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Omesso versamento IVA: la crisi di liquidità non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16526/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per omesso versamento IVA e bancarotta preferenziale. La Corte ha stabilito che la crisi di liquidità, anche se dovuta a mancati pagamenti da parte dei clienti, non costituisce forza maggiore e non esclude il dolo del reato. Inoltre, ha chiarito i rigidi presupposti per l’applicazione della nuova causa di non punibilità introdotta nel 2024, sottolineando che l’onere della prova grava sull’imputato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omesso versamento IVA e crisi di liquidità: quando l’imprenditore non è scusato

L’omesso versamento IVA è un reato che pone spesso gli imprenditori di fronte a scelte difficili, specialmente in periodi di crisi economica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 16526/2025) ha ribadito principi consolidati e fornito chiarimenti cruciali su una nuova causa di non punibilità, confermando che la crisi di liquidità, di per sé, non è sufficiente a scagionare l’amministratore. Analizziamo il caso e le conclusioni dei giudici supremi.

Il caso: bancarotta e omesso versamento IVA

Il caso riguarda l’amministratore di una società di vigilanza, dichiarato fallito e condannato in appello per bancarotta preferenziale e per l’omesso versamento IVA relativo all’anno d’imposta 2015. L’imprenditore aveva accumulato ingenti debiti fiscali e previdenziali, finanziando di fatto l’attività d’impresa attraverso il mancato pagamento delle imposte.

La difesa dell’imprenditore

L’amministratore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:
1. Mancanza di dolo per i reati fiscali: Sosteneva di aver agito in uno stato di ‘forza maggiore’ a causa di una grave crisi di liquidità, provocata dai mancati pagamenti da parte dei clienti. La scelta di pagare gli stipendi ai dipendenti, anziché le imposte, era finalizzata a garantire la continuità aziendale.
2. Insussistenza del dolo specifico per la bancarotta preferenziale: Affermava che i pagamenti ai dipendenti erano volti a salvaguardare l’attività sociale e a evitare il fallimento, obiettivo che riteneva ragionevolmente perseguibile.

Inoltre, la difesa ha invocato una nuova causa di non punibilità, introdotta dal D.Lgs. 87/2024, legata proprio alle crisi di liquidità non imputabili all’autore del reato.

Omesso versamento IVA: la crisi di liquidità non è forza maggiore

La Cassazione ha respinto con fermezza la tesi della forza maggiore. Secondo i giudici, l’inadempimento degli obblighi fiscali dovuto a una crisi di liquidità rientra nell’ordinario rischio d’impresa. La scelta consapevole di destinare le risorse disponibili al pagamento degli stipendi anziché al versamento dell’IVA non esclude il dolo, ma anzi ne costituisce la prova. Questa scelta, pur dettata da motivi comprensibili come la salvaguardia dell’occupazione, non elimina la coscienza e la volontà di violare la norma fiscale.

L’onere della prova sulla nuova causa di non punibilità

Di particolare interesse è l’analisi della Corte sulla nuova causa di non punibilità per i reati di omesso versamento IVA e ritenute. La legge richiede che la crisi di liquidità sia:
Sopravvenuta: Deve manifestarsi dopo l’incasso dell’IVA da parte dell’impresa.
Non imputabile: Deve derivare da fattori esterni e imprevedibili, come l’insolvenza accertata di terzi.

La Corte ha sottolineato che l’onere di provare questi presupposti grava sull’imputato. Nel caso di specie, l’imprenditore non ha fornito alcuna prova specifica. Anzi, la situazione di crisi era preesistente e cronica, risalendo ad anni precedenti, il che escludeva in radice l’applicabilità della nuova norma.

Il dolo nella bancarotta preferenziale

Anche il motivo relativo alla bancarotta preferenziale è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito che il dolo di questo reato non è escluso quando l’amministratore effettua pagamenti preferenziali (ad esempio, ai dipendenti) con la finalità di salvare l’azienda, se il fallimento è di fatto un esito inevitabile. Nel caso esaminato, la società versava in uno stato di insolvenza conclamata, con un patrimonio netto negativo superiore a 1,3 milioni di euro. In un simile contesto, la possibilità di evitare il fallimento era irrealistica, e la scelta di pagare solo alcuni creditori a danno dell’Erario integrava pienamente il reato.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa del dolo nei reati tributari e fallimentari. Per l’omesso versamento IVA, il dolo è generico e consiste nella semplice scelta consapevole di non versare l’imposta dovuta. Le difficoltà economiche non sono una scusante, ma parte del rischio imprenditoriale che l’amministratore deve gestire. Per la bancarotta preferenziale, la finalità di salvaguardia aziendale non è sufficiente a escludere il reato se la situazione finanziaria è talmente compromessa da rendere il dissesto irreversibile. In tal caso, prevale il principio della par condicio creditorum, ossia la parità di trattamento di tutti i creditori.

Le conclusioni

La sentenza conferma un orientamento consolidato: la responsabilità penale dell’amministratore per reati fiscali e fallimentari non viene meno di fronte a una generica crisi di liquidità. L’introduzione di nuove cause di non punibilità, pur rappresentando un’apertura del legislatore, è soggetta a condizioni rigorose e a un preciso onere probatorio a carico dell’imputato. Gli imprenditori sono chiamati a una gestione prudente, che non può basarsi sulla sistematica violazione degli obblighi fiscali per finanziare l’attività d’impresa, soprattutto quando lo stato di crisi è ormai strutturale e non più transitorio.

La crisi di liquidità di un’azienda giustifica l’omesso versamento dell’IVA?
No, secondo la Cassazione la crisi di liquidità fa parte del normale rischio d’impresa. La scelta di pagare altri debiti (come gli stipendi) al posto dell’IVA non esclude la responsabilità penale, ma al contrario dimostra la volontà cosciente di non versare il tributo.

Quali sono i requisiti della nuova causa di non punibilità per omesso versamento IVA?
La nuova causa di non punibilità richiede che il mancato pagamento dipenda da una crisi di liquidità non transitoria, che sia sopravvenuta all’incasso dell’IVA e che derivi da cause non imputabili all’imprenditore (es. insolvenza accertata di terzi o mancati pagamenti della P.A.). È onere dell’imputato provare rigorosamente tutte queste circostanze.

Pagare gli stipendi per evitare il fallimento configura bancarotta preferenziale?
Sì, può configurare bancarotta preferenziale. Se lo stato di insolvenza è così grave da rendere il fallimento oggettivamente inevitabile, pagare preferenzialmente i dipendenti a scapito di altri creditori (come l’Erario) integra il reato, perché viene violata la parità di trattamento tra creditori senza una ragionevole prospettiva di salvare l’azienda.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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