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Omicidio stradale e guida in stato di ebbrezza: basta?

Un conducente, sotto l’effetto di alcol e sostanze stupefacenti, causa un sinistro mortale in cui perdono la vita due passeggeri. Viene condannato per omicidio stradale aggravato. La Corte di Cassazione conferma la condanna, specificando che per l’applicazione dell’aggravante è sufficiente che il conducente si trovasse in stato di ebbrezza al momento del fatto, non essendo necessario dimostrare un nesso causale diretto tra l’alterazione e l’incidente. Viene inoltre esclusa la rilevanza del concorso di colpa dei passeggeri che avevano accettato di salire a bordo.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omicidio Stradale e Stato di Ebbrezza: l’Aggravante Scatta Anche Senza Nesso Causale Diretto

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di omicidio stradale: la configurabilità della circostanza aggravante della guida in stato di ebbrezza. Il principio ribadito è di fondamentale importanza: per l’applicazione della pena più severa, non è necessario dimostrare che sia stata proprio l’alterazione alcolica a causare l’incidente. La semplice circostanza di essersi messi alla guida dopo aver bevuto è considerata un presupposto sufficiente per l’aggravante. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un tragico incidente stradale avvenuto nelle prime ore del mattino. Un giovane, alla guida della propria autovettura, perdeva il controllo del mezzo mentre percorreva una strada provinciale a una velocità di 100 km/h, ben superiore al limite di 50 km/h. L’auto, dopo essere uscita di strada, si schiantava violentemente contro le barriere di protezione di un ponte, causando la morte di due passeggeri.

Gli accertamenti successivi rivelavano che il conducente presentava un tasso alcolemico di 1,36 g/l (ridottosi a 1,27 g/l nella seconda prova) e che aveva assunto anche sostanze stupefacenti. Per questi fatti, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di omicidio stradale, con l’applicazione delle aggravanti previste per la guida in stato di ebbrezza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione basato su diversi motivi. I due più rilevanti per la nostra analisi sono:

1. Violazione di legge sull’aggravante: La difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel ritenere applicabile l’aggravante della guida in stato di ebbrezza senza aver provato un nesso causale diretto tra l’alterazione alcolica e l’incidente. Secondo questa tesi, l’incidente avrebbe potuto essere causato da altri fattori, come la stanchezza o l’alta velocità, e non necessariamente dall’alcol.
2. Mancato riconoscimento del concorso di colpa delle vittime: Si chiedeva l’applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 589-bis, comma 7, cod. pen. (evento non esclusiva conseguenza dell’azione del colpevole), sostenendo che le vittime avessero contribuito a causare l’evento, poiché erano consapevoli dello stato di alterazione del conducente ma avevano accettato ugualmente di salire in auto con lui.

La Decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. Le motivazioni della sentenza offrono chiarimenti essenziali su come interpretare la normativa sull’omicidio stradale.

Omicidio stradale e guida in stato di ebbrezza: l’aggravante è un presupposto

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione dell’aggravante. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la legge non richiede che lo stato di ebbrezza sia la “causa” del sinistro. Piuttosto, esso è un presupposto dell’aggravante.

Il legislatore, infatti, ha inteso punire più severamente chiunque cagioni la morte di una persona violando le norme sulla circolazione stradale mentre si trova in stato di ebbrezza. La scelta di mettersi alla guida in condizioni di alterazione realizza di per sé quel pericolo che le norme mirano a prevenire. La condotta colposa che causa l’evento (es. l’eccesso di velocità, una distrazione) è un elemento ulteriore e distinto. In altre parole, l’aumento di pena è giustificato dal disvalore intrinseco della scelta di guidare ubriachi, a prescindere dal fatto che l’ubriachezza abbia avuto un ruolo determinante nella dinamica specifica dell’incidente. Nel caso di specie, peraltro, la Corte ha sottolineato come l’imputato stesso avesse ammesso di essersi addormentato, un evento logicamente collegabile allo stato di alterazione psico-fisica.

Il concorso di colpa del passeggero non attenua la responsabilità penale

Altrettanto netta è stata la posizione della Corte sul secondo motivo di ricorso. L’argomento secondo cui i passeggeri, accettando il rischio, avrebbero contribuito all’evento è stato respinto.

I giudici hanno spiegato che il divieto di porsi alla guida in stato di ebbrezza è posto a tutela anche dei soggetti trasportati. La responsabilità di non mettere a rischio la loro incolumità è interamente del conducente. La presunta “colpa” del passeggero nel salire a bordo di un’auto guidata da una persona ubriaca non è una causa esterna e imprevedibile, ma rientra nell'”area di rischio” che il conducente è tenuto a governare e a non creare. Pertanto, tale condotta non può essere considerata una concausa idonea a mitigare la responsabilità penale del guidatore ai sensi dell’art. 589-bis, comma 7, cod. pen.

le motivazioni

La sentenza in esame consolida un’interpretazione rigorosa della legge sull’omicidio stradale. Le motivazioni della Corte mirano a responsabilizzare al massimo chi si mette al volante dopo aver assunto alcol o droghe. La logica è chiara: la scelta di guidare in stato di alterazione è di per sé talmente grave da giustificare un trattamento sanzionatorio più severo in caso di incidente mortale, senza la necessità di complesse indagini sul nesso causale. L’aggravante scatta perché il conducente ha creato un pericolo inaccettabile, e l’incidente è la tragica concretizzazione di quel pericolo.

le conclusioni

Le implicazioni pratiche di questa pronuncia sono evidenti. Per i conducenti, il messaggio è inequivocabile: la tolleranza è zero. Guidare dopo aver bevuto comporta un rischio legale enorme che, in caso di tragedia, non ammette scusanti legate alla dinamica dell’incidente o al comportamento incauto di terzi. Per la difesa, diventa estremamente difficile sostenere che l’incidente sarebbe avvenuto comunque o che la vittima ha avuto una parte di colpa per aver accettato un passaggio. La responsabilità penale, in questi casi, si concentra quasi interamente su chi ha violato il divieto fondamentale di guidare in stato di ebbrezza.

Per configurare l’aggravante della guida in stato di ebbrezza nell’omicidio stradale, è necessario provare che l’alcol ha causato l’incidente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, lo stato di ebbrezza costituisce il presupposto per l’applicazione della circostanza aggravante. Non è necessario dimostrare un nesso di causalità diretto tra l’alterazione e la causa specifica del sinistro, poiché la norma punisce più gravemente il fatto di aver causato un incidente mortale mentre si era alla guida in condizioni non idonee.

Se un passeggero accetta un passaggio da un conducente che sa essere ubriaco, la sua condotta può ridurre la pena del conducente in caso di omicidio stradale?
No. La Corte ha stabilito che la condotta del passeggero che accetta consapevolmente il rischio non costituisce una concausa idonea a far riconoscere l’attenuante del concorso di colpa. Il divieto di guidare in stato di ebbrezza è posto anche a tutela dei passeggeri, e la responsabilità di garantire la loro incolumità ricade interamente sul conducente.

La guida in stato di ebbrezza è un reato autonomo o viene assorbita nel reato di omicidio stradale?
Nel caso di omicidio stradale, la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza (art. 186 CdS) viene assorbita nel reato più grave. Non si ha un concorso di reati, ma un’unica fattispecie di reato complesso (l’omicidio stradale), in cui la guida in stato di ebbrezza funge da elemento circostanziale aggravante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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