Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30301 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30301 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME
Sent. n. sez. 633/2025 UP – 09/04/2025 R.G.N. 41736/2024
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOMECOGNOME nato a Canelli il 29/03/1947, COGNOME, nato a Ivrea il 21/10/1950, avverso la sentenza del 14/06/2024 della Corte d’appello di Torino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi; udito per la parte civile Agenzia delle Entrate l’avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità o il rigetto dei ricorsi e la liquidazione delle spese come da nota depositata in udienza; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; udito per l’imputato NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 14 giugno 2024 la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza assolutoria in data 4 maggio 2023 del Tribunale di Asti, ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME alle pene di legge per i reati rispettivamente ascritti di cui all’art. 10bis d.lgs. n. 74 del 2000 (anno d’imposta 2015 per COGNOME e anno d’imposta 2016 per COGNOME), con i doppi benefici di legge per COGNOME e con il beneficio della pena sospesa per COGNOME, oltre al risarcimento del danno in favore dell’Agenzia delle Entrate da liquidarsi in separato giudizio.
COGNOME eccepisce la violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata, in seguito al
ribaltamento della sentenza di assoluzione, e il vizio di motivazione con riferimento all’elemento soggettivo dell’art. 10bis d.lgs. n. 74 del 2000 (primo motivo), l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 45 cod. pen. (secondo motivo), la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. e l’omessa motivazione con riferimento alla configurabilità dell’elemento oggettivo del reato (terzo motivo), l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 131bis cod. pen. (quarto motivo).
Cimadom eccepisce la violazione di legge in relazione all’art. 23 d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv. in legge 26 maggio 2023, n. 56, perchØ non era stata considerata come causa di non punibilità la definizione della debitoria tributaria da parte della società di cui era stato amministratore, la RAGIONE_SOCIALE (primo motivo), la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 13, comma 3bis , d.lgs. n. 74 del 2000 (secondo motivo), il vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo (terzo motivo), l’inosservanza o comunque l’erronea applicazione degli art. 186bis e seg. e 51 legge fallimentare in relazione all’impossibilità di adempiere il debito tributario per l’accesso della Olicar al concordato preventivo (quarto motivo), la mancanza di motivazione in relazione all’omessa valutazione di prove testimoniali decisive assunte ai sensi dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen. (quinto motivo), il vizio di motivazione circa la ritenuta carenza dei presupposti applicativi dell’art. 131bis cod. pen, ora art. 13, comma 3ter , d.lgs. n. 74 del 2000 (sesto motivo).
Presenta una memoria in replica alla requisitoria del Procuratore generale in cui ribadisce le sue ragioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei limiti che di seguito si espongono.
4.1. Il Tribunale di Asti – dopo aver accertato la commissione dei reati rispettivamente ascritti ai due imputati, perchØ COGNOME in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, non aveva versato entro il 15 settembre 2016 le ritenute alla fonte per euro 2.410.352,38 e COGNOME, in qualità di amministratore subentrato della stessa società, non aveva versato entro il 15 settembre 2017 le ritenute alla fonte per euro 4.017.887,57 – ha assolto i due imputati con la formula ‘perchØ il fatto non costituisce reato’, in assenza del dolo e in presenza invece di un ragguardevole sforzo finanziario per risollevare la RAGIONE_SOCIALE Dall’istruttoria dibattimentale era emerso che la crisi di liquidità, che aveva portato all’omesso versamento delle suddette ritenute, era imputabile alla gestione precedente all’ingresso in data 31 marzo 2016 di RAGIONE_SOCIALE, come socio di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE, attraverso un’altra sua società, la RAGIONE_SOCIALE. L’operazione di acquisto era stata preceduta da un piano industriale certificato da una società di revisione contabile di primo livello, la RAGIONE_SOCIALE, che si era rivelato errato. Non appena il nuovo consiglio di amministrazione aveva realizzato che i conti della RAGIONE_SOCIALE erano inattendibili, RAGIONE_SOCIALE si era rivolto ad un’altra società di consulenza e revisione, la RAGIONE_SOCIALE, e aveva immesso nella RAGIONE_SOCIALE risorse proprie, pari a 18 milioni di euro, per garantire la continuità aziendale e in particolare per onorare i contratti in corso con gli ospedali che erano, a loro volta, debitori della Olicar per ingentissimi importi. Secondo il Tribunale, visti i tempi strettissimi dall’assunzione della carica e il notevole esborso economico, RAGIONE_SOCIALE era da considerarsi esente da responsabilità, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., per assenza dell’elemento psicologico. Analogamente, NOME era subentrato nella carica di amministratore unico solo il 28 luglio
2017, per seguire le pratiche relative al concordato preventivo, la cui presentazione era stata già deliberata dal consiglio di amministrazione sotto la gestione di RAGIONE_SOCIALE. Il concordato era stato poi ammesso il 6 novembre 2017 e omologato il 16 novembre 2018, per cui non poteva escludersi che COGNOME avesse omesso il pagamento del debito tributario nell’erronea convinzione che il semplice deposito della domanda di concordato precludesse i pagamenti dei debiti che sarebbero scaduti in data successiva al deposito della domanda.
