LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Omesso versamento IVA: responsabilità nuovo amministratore

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore condannato per omesso versamento IVA. La Corte ha ribadito che il nuovo amministratore è responsabile per i debiti tributari pregressi se non li salda entro la scadenza. La crisi di liquidità dell’azienda non costituisce una valida giustificazione, rientrando nel normale rischio d’impresa. La responsabilità penale sussiste anche a titolo di dolo eventuale, poiché l’amministratore, subentrando, accetta il rischio delle conseguenze derivanti da inadempienze precedenti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omesso versamento IVA: il nuovo amministratore risponde anche dei debiti pregressi

Con la recente sentenza n. 31116/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per la gestione aziendale: la responsabilità penale del nuovo amministratore per l’omesso versamento IVA relativo a debiti sorti prima del suo insediamento. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la crisi di liquidità non è una scusante e chi assume la guida di una società ha il dovere di farsi carico di tutte le pendenze fiscali, anche quelle pregresse, pena la condanna penale.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 10-ter del D.Lgs. 74/2000. L’accusa era di aver omesso il versamento di IVA per un importo di quasi un milione di euro, relativo all’anno d’imposta 2015.

L’imputato si era difeso sostenendo di essere stato nominato amministratore solo nel giugno 2016, quando la dichiarazione IVA che accertava il debito era già stata presentata. La scadenza per il pagamento, tuttavia, era fissata per il 27 dicembre 2016, data in cui egli era pienamente in carica. L’amministratore adduceva, inoltre, una grave crisi di liquidità, aggravata dalla successiva risoluzione di un importante contratto, che avrebbe reso materialmente impossibile far fronte al debito tributario.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso dell’imputato inammissibile, confermando la condanna. La decisione si fonda su due ordini di ragioni: una di carattere processuale e una di merito.

Dal punto di vista processuale, il ricorso è stato giudicato generico. L’imputato si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate in appello, senza indicare in modo specifico quali violazioni di legge avrebbero commesso i giudici di merito, come invece richiesto dall’art. 606 del codice di procedura penale per poter adire la Corte di Cassazione.

Nel merito, la Corte ha ritenuto le argomentazioni manifestamente infondate, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali in materia.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte chiariscono in modo netto i doveri e le responsabilità che gravano su chi assume la carica di amministratore.

La responsabilità del nuovo amministratore per l’omesso versamento IVA

Il punto centrale della sentenza è che l’amministratore in carica al momento della scadenza del termine di versamento è il soggetto responsabile del pagamento, anche se il debito si è generato in un periodo d’imposta precedente al suo incarico. Chi accetta la carica di amministratore ha il preciso dovere di effettuare un controllo sulla contabilità e sulla situazione fiscale della società. Omettendo tale controllo e il conseguente pagamento, egli si espone volontariamente a tutte le conseguenze delle inadempienze pregresse.

Secondo la Corte, questa condotta configura, quanto meno, il dolo eventuale: l’amministratore, pur non volendo direttamente commettere il reato, si rappresenta la possibilità che l’omissione del versamento si verifichi e ne accetta il rischio.

L’irrilevanza della crisi di liquidità

La Corte ha nuovamente affermato che la crisi di liquidità non è, di per sé, una causa di forza maggiore idonea a escludere la colpevolezza. L’inadempimento dell’obbligazione tributaria può essere scusato solo da eventi non imputabili all’imprenditore, imprevedibili e ai quali non si sia potuto porre rimedio. La mancanza di fondi è considerata un normale rischio d’impresa che l’amministratore ha il dovere di gestire e prevenire.

Nel caso specifico, il tentativo di rateizzazione del debito, avvenuto oltre diciassette mesi dopo la scadenza, è stato visto non come prova dell’impossibilità di pagare, ma, al contrario, come un indizio della presenza di un patrimonio sociale non del tutto incapiente al momento della consumazione del reato.

Le alternative possibili

I giudici hanno sottolineato che l’amministratore, di fronte all’impossibilità di saldare il debito, non è privo di alternative per evitare la responsabilità penale. Egli avrebbe potuto e dovuto intraprendere altre iniziative, come attingere al patrimonio personale o, in ultima istanza, chiedere la liquidazione giudiziale (il fallimento) della società prima della scadenza del termine per il versamento. Non aver percorso alcuna di queste strade ha contribuito a fondare la sua responsabilità.

Conclusioni

La sentenza n. 31116/2024 lancia un messaggio inequivocabile agli amministratori di società: la gestione delle passività fiscali è un dovere non delegabile e non scusabile. Assumere una carica amministrativa comporta l’onere di una verifica diligente della situazione pregressa e l’obbligo di adempiere a tutte le scadenze fiscali, anche quelle relative a debiti sorti prima del proprio mandato. Invocare la crisi di liquidità o l’operato della precedente gestione non è sufficiente per esimersi dalla responsabilità penale per l’omesso versamento IVA. La legge richiede un comportamento proattivo, finalizzato a onorare il debito con l’Erario, anche a costo di decisioni drastiche per la vita della società.

Un nuovo amministratore è responsabile per il mancato pagamento di un debito IVA sorto prima del suo incarico?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’amministratore in carica al momento della scadenza del termine di pagamento è penalmente responsabile per l’omissione, anche se il debito si riferisce a un periodo d’imposta precedente. Egli ha il dovere di verificare la situazione fiscale della società e di provvedere al saldo.

La crisi di liquidità di un’azienda può giustificare l’omesso versamento IVA?
No. La giurisprudenza costante della Cassazione stabilisce che la crisi di liquidità non è una causa di forza maggiore che esclude la colpevolezza. Essa rientra nel normale rischio economico d’impresa che l’amministratore è tenuto a gestire.

Cosa deve fare un amministratore che si trova impossibilitato a pagare i debiti tributari della società per evitare una condanna?
L’amministratore deve adottare tutte le iniziative possibili per provvedere al pagamento, anche attingendo al patrimonio personale. Qualora ciò non sia possibile, per evitare la responsabilità penale, avrebbe dovuto, prima della scadenza del termine, attivarsi per chiedere la liquidazione giudiziale (fallimento) della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati