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Omesso versamento ritenute: la crisi di liquidità scusa?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 37012/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per l’omesso versamento di ritenute. L’imprenditore aveva giustificato l’inadempimento con una crisi di liquidità, ma la Corte ha ribadito che la scelta di pagare dipendenti e fornitori anziché il fisco non costituisce una causa di forza maggiore, confermando la responsabilità penale.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omesso versamento ritenute: la Crisi di Liquidità è una Scusa Valida?

L’omesso versamento ritenute è un reato tributario che può avere conseguenze significative per gli imprenditori. Spesso, la difesa si basa sulla presunta impossibilità di pagare a causa di una crisi di liquidità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 37012/2024) torna sul tema, chiarendo i limiti di tale giustificazione e confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva condannato per non aver versato le ritenute d’acconto relative all’anno d’imposta 2015. L’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che l’inadempimento non fosse dovuto a una volontà di evadere le imposte, ma a una grave e oggettiva crisi di liquidità causata dal mancato pagamento da parte di alcuni clienti. A suo dire, questa situazione configurava una causa di forza maggiore, che avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità penale. Inoltre, l’imprenditore evidenziava di aver nel frattempo aderito a una definizione agevolata per saldare il proprio debito con il fisco, un comportamento che, a suo avviso, dimostrava l’assenza di dolo.

L’Analisi della Corte e l’omesso versamento ritenute

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato e riproduttivo di censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno smontato la tesi difensiva basata sulla crisi di liquidità, allineandosi a un principio ormai consolidato.

Secondo la Suprema Corte, la crisi di liquidità non può essere invocata come causa di forza maggiore quando deriva da scelte gestionali dell’imprenditore. Nel caso specifico, l’imputato aveva ammesso di aver preferito utilizzare i fondi disponibili per pagare i dipendenti e i fornitori, anziché versare le ritenute allo Stato. Questa, per la giurisprudenza, non è un’impossibilità oggettiva, ma una scelta imprenditoriale. L’obbligo di versare le ritenute è un dovere prioritario, e decidere di destinare altrove le risorse finanziarie non esime dalla responsabilità penale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ulteriormente motivato la sua decisione sottolineando diversi aspetti:

1. Prevedibilità dell’Insolvenza: La sentenza impugnata aveva già evidenziato come la società dell’imprenditore fosse insolvente da tempo, tanto da essere stata dichiarata fallita nel 2013. Pertanto, la difficoltà a onorare i debiti, inclusi quelli fiscali, non era un evento imprevedibile, ma una conseguenza di una situazione finanziaria già compromessa.

2. Mancanza di Prova: L’imprenditore si era limitato ad affermare l’esistenza della crisi, senza fornire prove concrete delle azioni intraprese per fronteggiare il debito e tentare di evitare l’inadempimento. La mera asserzione non è sufficiente a dimostrare una causa di forza maggiore.

3. Irrilevanza delle Nuove Norme: I giudici hanno anche analizzato le recenti modifiche normative (D.Lgs. n. 87/2024), che hanno introdotto una causa di non punibilità per l’omesso versamento ritenute legato a una crisi di liquidità “non transitoria” dovuta a specifiche cause (es. insolvenza di terzi o mancati pagamenti della P.A.). Tuttavia, nel caso di specie, la stessa difesa aveva definito la crisi come “transitoria” e legata a scelte gestionali, ponendosi quindi al di fuori del campo di applicazione della nuova norma.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la crisi di liquidità non è un “lasciapassare” per evitare le conseguenze penali dell’omesso versamento ritenute. L’imprenditore, in qualità di sostituto d’imposta, ha il dovere di accantonare e versare le somme dovute al fisco. Se sceglie di utilizzare tali fondi per altri scopi, anche se apparentemente necessari come pagare i dipendenti, se ne assume la piena responsabilità. Per invocare con successo una causa di forza maggiore, è necessario dimostrare che l’inadempimento sia stato causato da un evento assolutamente imprevedibile, inevitabile e non riconducibile a scelte aziendali.

La crisi di liquidità aziendale giustifica sempre l’omesso versamento delle ritenute?
No. Secondo la Cassazione, la crisi di liquidità non è una giustificazione valida se deriva da scelte imprenditoriali, come quella di dare priorità al pagamento di dipendenti e fornitori rispetto agli obblighi fiscali. Non costituisce una causa di forza maggiore.

Cosa intende la Corte quando afferma che la crisi di liquidità è una scelta dell’imprenditore?
Intende che l’imprenditore, di fronte a risorse finanziarie limitate, ha deciso consapevolmente a chi destinare i fondi disponibili. Scegliere di non pagare le imposte per onorare altri debiti è una decisione di gestione aziendale che non esclude la responsabilità penale per il reato tributario.

Le nuove norme sulla crisi di liquidità ‘non transitoria’ cambiano la situazione per tutti i casi di omesso versamento?
No. La nuova causa di non punibilità si applica solo a condizioni molto specifiche: la crisi deve essere ‘non transitoria’ e causata da eventi precisi, come l’accertata insolvenza di terzi o il mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di pubbliche amministrazioni. Non si applica a crisi definite ‘transitorie’ o derivanti da scelte gestionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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