4.2. La Corte di appello di Torino, su ricorso del Pubblico ministero, ha disposto la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con l’esame dei consulenti dell’accusa e della difesa, del commissario giudiziale e del curatore fallimentare dell’RAGIONE_SOCIALE nonchØ dell’amministratore della società dall’ottobre 2016 al maggio 2017. All’esito, ha tratto la conclusione che, al momento dell’ingresso in RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE era perfettamente consapevole della gravissima crisi che attraversava la società, che per giunta non presentava i bilanci da anni. Infatti, aveva iniziato a immettervi liquidità prima ancora di acquistarla, aveva concluso degli accordi con le banche per il trasferimento delle azioni gravate da pegno da Olicar a Manitalidea, aveva rinunciato all’azione di responsabilità verso il consiglio di amministrazione uscente con indicazione specifica della debitoria fiscale oggetto di manleva. Ciò nondimeno, era stato attratto dalle commesse pubbliche di Olicar ed era interessato al buon andamento dell’operazione per cui l’incarico a RAGIONE_SOCIALE non era stato dovuto alla ‘sorpresa’ contabile, ma era stato funzionale a rimettere in ordine i conti per consentire alla società di proseguire le sue attività. Attività che era proseguita con il pagamento delle spettanze ai lavoratori per il mantenimento delle commesse ma con l’evasione dei tributi fino alla presentazione della domanda di concordato preventivo. Nonostante gli sforzi, la RAGIONE_SOCIALE, che aveva affittato l’azienda della RAGIONE_SOCIALE dal marzo 2017, assumendo tutto il personale, era fallita, mentre la RAGIONE_SOCIALE, che era il socio di controllo che assicurava la continuità dei finanziamenti era finito in amministrazione straordinaria. Gli eventi che avevano colpito tali due società avevano travolto anche il concordato della RAGIONE_SOCIALE che era stata dichiarata fallita a sua volta. Quanto a COGNOME, ha puntualizzato che aveva assunto la carica di amministratore quando la crisi era conclamata e che aveva presentato la domanda di concordato preventivo strumentalmente al fine di evitare la responsabilità penale connessa agli inadempimenti fiscali. L’affermazione del Tribunale di Asti secondo cui era incorso in un errore percettivo, ritenendo di non poter dar seguito al pagamento dei tributi per evitare il pagamento preferenziale, era destituita di fondamento perchØ nØ la società nØ lui (su cui gravava un autonomo obbligo di adempimento onde andare esente da responsabilità penale) disponevano della provvista per adempiere. In definitiva, secondo la Corte territoriale, il mancato versamento delle ritenute era stato determinato da ragioni di crisi finanziaria risalente e strutturale e non poteva ritenersi che il ritardo nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni poteva aver inciso in maniera dirimente sulla carenza di liquidità e sull’impossibilità di pagare le spettanze dell’Erario. I crediti incagliati erano ridotti rispetto alla rilevante esposizione debitoria, solo nei confronti delle banche per 52 milioni al 30 giugno 2015 e per 40 milioni al 30 giugno 2016, mentre la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato i crediti verso il corrispettivo della liquidità immessa nella RAGIONE_SOCIALE solo per pagare i lavoratori e i fornitori. Pertanto, per entrambi gli imputati ricorreva il requisito soggettivo dei reati rispettivamente ascritti.
