Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47624 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47624 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Bologna il 12/09/1967, avverso la sentenza del 13/02/2024 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 ottobre 2022, il Tribunale di Bologna condannava NOME COGNOME alla pena di nove mesi di reclusione, in quanto rite responsabile del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000, avendo costui, quale legale rappresentante della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, omesso il versamen dell’imposta sul valore aggiunto per il periodo d’imposta 2015, applicando pene accessorie di legge e disponendo la confisca per equivalente del profitto reato di beni nella disponibilità dell’imputato fino alla concorrenza di 1.220.581,00.
Con sentenza del 13 febbraio 2024, la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, lamenta violazione ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen., delle norme di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 in relazione all’art. 1 d.P.R. n. 633/1972, nonché violaz degli artt. 192, 530, comma 2, 533 e 546 cod. proc. pen.; manifesta illogi della motivazione ex art. 606, lettera e), cod. proc. pen.
In sintesi, la difesa deduce che l’interpretazione della norma di cui al 10-ter d.lgs. n. 74/2000 contenuta nella motivazione della sentenza impugnat non tiene conto della circostanza che VIVA non versata, oltre che risultare da dichiarazione, deve essere anche dovuta in base a cessioni di beni o prestazi di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di i Conseguentemente, il ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe dovut verificare se VIVA indicata in dichiarazione fosse dovuta e, in ipotesi, in termini lo fosse ai fini del superamento o meno della soglia di punibi Richiama, in proposito, i dati emergenti dall’elaborato del consulente tecn dott.ssa NOME COGNOME secondo i quali era intervenuta una falsificazio ed alterazione dei dati di bilancio della NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE per l’anno attraverso un fittizio incremento di ricavi di vendita per euro 5.000,000,00 cui l’operazione descritta e posta a bilancio non aveva alcun agganci substrato sostanziale, esistendo solo sulla carta, senza che in concreto stata effettuata alcuna prestazione di servizi o cessione di beni. Sostiene, q che, poiché la voce che indicava un fittizio incremento dei ricavi di vendit euro 5.000.000,00, apposta nel bilancio dell’impresa del 2015, era del t sfornita di fondamento e base economica, poiché non era stata eseguita alcun operazione cui applicare il tributo, occorreva rideterminare il debito IVA effe in misura sotto soglia e così pervenire ad una pronuncia liberatoria nei confr
dell’imputato. Del resto, se il ricorrente avesse omesso di presentare la dichiarazione IVA sarebbe incorso nella contestazione di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74/2000, usufruendo del regime ricostruttivo della soglia d’imposta evasa secondo lo standard della prevalenza del debito effettivo su quello (non dichiarato) computato in sede tributaria.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso proposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Occorre premettere che, nel caso in esame, ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioè ad una c.d. “doppia conforme”. Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello che, a presidio del devolutum, discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, Giugliano, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazione secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. nel caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza (Sez. 1, n. 33298 del 22/04/2024, Fall).
Tanto premesso, la Corte di merito, nel prendere in esame l’analogo motivo di appello, ha precisato che il debito erariale rilevante ai fini del reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto è solo quello oggetto della dichiarazione annuale, atteso che la presentazione della dichiarazione costituisce un presupposto necessario ai fini della consumazione del reato e l’agente deve rappresentarsi che l’oggetto della condotta omissiva è proprio il debito
dichiarato, non quello risultante aliunde, poiché la fattispecie non è strutturata intorno al debito effettivo, ma solo a quello dichiarato, con la conseguenza che reato non è integrato qualora nella stessa dichiarazione sia esposto un cred tributario. Aggiunge la Corte territoriale che le discrasie tra il debito e dichiarato e quello effettivo hanno il proprio terreno elettivo nei reati in m di dichiarazione di cui agli artt. 2, 3 e 4 d.lgs. n. 74/2000, i quali ben concorrere con il reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000.
L’argomentare della Corte di appello di Bologna è conforme ai principi ripetutamente affermati da questa Corte.
