Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39133 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 06/07/2023 della Corte di appello di Trieste, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito per l’imputato l’AVV_NOTAIO, per delega dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATrO
1.Con sentenza in data 6 luglio 2023 la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza in data 3 marzo 2022 del Tribunale di Pordenone che aveva condannato NOME COGNOME alle pene di legge per aver omesso di versare all’RAGIONE_SOCIALE le trattenute sulle retribuzioni dei lavoratori relative ai mesi di maggio, giugno, luglio e ottobre 2016 per euro 30.644,00.
Ricorre per cassazione l’imputato per violazione di norme processuali e travisamento della prova in ordine al perfezionamento della notifica dell’avviso di pagamento dei contributi contestati. Espone che già nell’ottobre 2016 non era più
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amministratore della sua società, all’epoca RAGIONE_SOCIALE, perché era mutata sia la compagine sociale, sia l’amministratore, sia il nome della società che la sede sociale. Non era quindi tenuto al pagamento e non era l’autore del reato. Ciò nondimeno, si era fatto parte diligente e, venuto a conoscenza della pendenza di contributi non versati, in seguito alla notifica del decreto penale di condanna, aveva cercato di pagare, anche contattando la nuova amministratrice, ma non ci era riuscito, perché l’RAGIONE_SOCIALE aveva comunìcato che non poteva accettare il pagamento senza la delega dell’amministratrice ín carica.
CONSIDERATO IN DIRMO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il delitto di omesso versamento RAGIONE_SOCIALE ritenute previdenziali e assistenziali, di cui all’art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 483, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, modificato dall’art. 3, comma 6, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha introdotto la soglia di punibilità di euro diecimila annui, si configura come fattispecie connotata da progressione criminosa, nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell’ultima mensilità, ossia con la data del 16 gennaio dell’anno successivo (Sez. 3, n. 9196 del 09/01/2024, Puleri, Rv. 286019 – 01).
Nel caso in esame il delitto è stato accertato al 16 gennaio 2017 e l’imputato non contesta l’esistenza del debito, ma adduce a sua discolpa l’omesso accertamento dell’avviso di accertamento da parte dell’RAGIONE_SOCIALE e una serie di problemi connessi al cambio di amministrazione.
Tale seconda parte della difesa è ininfluente ai fini della decisione perché il reato si era già consumato quando il ricorrente aveva iniziato ad attivarsi per pagare il debito. La prima parte invece è destituita di fondamento perché risulta in atti che l’RAGIONE_SOCIALE ha ritualmente effettuato la notifica della raccomandata, relativa all’avviso di accertamento dei contributi previdenziali, in data 21 gennaio 2019, raccomandata ricevuta dalla suocera dell’imputato con lui all’epoca convivente come da certificato di residenza anagrafico.
La circostanza secondo cui la suocera non gli avrebbe consegnato la raccomandata, e quindi non si sarebbe maturata la prova della conoscenza effettiva della diffida ad adempiere, è stata solo genericamente prospettata. Il ricorrente non si è confrontato con la parte della decisione che ha individuato come formidabile riscontro della conoscenza effettiva il pagamento, dopo la notifica,
della somma di euro 11.560, corrispondente alle quote in diffida relative al me di luglio 2016.
Quanto all’obbligo di pagamento dei contributi previdenziali, è pacifico in giurisprudenza, come già sottolineato dal Tribunale, che tenuto ad adempiere alla diffida inviata aì sensi 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, conv. dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, è colui che era obbligato al versamento al momento dell’insorgenza del debito contributivo, anche se “medio tempore” abbia perduto la rappresentanza o la titolarità dell’impresa, in quanto il predetto adempimento costituisce una causa personale di esclusione della punibilítà, sicché vi è tenuto soltanto l’autore del reato (Sez. 3, n. 17695 del 11/01/2019, Vallebona, Rv. 275448 – 01. Quindi, anche sotto questo profilo, la censura non coglie nel segno.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata ìn via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Così deciso, il 16 aprile 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Presidente