4.3. I ricorrenti hanno invocato l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000 e quella prevista dall’art. 23 d.l. n. 34 del 2023, attesa la definizione della debitoria erariale mediante accesso alla procedura della Rottamazione ter e della Rottamazione quater nei termini di legge, ma la Corte territoriale ha ritenuto che non
potevano godere di tale beneficio, perchØ il pagamento era stato effettuato, non da essi, bensì dalla società in fallimento e, per giunta, non nei tempi utili ai fini dell’applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000; hanno invocato anche l’applicazione dell’art. 131bis cod. pen., ora 13, comma 3ter , d.lgs. n. 74 del 2000, ma la Corte territoriale ha rigettato l’istanza per l’entità del debito, per la particolare intensità del dolo, per il pagamento del debito da parte della curatela fallimentare solo in seguito all’attività recuperatoria.
5. I primi tre motivi di ricorso di Songia e il secondo, il terzo, il quarto e il quinto di Cimadom, relativi rispettivamente alla motivazione rafforzata (primo motivo di Songia e quinto di Cimadom), alla configurabilità dei reati rispettivamente ascritti sotto il profilo oggettivo (terzo motivo di COGNOME) e sotto il profilo soggettivo (secondo motivo di COGNOME e terzo di COGNOME), nonchØ all’impossibilità di pagare in prossimità o in pendenza di concordato preventivo (quarto motivo di COGNOME) e al diritto alla causa di non punibilità dell’art. 13, comma 3bis d.lgs. n. 74 del 2000 (secondo motivo di COGNOME) possono essere trattati congiuntamente, perchØ propongono il medesimo tema dell’impossibilità di adempiere il debito tributario a causa di una crisi di liquidità non imputabile e non fronteggiabile.
5.3. COGNOME ha posto con il terzo motivo di ricorso il problema della configurabilità oggettiva del reato perchØ non era stata raggiunta la prova della consegna ai lavoratori sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate dal datore di lavoro, salvo poi ammettere che erano state consegnate delle certificazioni in data anteriore all’assunzione della carica di amministratore. Sul punto, però, va rimarcato che già il Tribunale di Asti aveva accertato il presupposto oggettivo dei reati rispettivamente ascritti a Songia e Cimadom e, a prescindere dall’eventuale formazione di una preclusione (pare per vero isolata la sentenza della Sez. 4, n. 7088 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280949-01 che ha escluso la possibilità di pronunciare la sentenza di assoluzione per difetto del nesso
causale se questo sia stato già accertato dalla sentenza di primo grado, trattandosi di punto della decisione non devoluto alla sua cognizione, in contrasto con la sentenza a Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231675 – 01, che ha affermato l’effetto devolutivo pieno in conseguenza dell’appello del pubblico ministero), sta di fatto che la ricostruzione dei reati tributari Ł stata possibile a valle degli accertamenti compiuti non solo dalla Guardia di finanza, ma anche dei numerosi professionisti che hanno seguito le procedure di insolvenza e hanno riferito in ordine alla debitoria tributaria. Secondo la giurisprudenza, ai fini dell’integrazione del delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, di cui all’art. 10bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come risultante dalla declaratoria di parziale incostituzionalità ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 115 del 2022, l’avvenuto rilascio ai lavoratori sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate dal datore di lavoro e l’ammontare di queste può essere provato anche mediante il loro inserimento nel cassetto fiscale di ogni singolo dipendente, in quanto equivalente alla messa a disposizione e conoscenza, attraverso la consultazione del sito dell’Agenzia delle Entrate, i cui contenuti conoscitivi sono stati implementati dall’art. 23 d.lgs. 8 gennaio 2024, n. 1 (Sez. 3, n. 5020 del 26/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287514-01). L’ulteriore questione relativa alla non imputabilità di eventi occorsi in data anteriore all’assunzione della carica di amministratore Ł irrilevante. Risponde pacificamente del GLYPHreato anche l’amministratore subentrato nella legale rappresentanza dell’impresa (Sez. 3, n. 46459 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 271311 – 01, che ha ritenuto che la consapevolezza dell’ amministratore “pro tempore” dell’avvenuta distrazione, da parte del suo predecessore, della GLYPHliquidità necessaria al pagamento del debito GLYPHtributario, non fosse elemento idoneo ad escludere il dolo della condotta omissiva ma, anzi, rendesse la sua condotta omissiva ancor piø consapevole; in senso conforme, Sez. 3, n. 34927 del 24/06/2015, COGNOME, Rv. 26488201; Sez. 3, n. 38687 del 04/06/2014, COGNOME, Rv. 260390 – 01; Sez. 3, n. 3636 del 09/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259092 – 01 tutte in materia di omesso versamento dell’IVA).
La tesi della crisi di liquidità, sostenuta da COGNOME con il secondo motivo di ricorso e da Cimadom con il terzo, non solo Ł disancorata dalle risultanze processuali ma Ł anche in contrasto con il granitico orientamento giurisprudenziale di legittimità.
6.1. Nel reato dell’art. 10bis d.lgs. n. 74 del 2000, le somme ritenute costituiscono parte integrante della retribuzione lorda o del compenso dovuto al lavoratore sostituito e, in quanto retribuzione o compenso, sono voce di costo per l’impresa, deducibile, come spesa o componente negativo di reddito, ai sensi degli artt. 95 e 109, d.P.R. n. 917 del 1986, in altri termini, sono somme nella piena disponibilità del datore di lavoro, sostituto di imposta che le destina ad altri scopi. Nel caso di omesso versamento delle ritenute, l’impossibilità di adempiere Ł difficilmente giustificabile, ai sensi dell’art. 45, cod. pen., con la decisione di distrarre ad altri scopi il denaro che Ł di pertinenza del sostituito e che tuttavia resta nelle mani del sostituto proprio perchØ si tratta di somme dovute all’Erario. Il meccanismo della sostituzione di imposta Ł strumentale all’esigenza di garantire allo Stato il pagamento di quanto gli Ł dovuto. Quando il sostituto “tradisce” la sua funzione di garanzia, appropriandosi di fatto del denaro liquido di pertinenza del sostituito, distraendolo ad altri fini, la sua scelta esclude la causa di forza maggiore (Sez. 3, n. 3647 del 12/07/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272073 – 01, che ha ricordato che GLYPHla forza maggiore esclude la suitas della condotta perchØ Ł la «vis cui resisti non potest», a causa della quale l’uomo «non agit sed
agitur», Sez. 1, n. 900 del 26/10/1965, COGNOME, Rv. 100042; Sez. 2, n. 3205 del 20/1271972, COGNOME, Rv. 123904; Sez. 4, n. 8826 del 21/0471980, COGNOME, Rv. 145855; che non concorre mai con l’evento, Sez. 4, n. 1492 del 23/11/1982, COGNOME, Rv. 157495; Sez. 4, n. 1966 del 06/12/1966, COGNOME, Rv. 104018; Sez. 4 n. 2138 del 05/12/1980, COGNOME, Rv. 148018; che sussiste solo e in tutti quei casi in cui la realizzazione dell’evento stesso o la consumazione della condotta antigiuridica Ł dovuta all’assoluta ed incolpevole impossibilità dell’agente di uniformarsi al comando, mai quando egli si trovi già in condizioni di illegittimità, Sez. 4, n. 8089 del 13/0571982, COGNOME, Rv. 155131; Sez. 5, n. 5313 del 26/03/1979, COGNOME, Rv. 142213; Sez. 4, n. 1621 del 19/01/1981, COGNOME, Rv. 147858; Sez. 4 n. 284 del 18/02/1964, COGNOME, Rv. 099191).
