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Omesso versamento contributi: no scusa il concordato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un amministratore per omesso versamento contributi previdenziali, chiarendo che la presentazione di una domanda di concordato preventivo non costituisce di per sé una causa di giustificazione. La responsabilità penale viene meno solo in presenza di un esplicito provvedimento del tribunale che vieti il pagamento. Inoltre, la crisi di liquidità aziendale non è considerata una causa di forza maggiore idonea a escludere il reato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omesso versamento contributi: il concordato preventivo non è una scusa

L’omesso versamento contributi è un reato che può avere serie conseguenze per un imprenditore. Ma cosa succede se l’azienda è in una grave crisi finanziaria e ha avviato le procedure per un concordato preventivo? Può questa situazione giustificare il mancato pagamento? Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta chiara e rigorosa, stabilendo che la sola domanda di concordato non basta a escludere la responsabilità penale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda l’amministratore di una società, condannato per non aver versato le ritenute previdenziali e assistenziali dovute per le retribuzioni dei lavoratori relative al mese di dicembre 2017, per un importo superiore a 50.000 euro. L’amministratore era stato nominato da pochi giorni con il compito specifico di gestire il deposito della domanda di concordato preventivo, a fronte di una crisi aziendale che si protraeva da anni. La difesa sosteneva che l’obbligo di rispettare la par condicio creditorum, cardine della procedura concorsuale, gli imponesse di non pagare debiti pregressi, creando una causa di giustificazione.

I Motivi del Ricorso e l’Omesso versamento contributi

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre argomenti principali:

1. Mancanza di prova: Non vi era prova certa che le retribuzioni di dicembre 2017 fossero state effettivamente pagate ai lavoratori, presupposto necessario per far sorgere l’obbligo del versamento dei contributi.
2. Scriminante del concordato: La pendenza della procedura di concordato preventivo, con il divieto di pagare debiti anteriori, costituiva l’adempimento di un dovere imposto dalla legge (art. 51 c.p.), che avrebbe dovuto escludere il reato.
3. Forza maggiore: La grave e conclamata crisi di liquidità dell’azienda rappresentava una causa di forza maggiore (art. 45 c.p.) che rendeva impossibile adempiere al pagamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno smontato una per una le tesi difensive, aderendo a un orientamento giurisprudenziale consolidato e rigoroso.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su principi giuridici molto chiari. Innanzitutto, per quanto riguarda la prova del pagamento degli stipendi, la Corte ha sottolineato che la presentazione da parte della stessa società dei modelli UNIEMENS all’INPS costituisce una dichiarazione che attesta l’avvenuta corresponsione delle retribuzioni. Tale dichiarazione è sufficiente a far sorgere l’obbligo di versare i relativi contributi.

Il punto centrale della decisione riguarda il rapporto tra omesso versamento contributi e concordato preventivo. La Cassazione ha chiarito che la procedura di concordato non priva l’imprenditore della gestione dei beni aziendali, ma la limita. L’obbligo di non pagare debiti anteriori per rispettare la parità di trattamento tra i creditori non è automatico. La responsabilità penale per l’omissione può essere esclusa solo se interviene un provvedimento specifico e legittimo del tribunale che vieta espressamente quel pagamento. Nel caso di specie, il debito contributivo era scaduto dopo il deposito della domanda di concordato e non vi era alcun ordine del giudice che ne impedisse il saldo. Pertanto, il dovere di versare i contributi rimaneva pienamente in vigore.

Infine, è stata respinta anche la tesi della forza maggiore. La giurisprudenza è costante nell’affermare che la crisi di liquidità, per quanto grave, non costituisce forza maggiore. Quest’ultima richiede un evento totalmente imprevedibile, inevitabile ed estraneo alla sfera di controllo dell’imprenditore, tale da rendere l’adempimento assolutamente impossibile e non semplicemente difficile. La difficoltà economica è considerata un rischio d’impresa che non può giustificare la commissione di un reato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la crisi d’impresa e l’avvio di una procedura di concordato preventivo non costituiscono un’esenzione automatica dalla responsabilità penale per l’omesso versamento contributi. Gli amministratori che si trovano in questa difficile situazione non possono semplicemente decidere di non pagare. Per evitare conseguenze penali, è indispensabile che vi sia un esplicito ordine del tribunale a vietare il pagamento. In assenza di tale provvedimento, l’obbligo di versare i contributi previdenziali e assistenziali per i propri dipendenti resta un dovere inderogabile, la cui violazione è penalmente sanzionata.

La presentazione di una domanda di concordato preventivo giustifica l’omesso versamento dei contributi previdenziali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola presentazione della domanda non è sufficiente. L’omissione può essere giustificata solo se interviene un provvedimento specifico del tribunale che vieta espressamente il pagamento di quel debito.

Una grave crisi di liquidità aziendale può essere considerata una causa di “forza maggiore” che esclude la punibilità per il mancato pagamento dei contributi?
No. La Corte ha ribadito che la crisi di liquidità e le difficoltà economiche, anche se gravi, non costituiscono forza maggiore. La forza maggiore richiede un evento imprevedibile, inevitabile ed esterno alla volontà dell’agente, che renda l’adempimento assolutamente impossibile, non solo difficile.

Come viene provato che i salari sono stati pagati, facendo così sorgere l’obbligo di versare i contributi?
La prova si basa sulla presentazione da parte della stessa azienda dei modelli telematici (UNIEMENS) all’INPS. Questi modelli, essendo dichiarazioni fornite dal contribuente, sono considerati una dimostrazione dell’avvenuta corresponsione delle retribuzioni e, di conseguenza, della nascita dell’obbligo contributivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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