta dall’imputata, facendo espresso richiamo ai frame estrapolati, laddove le immagini mostrano il corpo del pedone, urtato dalla parte anteriore destra del veicolo condotto dalla Barbagallo, “imbarcato” sul cofano dell’autovettura e poi sbalzato lateralmente rispetto al lato destro dell’autovettura.
Non ha mancato la Corte di rilevare che la dinamica del sinistro è stata confermata dalla presenza di una ammaccatura sul cofano anteriore riscontrata dal personale della Polizia Municipale all’atto del sequestro, con ciò escludendo, sia pure implicitamente, ma con argomenti che si desumono dall’intero apparato argomentativo, qualunque elemento di colpa a carico del pedone.
La ricostruzione operata del sinistro e con la quale la difesa non si confronta, prospettando che il pedone avesse da poco iniziato l’attraversamento e che avrebbe dovuto dare la precedenza all’autovettura condotta dalla COGNOME, consente di escludere anche gli argomenti secondo cui la conducente non superava i limiti di velocità, che il semaforo per svoltare a sinistra era verde, che le strisce pedonali non erano visibili e che il fascio solare aveva abbagliato per tutto il tempo della manovra la conducente del veicolo.
Richiama la difesa in proposito la sentenza di questa Corte di legittimità (Sez. 4, n. 7417 del 20/02/2024) secondo cui è esclusa la responsabilità del conducente che abbia investito un pedone solo quando la vittima abbia assunto una condotta che per i suoi caratteri configuri una causa eccezionale, atipica non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento.
Non è certo questo il caso. Per le concordi sentenze di merito il comportamento del pedone non era né imprevedibile, né eccezionale né atipico.
Non va dimenticato che all’imputata è stato contestato l’art. 41, co. 9, cod. strada che prevede «durante il periodo di accensione della luce verde, i veicoli possono procedere verso tutte le direzioni consentite dalla segnaletica verticale e orizzontale» e che, però «i conducenti devono dare sempre la precedenza ai pedoni e ai ciclisti ai quali sia data contemporaneamente via libera».
Come è stato evidenziato nella sentenza di primo grado, che, come già scritto, deve essere letta in uno a quella impugnata, poiché sia per il pedone che per la conducente dell’auto il semaforo proiettava luce verde, era la conducente del veicolo a motore anzidetto che avrebbe dovuto dare precedenza al pedone come pure è stato evidenziato che anche ammesso che la conducente fosse stata
“abbacinata dal sole” ciò avrebbe dovuto «indurla ad usare ancora maggiore prudenza nell’effettuazione della manovra di svolta a sinistra, trovandosi in una situazione di visibilità ridotta, in prossimità di un attraversamento pedonale semaforico che dava via libera ai pedoni su INDIRIZZO».
La Corte territoriale, sia pure con motivazione implicita, attraverso la ricostruzione in fatto della dinamica del sinistro, chiarisce che la condotta addebitabile alla ricorrente, da cui è derivato il mancato tempestivo avvistamento è dipesa dalla inadeguatezza del comportamento di guida tenuto in prossimità di un incrocio, in cui era presente un attraversamento pedonale regolamentato da un semaforo, in quel frangente, a luce verde.
In altri termini, la Corte, alla luce della ricostruzione in fatto non censurabile in sede di legittimità, ha così escluso qualsivoglia comportamento colposo del pedone, tale da ipotizzare il concorso di cause rilevanti ai sensi dell’art. 589 bis, co. 7, cod. strada.
Manifestamente infondati sono il secondo e il terzo motivo di ricorso in quanto non si confrontano affatto con il percorso logico giuridico posto a fondamento del giudizio espresso nelle due sentenze conformi.
Era già stato evidenziato nella sentenza di primo grado che «l’urto tra il veicolo e la vittima fosse stato talmente violento da determinare un rumore che aveva attirato l’attenzione di COGNOME COGNOME» che si trovava fermo a bordo della propria autovettura in prossimità del semaforo avente luce rossa, sulla corsia di marcia opposta di INDIRIZZO Volgendo lo sguardo verso l’intersezione, secondo quanto ricostruito dal primo giudice, il teste notava l’autovettura Fiat 600 procedere e il pedone a terra e iniziava a gridare all’indirizzo della donna intimandole di fermarsi. Era stato tra l’altro messo in evidenza come dalla visione dei filmati si coglieva «un movimento del capo della Barbagallo proprio nella direzione del pedone investito proprio nel momento in cui questo veniva sbalzato verso il selciato (cfr. il frame n. 12 in cui si intravede in corrispondenza del profilo anteriore destro del cofano motore, un piede della vittima ancora per aria, in posizione sì laterale ma visibile alla conducente che al tempo non aveva ancora superato il punto di impatto e quindi il corpo del pedone)».
Avuto riguardo alla ricostruzione operata, la Corte di appello, ha respinto il motivo di appello fondato sulla circostanza che non poteva dirsi provato che la donna si fosse potuta accorgere del sinistro e dunque, non era provato l’elemento soggettivo. Il giudice di secondo grado ha ulteriormente precisato che la prospettazione difensiva secondo cui restava escluso un impatto frontale perché diversamente si sarebbe verificato “l’arrotamento” del pedone, rimaneva smentita dalla visione dei frame che immortalavano il sinistro, non mancando, con argomento logico, di rilevare che l’arrotamento si sarebbe verificato solo se il
pedone fosse caduto a terra davanti all’auto e non anche, come nel caso in esame, nel caso in fosse stato sbalzato lateralmente.
Da ciò ha inferito la Corte che l’imputata “non avrebbe potuto non accorgersi dell’investimento del pedone, pure se abbagliata dal sole”, non foss’altro per la violenza dell’impatto, che la difesa genericamente esclude ma che, tuttavia, aveva lasciato segni visibili sul cofano anteriore dell’auto della imputata, sprovvista di copertura assicurativa e che aveva attirato l’attenzione di coloro i quali si trovavano all’incrocio i quali, urlando e inseguendola, tentavano di attirare l’attenzione di costei che, invece, proseguiva la marcia.
Nessuna contraddittorietà né illogicità si palesa nell’argomentare delle sentenze conformi attaccato con argomenti aspecifici, privi di qualsivoglia capacità di individuare vizi nel percorso motivazionale posto a fondamento delle decisioni adottate.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre che alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore delle parti civili costituite, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili Vigo Serena e Vigo Lionardo, liquidate in euro 3.900,00 oltre accessori come per legge. Deciso il 13 febbraio 2025
La
configliera
est.
NOME
Salvato
Povere
NOME NOME