6.2. PoichØ la forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, questa Corte ha sempre escluso, quando la specifica questione Ł stata posta, che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante (in termini, Sez. 3, n. 4529 del 04/12/2007, COGNOME, Rv. 238986; ma si vedano anche Sez. 1, n. 18402 del 05/04/2013, Giro, Rv. 255880, in un caso di inosservanza dell’ordinanza sindacale di smaltimento dei rifiuti; Sez. 3, n. 24410 del 05/04/2011, COGNOME, Rv. 250805, in un caso di mancato adempimento alle prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza nell’ambito della procedura di estinzione prevista, in materia di infortuni sul lavoro, dal d.lgs. 19 dicembre 1994, n. 758; Sez. 3, n. 9041 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 209232, in un caso di violazione di norme antinfortunistiche; Sez. 3, n. 643 del 22/10/1984, COGNOME, Rv. 167495, in un caso di inquinamento delle acque; Sez. 3, n. 7779 del 07/05/1984, COGNOME, Rv. 165822, sempre in un caso di violazione di norme antinfortunistiche). Alle stesse conclusioni Ł giunta la giurisprudenza di legittimità in ordine al contiguo tema dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali ove si Ł detto che non Ł scriminata, ai sensi dell’art. 51 cod. pen., la scelta del datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficoltà economica, di destinare le somme disponibili al pagamento delle retribuzioni, perchØ, nel conflitto tra il diritto del lavoratore a ricevere i versamenti previdenziali e quello alla retribuzione, va privilegiato il primo in quanto Ł il solo a ricevere, secondo una scelta del legislatore non irragionevole, tutela penalistica per mezzo della previsione di una fattispecie incriminatrice (Sez. F., n. 23939 del 11/08/2020, COGNOME Rv. 279539 – 01; Sez. 3, n. 36421 del 16/05/2019, COGNOME, Rv. 276683 – 01; Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017, COGNOME, Rv. 271189-01; Sez. 3, n. 26712 del 14/04/2015, COGNOME, Rv. 264306-01; Sez. 3, n. 19574 del 21/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259741 – 01).
6.3. Sempre secondo la citata sentenza COGNOME costituisce corollario di queste affermazioni il fatto che nei reati omissivi integra la causa di forza maggiore l’assoluta impossibilità, non la semplice difficoltà di porre in essere il comportamento omesso (Sez. 6, n. 10116 del 23/03/1990, COGNOME, Rv. 184856), per cui: a) il margine di scelta esclude sempre la forza maggiore perchØ non esclude la suitas della condotta; b) la mancanza di provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria penalmente rilevante non può essere addotta a sostegno della forza maggiore quando sia comunque il frutto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità; c) non si può invocare la forza maggiore quando l’inadempimento penalmente sanzionato sia stato concausato dal mancato pagamento alle singole scadenze mensili e dunque da una situazione di illegittimità; d) l’inadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a
causa di forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico; nel caso di reati omissivi propri uni-sussistenti, come quello in esame, la causa di forza maggiore in grado di escludere il dolo deve essere valutata al momento della consumazione del reato, non può essere retroagita, nØ può essere identificata con fattori che incidono solo sull’intima dissociazione dell’autore della condotta, pur volontaria, dalle conseguenze che ne derivano. Dedurre la crisi della liquidità dell’impresa quale fattore che esclude l’intenzione di non adempiere, ma non la “suitas” dell’omissione, Ł operazione dogmaticamente errata che presuppone l’esistenza, a fini di integrazione della fattispecie, di momenti di valorizzazione dello scopo della condotta del tutto esclusi dalla natura generica del dolo (così in motivazione, par. 5.11 e 5.12) .
Pertanto, alla stregua delle considerazioni svolte, non ricorre neanche la speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 3bis , d.lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. f), n. 3), d.lgs. 14 giugno 2024, n. 87, per il reato dell’art. 10bis d.lgs. n. 74 del 2000, perchØ l’omesso versamento delle ritenute alla fonte Ł dipeso da precise scelte degli amministratori, prima di Cimadom e poi di Songia. Quindi, va disatteso perchØ inammissibile anche il secondo motivo di ricorso presentato da RAGIONE_SOCIALE.
7. Nel quarto motivo di ricorso sempre COGNOME dopo aver svolto delle considerazioni generali sulle interferenze tra le procedure concorsuali e i reati tributari, ha posto il problema dei pagamenti in pendenza di concordato preventivo che, a suo avviso, sono preclusi in assenza di specifica autorizzazione del Tribunale. La giurisprudenza, però, ha sempre affermato che lo stato d’insolvenza non esenta il sostituto d’imposta dal pagamento, dovendo questi adempiere al proprio obbligo di corrispondere le ritenute così come adempie a quello di pagare le retribuzioni di cui le ritenute stesse sono parte. Del resto il reato Ł commesso dall’agente, ancorchØ il debito tributario sia stato contratto dalla società (in termini sul reato dell’art. 10bis d.lgs. n. 74 del 2000, Sez. 3, n. 11694 del 18/06/1999, COGNOME, Rv. 215518 – 01). Con specifico riferimento alla pendenza della procedura di concordato preventivo, ha osservato che il reato Ł scriminato dall’art. 51 cod. pen. solo se i provvedimenti che impongono il dovere di non adempiere all’obbligo tributario, come l’ammissione al concordato preventivo ovvero, in alternativa, il provvedimento del tribunale che abbia vietato il pagamento di crediti anteriori, siano intervenuti prima della scadenza di tale obbligo e, dunque, non siano successivi alla consumazione del reato (Sez. 3, n. 2860 del 30/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274822 – 01). Nel caso in esame, la debitoria tributaria preesisteva, e il reato era stato già consumato, alla presentazione della domanda di concordato preventivo.
Il Collegio non condivide questa interpretazione, perchØ la norma Ł stata introdotta nel cosiddetto decreto ‘bollette’ recante ‘Misure urgenti a sostegno delle famiglie e delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale, nonchØ in materia di salute e adempimenti fiscali’, con la specifica esigenza di fare cassa e di alleggerire i costi delle famiglie e gli adempimenti tributari dei cittadini. Nel confronto tra questa norma e quella corrispondente dell’art. 13 d.lgs. n. 74 del 2000 Ł evidente l’assenza di un giudizio di merito sulla persona che accede al beneficio premiale, per cui il pagamento ha valore estintivo non quando effettuato prima dell’apertura del dibattimento, ma quando effettuato prima della sentenza di appello secondo le modalità e nei termini previsti dall’articolo 1, commi da 153 a 158 e da 166 a 252, della legge 29 dicembre 2022, n. 197. Il termine di ‘contribuente’ ricomprende anche il debitore non in bonis. Non vi sono dunque ragioni per non estendere tale causa di non punibilità agli amministratori ancorchØ il pagamento sia stato effettuato dagli organi della procedura fallimentare, essendo indifferente chi sia il soggetto che ha estinto la pretesa tributaria.
Il reato commesso da Songia il 31 ottobre 2017, invece, non Ł prescritto perchØ rientra nel regime della cosiddetta riforma Orlando, essendo stato commesso tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019 (Sez. U, n. 20989 del 12/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 288175). Pertanto, si impone l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, sia agli effetti penali che agli effetti civili, ad altra Sezione della Corte di appello di Torino. Il Giudice del rinvio provvederà sulle spese di lite in favore della parte civile maturate nel grado di legittimità.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente agli effetti penali nei confronti di COGNOME per essere il reato di cui al capo A) estinto per intervenuta prescrizione e con rinvio, agli effetti civili, per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso, 09/04/2025
Il Presidente NOME COGNOME NOME