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Omesso versamento ritenute: crisi non giustifica

Un imprenditore, condannato per omesso versamento ritenute, ha invocato lo stato di necessità a causa di una grave crisi di liquidità aziendale. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la scelta deliberata di pagare stipendi e fornitori anziché il fisco esclude la ‘assoluta impossibilità’ di adempiere, presupposto necessario per la scriminante. La condanna è stata quindi confermata.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omesso versamento ritenute: la crisi aziendale non è sempre una scusante

La gestione di un’impresa in un contesto economico difficile pone gli amministratori di fronte a scelte complesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di omesso versamento ritenute, chiarendo i limiti entro cui una crisi di liquidità può, o non può, giustificare l’inadempimento degli obblighi fiscali. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere la differenza tra una scelta imprenditoriale e un vero e proprio stato di necessità.

Il caso: un imprenditore tra crisi di liquidità e obblighi fiscali

Il protagonista della vicenda è un imprenditore, amministratore di una società che gestiva cinque supermercati. A seguito di una condanna per il reato di omesso versamento ritenute previsto dall’art. 10-bis del d.lgs. 74/2000, l’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione.

La sua difesa si fondava su due argomenti principali:

1. Lo stato di necessità: Sosteneva di essere stato travolto da un’improvvisa e imprevedibile crisi di liquidità nel 2018. La causa scatenante sarebbe stata la decisione di un fornitore cruciale di modificare le condizioni di pagamento, pretendendo il saldo alla consegna. Questa mossa avrebbe innescato una grave crisi, costringendolo a scegliere tra pagare il fisco o pagare gli stipendi ai suoi quasi 100 dipendenti e i fornitori per garantire la continuità aziendale. A suo dire, non si trattava di una volontà di evadere, ma di un tentativo disperato di salvare l’azienda e i posti di lavoro.
2. La circostanza attenuante: Chiedeva il riconoscimento della circostanza attenuante per aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale, identificati proprio nel tentativo di tutelare l’occupazione e l’attività d’impresa.

L’omesso versamento ritenute e lo stato di necessità

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto cruciale della sentenza riguarda l’interpretazione dello stato di necessità. I giudici hanno chiarito che, per poter invocare questa scriminante, l’imprenditore deve trovarsi in una situazione di assoluta impossibilità di adempiere all’obbligo fiscale.

Nel caso specifico, l’imprenditore non era impossibilitato in senso assoluto, ma ha operato una scelta. Ha deciso di dare priorità al pagamento delle retribuzioni e delle forniture. Sebbene questa possa apparire come una scelta comprensibile dal punto di vista gestionale, dal punto di vista giuridico essa rappresenta un’opzione aziendale, un margine di discrezionalità che è incompatibile con i presupposti dello stato di necessità. Quest’ultimo, infatti, non ammette alternative: l’azione è giustificata solo se è l’unico modo per evitare un danno grave e imminente.

Il rigetto della circostanza attenuante

Anche la seconda doglianza è stata ritenuta infondata. La Corte ha spiegato che la circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale richiede che l’azione sia ispirata a valori etici o sociali considerati preminenti dalla collettività.

Le motivazioni della Corte

I giudici hanno affermato che il semplice adempimento di un obbligo legale, come quello di pagare gli stipendi ai dipendenti, non può integrare questa attenuante. Anzi, la Corte ha sottolineato la contraddizione insita nella condotta dell’imprenditore: l’omesso versamento delle ritenute operate sulle buste paga dei lavoratori finisce per danneggiare proprio i dipendenti, incidendo sulla loro posizione contributiva. Pertanto, la scelta di privilegiare il pagamento degli stipendi netti a scapito degli obblighi fiscali e previdenziali non può essere considerata come un’azione di elevato valore sociale.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale tributario: la crisi di liquidità, se non si traduce in una totale e assoluta impossibilità di adempiere, non esclude la responsabilità per l’omesso versamento ritenute. La decisione di quali creditori soddisfare per primi rimane una scelta imprenditoriale, le cui conseguenze penali non possono essere neutralizzate invocando lo stato di necessità. Per gli imprenditori, questa pronuncia è un monito a gestire le difficoltà finanziarie con la consapevolezza che gli obblighi verso l’Erario mantengono un carattere prioritario e il loro inadempimento può avere gravi ripercussioni penali.

La crisi di liquidità di un’azienda giustifica l’omesso versamento delle ritenute?
No. Secondo la sentenza, una crisi di liquidità non giustifica il reato se l’imprenditore ha compiuto una scelta su come allocare le risorse disponibili, ad esempio decidendo di pagare i dipendenti e i fornitori invece del fisco. Lo stato di necessità richiede un’assoluta impossibilità di adempiere.

Pagare gli stipendi ai dipendenti invece delle tasse può essere considerato un motivo di particolare valore sociale?
No. La Corte ha stabilito che adempiere a un obbligo legale, come il pagamento delle retribuzioni, non integra la circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale, specialmente se ciò avviene a danno di un altro obbligo legale (il versamento delle ritenute) che peraltro tutela gli stessi lavoratori.

Cosa deve dimostrare un imprenditore per invocare lo stato di necessità per il reato di omesso versamento ritenute?
L’imprenditore deve dimostrare di essersi trovato in una situazione di assoluta e inevitabile impossibilità di pagare le ritenute, senza alcun margine di scelta. Se esiste la possibilità di decidere quali debiti pagare, anche in una situazione di difficoltà, lo stato di necessità non è configurabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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