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Omicidio stradale colposo: pedone co-responsabile

Un automobilista viene condannato per omicidio stradale colposo per aver investito un pedone. La Corte di Cassazione conferma la condanna nonostante la condotta imprudente della vittima, la quale camminava sul lato sbagliato della strada. La sentenza stabilisce che il comportamento del pedone, per escludere la colpa del guidatore, deve essere un evento eccezionale e imprevedibile, non una semplice imprudenza.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omicidio Stradale Colposo: La Colpa del Pedone Non Sempre Salva l’Automobilista

L’omicidio stradale colposo è una fattispecie di reato che solleva complesse questioni di responsabilità, specialmente quando la condotta della vittima ha contribuito all’incidente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11372/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la condotta imprudente del pedone non è sufficiente, di per sé, a escludere la colpa del conducente. Analizziamo il caso per comprendere i limiti del cosiddetto ‘principio di affidamento’ sulla strada.

I Fatti: Un Tragico Investimento Notturno

I fatti risalgono a una sera di ottobre. Un automobilista, percorrendo una strada provinciale che attraversa un centro abitato, investe una donna che camminava lungo il ciglio destro della carreggiata, nello stesso senso di marcia del veicolo. L’impatto, avvenuto con la parte anteriore destra dell’auto, si rivela fatale: la donna decederà due giorni dopo a causa delle gravi lesioni riportate.

Dal quadro probatorio è emerso che:
– La strada era un rettilineo in un centro abitato e dotata di buona illuminazione pubblica.
– La vittima camminava insieme al marito, di spalle rispetto al veicolo, e non indossava abbigliamento catarifrangente.
– Sul lato opposto della strada era presente un percorso pedonale debitamente segnalato, che la vittima non stava utilizzando.

La Tesi Difensiva e le Decisioni di Merito

L’automobilista, condannato sia in primo grado che in appello, ha basato il suo ricorso per cassazione sull’idea che l’incidente fosse stato un evento imprevedibile e inevitabile. Secondo la difesa, la condotta della vittima e del marito (camminare appaiati sull’asfalto, di notte, senza indumenti ad alta visibilità) avrebbe reso impossibile l’avvistamento e qualsiasi manovra alternativa.

Tuttavia, i giudici di merito hanno individuato precisi profili di colpa a carico del conducente:
1. Velocità non moderata: Pur viaggiando a una velocità di poco inferiore al limite di 50 km/h, questa non era adeguata alle condizioni di un centro abitato di sera.
2. Condotta di guida imprudente: L’automobilista non ha tenuto una condotta tale da permettergli di avvistare tempestivamente il pedone e reagire di conseguenza, arrestandosi o schivandolo.

Ai giudici è apparso chiaro il concorso di colpa della vittima, per aver violato l’art. 190 del Codice della Strada che impone ai pedoni di camminare in senso opposto a quello di marcia dei veicoli. Questo, però, non è stato ritenuto sufficiente a interrompere il nesso di causalità con la condotta del guidatore.

Le motivazioni della Cassazione sull’omicidio stradale colposo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno sottolineato che il ricorso si limitava a proporre una rilettura dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata logica, coerente e corretta in diritto. Il punto cruciale della decisione risiede nella valutazione della condotta del pedone. La Corte ha richiamato un proprio consolidato orientamento secondo cui, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento di un pedone, è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, tale da essere stata da sola sufficiente a produrlo.

Nel caso specifico, la presenza di un pedone che cammina sul ciglio della strada in un centro abitato, sebbene in modo imprudente, non costituisce un evento così eccezionale da non poter essere previsto da un automobilista diligente. Il conducente ha sempre l’obbligo di moderare la velocità e prestare la massima attenzione, proprio per essere in grado di far fronte anche alle possibili imprudenze altrui.

Conclusioni: Il Principio di Affidamento e i Suoi Limiti

Questa sentenza ribadisce un concetto chiave nella giurisprudenza sull’omicidio stradale colposo: il ‘principio di affidamento’, secondo cui ogni utente della strada può confidare nel fatto che gli altri si comportino correttamente, trova un importante temperamento. Tale principio non vale quando vi sono elementi concreti che possono far presagire una condotta imprudente altrui.

L’automobilista non può ‘delegare’ la propria sicurezza e quella degli altri al solo rispetto delle regole da parte dei terzi. Al contrario, ha un dovere di prudenza ‘rafforzato’, che impone di prevedere le potenziali violazioni e di tenere una condotta di guida che consenta di neutralizzarne le conseguenze. La colpa del pedone potrà, come in questo caso, essere valutata per riconoscere un concorso, ma difficilmente porterà a un’esclusione totale della responsabilità del guidatore, se anche a quest’ultimo è imputabile una violazione delle norme di prudenza e diligenza.

La colpa del pedone, come camminare sul lato sbagliato della strada, esclude sempre la responsabilità del conducente in caso di investimento?
No. Secondo la Corte, per escludere la responsabilità del conducente, la condotta del pedone deve essere una causa eccezionale, atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, tale da essere stata da sola sufficiente a provocarlo. La semplice imprudenza del pedone non basta se il conducente ha violato a sua volta le norme di prudenza.

Guidare al di sotto del limite di velocità è sufficiente per essere considerati prudenti?
No. La sentenza chiarisce che la velocità deve essere adeguata alle condizioni specifiche (ambientali, di traffico, caratteristiche della strada). In questo caso, guidare a una velocità ‘poco meno del limite massimo di 50 km orari’ in un centro abitato di notte è stato considerato non sufficientemente moderato.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito. In questo caso, è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare errori di diritto, l’appellante ha tentato di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, operazione che non è permessa nel giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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