Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Brescia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/9/2022 della Corte d’appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
Depositata in Cancelleria
Oggi, GLYPH DATA_NASCITA FEB, 21124
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 settembre 2022 la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti della sentenza del 17 novembre 2021 del Tribunale di Brescia con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, lo stesso era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000 (ascrittogli per avere, quale titolare dell’impresa individuale omonima, omesso di versare l’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno 2016 entro il termine previsto per il pagamento dell’acconto dovuto per il periodo d’imposta successivo, pari a euro 736.855,00; in Concesio, il 27 dicembre 2017), venendo conseguentemente condannato alla pena di un anno di reclusione, con l’applicazione RAGIONE_SOCIALE pene accessorie di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 74 del 2000 e con la confisca del profitto del reato, in via diretta e per equivalente.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a un unico articolato motivo, con il quale ha denunciato la violazione di disposizioni di legge penale e un vizio della motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato ascrittogli, evidenziando che la dichiarazione Iva era stata presentata tramite un intermediario, a distanza di circa un mese rispetto alla cessazione dell’impresa del ricorrente e senza che questi avesse mai avuto contatti con l’RAGIONE_SOCIALE a proposito di eventuali irregolarità di tale dichiarazione.
Ha evidenziato la mancata dimostrazione di qualsiasi condotta del ricorrente preordinata alla sottrazione al pagamento dell’imposta, in quanto, avendo l’impresa cessato l’attività il 31 gennaio 2017 ed essendo la dichiarazione stata presentata il 28 febbraio 2017, il ricorrente, quasi settantenne all’epoca dei fatti, si era solamente colposamente disinteressato RAGIONE_SOCIALE sorti di tale dichiarazione e degli ultimi adempimenti connessi alla cessata carica di amministratore, con la conseguente insussistenza dell’elemento soggettivo del reato addebitatogli.
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando le modalità di manifestazione della condotta, l’ammontare dell’imposta evasa (superiore di gran lunga alla soglia di rilevanza penale), l’irrilevanza della rettifica compiuta dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, l’avvenuta presentazione della dichiarazione Iva (indicativa della consapevolezza della doverosità del versamento), GLYPH la GLYPH natura GLYPH individuale dell’impresa (che responsabilizzava direttamente l’amministratore), la distanza temporale tra la presentazione della dichiarazione in data 28 febbraio 2017 e la scadenza del
termine per il versamento in data 27 dicembre 2017, ricordando che l’elemento soggettivo del reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto di cui all’art. 10 ter del d.lgs. n. 74 del 2000, è il dolo generico (si richiama la sentenza n. 3098 del 05/11/2015) e che sono irrilevanti i motivi della scelta dell’agente di non versare il tributo (si richiama la sentenza n. 8352 del 24/06/2014).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va, anzitutto, rammentato che l’art. 10 ter d.lgs. 74/2000 (omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto) prevede come reato il fatto di chi non versa l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo.
Tale reato si consuma nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (Sez. U., n. 37424 del 28/03/2103, Romano, Rv. 25575); ciò che rileva è, quindi, l’indicazione nella dichiarazione di un debito d’imposta e l’inadempimento alla conseguente e corrispondente obbligazione di pagamento, rimanendo prive di rilievo, ai fini della configurabilità del reato e del superamento della soglia di punibilità, sia l’effettiva riscossione RAGIONE_SOCIALE somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate (tranne che nei casi di applicabilità del regime di “Iva per cassa”, cfr. Sez. 3, n. 6220 del 23/01/2018, COGNOME, Rv. 272069; Sez. 3, n. 19099 del 06/03/2013, COGNOME, Rv. 255327), sia la condotta successiva dell’obbligato, stante la natura del reato, che è omissivo proprio a consumazione istantanea (v. Sez. 3, n. 8521 del 21/09/2018, dep. 27/02/2019, COGNOME, Rv. 275010; Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 263126).
Quanto all’elemento soggettivo e alla punibilità, va ricordato che è richiesto il dolo generico, integrato dalla condotta omissiva posta in essere nella consapevolezza della sua illiceità, a nulla rilevando i motivi della scelta dell’agente di non versare il tributo (così Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263127; conf. Sez. 3, n. 3098 del 05/11/2015, dep. 2016, Vanni, Rv. 265939).
Ora, nel caso in esame, la Corte d’appello ha già disatteso con motivazione adeguata i rilievi del ricorrente in ordine alla mancanza dell’elemento soggettivo, sottolineando la provenienza dal ricorrente medesimo della dichiarazione Iva 2017 relativa all’anno d’imposta 2016, nella quale era indicato un debito per tale imposta dell’ammontare di euro 736.855,00, e l’irrilevanza della dedotta mancata conoscenza da parte del ricorrente medesimo della comunicazione della RAGIONE_SOCIALE
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RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con la quale l’imposta dovuta era stata rideterminata nella maggior somma di euro 879.773,00, non incidendo tale aspetto sulla volontarietà della condotta omissiva contestata (tra l’altro con riferimento all’imposta indicata come dovuta nella dichiarazione presentata dal ricorrente e non a quella conseguente alla rettifica compiuta dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), come pure la cessazione dell’impresa del ricorrente, permanendo detto obbligo in capo al titolare dell’impresa anche successivamente alla cessazione della stessa, in quanto esso sorge al momento del compimento nel corso dell’anno d’imposta RAGIONE_SOCIALE operazioni rilevanti a fini Iva e assume rilevanza penale nel momento del superamento della soglia di punibilità, che nel caso in esame si è ampiamente verificato e non è neppure stato contestato dal ricorrente.
Tali rilievi, idonei a giustificare l’affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato al ricorrente, sono da questi stati censurati riproponendo i medesimi argomenti già confutati dalla Corte d’appello, dunque in modo generico, in quanto privo di autentico confronto critico con la motivazione e la ratio decidendi del provvedimento impugnato, e, comunque, per ragioni manifestamente infondate, alla luce della accertata riconducibilità dell’omesso versamento a un comportamento certamente volontario del ricorrente, non potendo certo attribuirsi a mera negligenza detta omissione, posta la piena consapevolezza dell’obbligo, derivante dalla presentazione della dichiarazione.
Ne consegue, in definitiva, la manifesta infondatezza dei generici rilievi posti a fondamento del ricorso, che ne comportano l’inammissibilità.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso il 13/12/2023