Si è infatti affermato che ai fini della integrazione del reato di om versamento dell’IVA di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, l’entità somma da versare, costituente il debito IVA, è quella risultante da dichiarazione del contribuente e non quella effettiva, desumibile dalle annotazio contabili (Sez. 3, n. 14595 del 17/11/2017, dep. 2018, Strada, Rv. 272552) l’imposta dovuta, di regola, è proprio quella indicata nel rigo VL38 di dichiarazione, potendo, tuttavia, il giudice prescindere da tale importo, se non è giustificato dall’esame formale della dichiarazione stessa (Sez. 3, n. 2 del 18/05/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275686). Soltanto incongruenze eventualmente rilevabili in base alla mera analisi della dichiarazione posso consentire di eventualmente “rettificare” l’importo dal contribuente riconosci come dovuto, mentre – come le sentenze citate hanno espressamente affermato – laddove la diversa quantificazione dell’imposta sia effettuata in for accertamenti sostanziali sulla non corrispondenza al vero delle voci attiv passive in essa indicate saranno eventualmente ravvisabili i più gravi reati di agli artt. 2, 3, e 4 del d.lgs. n. 74 del 2000. Nel solco di questo orient deve essere ricondotta la decisione (Sez. 3, n. 9049, 05/12/2012, dep. 201 Mannone, n.m.) in cui si è ritenuto irrilevante che il contribuente non ave compilato l’ultimo rigo della dichiarazione (dedicato all’appostazione dell’impo a debito risultante), atteso che l’analisi della dichiarazione consentiva, in dati in essa indicati, di liquidare agevolmente l’imposta dovuta come superi alla soglia penalmente rilevante. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Coerentemente con il descritto orientamento, che prescinde dalla non corrispondenza del debito dichiarato con quello (in ipotesi diverso) risult dalla contabilità dell’impresa, essendo la fattispecie strutturata essenzial sul debito indicato in dichiarazione, ovverosia il debito “dichiarato dovuto”, pronuncia Sez. 3, n. 31367 del 21/04/2021, è stata annullata l’ordinanza Tribunale del riesame che aveva accolto l’appello del pubblico ministero disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto, dirett equivalente, in relazione al reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 in un
caso in cui era stato falsamente indicata in dichiarazione l’entità dell’importo dichiarato come versato ai fini IVA in sede di acconti periodici. Nell’esame di tale vicenda è stato ribadito che, al di là di un eventuale errore di calcolo che sia evidente dalla mera lettura della dichiarazione annuale e che consenta di immediatamente comprendere che l’importo in essa indicato come dovuto sia superiore alla soglia di punibilità, ciò che rileva ai fini dell’integrazione del reato proprio – e soltanto – l’importo “dichiarato dovuto”. Ed è stato anche affermato che, laddove la dichiarazione presentata sia falsa, sussistendone gli estremi ricorreranno le ipotesi di reato dichiarative previste dagli artt. 2, 3 o 4 d.lgs 74/2000, le quali potranno anche concorrere con il reato di omesso versamento, ma soltanto laddove questo sia, nella sua materialità, sussistente, vale a dire quando la dichiarazione di per sé indichi (quantomeno) un’imposta dovuta superiore alla soglia di non punibilità che non sia poi di fatto versata (Sez. 3, n. 31367 del 21/04/2021, Agic, Rv. 282211; nello stesso senso, Sez. 3, n. 43569 del 13/09/2023, Giarè, Rv. 285315; Sez. 3, n. 32731 del 09/06/2023, Sicignano).
Nel caso di specie risulta, dal testo della motivazione della sentenza impugnata, che il debito erariale dichiarato era complessivamente pari a 1.220.581,00 euro e che autore della dichiarazione era l’odierno ricorrente, all’epoca legale rappresentante della società. I giudici del merito hanno fatto, pertanto, corretta applicazione dei principi sopra richiamati e con motivazione ineccepibile sul piano del diritto, rilevato che il debito erariale, risultante in bas alle dichiarazione annuale del 2015, non era stato versato entro il termine per il versamento dell’acconto dell’imposta per l’anno successivo, hanno escluso ogni rilievo sulla obbligazione di versamento dell’imposta della alterazione dei dati di bilancio fatta rilevare nella consulenza contabile dalla dott.ssa NOME COGNOME.
Contrariamente all’assunto difensivo, non si tratta di una interpretazione formalistica della norma incriminatrice, bensì di interpretazione letterale a presidio del principio di legalità.
In conclusione, stante la infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 29/10/2024