Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1941 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1941 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BELVEDERE MARITTIMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2022 della CORTE APPELLO di POTENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che
ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 novembre 2022, la Corte di appello di Potenza, ha riformato la sentenza di assoluzione pronunciata 1’11 aprile 2018 dal Tribunale di Lagonegro nei confronti di NOME COGNOME responsabile dell’Ufficio Tecnico del RAGIONE_SOCIALE Viggianello e progettista dei lavori di completamento e ripristino della strada comunale extraurbana “Falascoso-Cropani”. La sentenza di assoluzione è stata confermata, invece, quanto alla posizione di NOME COGNOME, assessore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Viggianello con delega alla viabilità e ai lavori pubblici. La Corte di appello ha ritenuto la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 589 cod. pen. commesso il 21 novembre 2014 in danno di NOME COGNOME, aggravato da violazione RAGIONE_SOCIALE norme in materia di circolazione stradale, e lo ha condannato, previa concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di reclusione.
COGNOME è stato condannato, inoltre, al risarcimento dei danni patiti e alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese processuali sostenute dalle parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Per la liquidazione dei danni le parti sono state rimesse di fronte al giudice civile, ma sono state fissate provvisionali provvisoriamente esecutive (C 100.000,00 in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME; C 50.000,00 in favore di NOME COGNOME).
2. L’evento letale oggetto del procedimento si verificò nella notte tra il 20 e il 21 novembre 2014 lungo la strada comunale extraurbana “INDIRIZZOCropani” in INDIRIZZO, agro del RAGIONE_SOCIALE di Viggianello, in un punto in cui la strada si immette su un ponte che scavalca il torrente Frida. Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito (che non dissentono per questa parte), NOME COGNOME si trovava alla guida della Fiat 500 targata TARGA_VEICOLO e, giunto all’altezza del ponte, perse il controllo dell’auto che si ribaltò e precipitò nel letto del torrente causand al conducente gravissime lesioni che ne determinarono il decesso.
NOME COGNOME è stato chiamato a rispondere della morte di NOME COGNOME quale progettista dei lavori di completamento e ripristino del tratto di strada nel quale si verificò l’incidente e di responsabile dell’Ufficio tecnico del comune di Viggianello. Gli è stato contestato, in particolare, di aver omesso «di prevedere idonei dispositivi di protezione atti al contenimento dei veicoli che dovessero tendere alla fuoriuscita dalla carreggiata stradale». Secondo l’ipotesi accusatoria, quale progettista dei lavori, COGNOME avrebbe violato il d.nn. 18 febbraio 1992 n. 223 che contiene «istruzioni e prescrizioni per la progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere stradali di sicurezza». In particolare, avrebbe violato l’art. 2 del citato d.nn. che indica i casi nei quali i progetti esecutivi relativ
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strade pubbliche extraurbane e urbane devono comprendere un apposito allegato riguardante i tipi di barriere da adottare a tutela della sicurezza stradale. A COGNOME – che all’epoca dei fatti, era responsabile dell’ufficio tecnico del RAGIONE_SOCIALE di Viggianello – erano stati contestati ulteriori profili di colpa consistiti n non aver provveduto all’ordinaria manutenzione della strada e non aver previsto l’apposizione di segnaletica verticale e orizzontale, ma tali profili di colpa non rilevano in questa sede perché sono stati esclusi dal giudice di primo grado e la Corte di appello non li ha posti a fondamento dell’affermazione della penale responsabilità.
2.2. Investita della decisione a seguito dell’impugnazione proposta dal Pubblico ministero e dalle parti civili, la Corte di Appello di Potenza ha provveduto
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a rinnovazione istruttoria procedendo a nuovo esame di alcuni testimoni e nominando un perito in persona dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO. All’esito, ha pronunciato sentenza di condanna.
La Corte territoriale non ha smentito esplicitamente le argomentazioni con le quali il Tribunale aveva escluso profili di colpa connessi all’omessa manutenzione della strada o all’omessa predisposizione di segnaletica di pericolo. Ha ritenuto, tuttavia, richiamando argomentazioni sviluppate nel proprio elaborato dall’AVV_NOTAIO COGNOME, che la mancata apposizione di barriere protettive nel tratto prospiciente il ponte che sovrasta il torrente Frida abbia comportato la violazione dell’art. 3 RAGIONE_SOCIALE «istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza stradale» allegate al d.m. 223/1992, in base al quale «la protezione prevista dal decreto» deve riguardare «i bordi di tutte le opere d’arte all’aperto, quali ponti, viadotti, ponticelli, sovrappassi e muri di sostegn della carreggiata, indipendentemente dalla loro estensione longitudinale e dall’altezza dal piano di campagna» e deve estendersi «oltre lo sviluppo longitudinale strettamente corrispondente all’opera, sino a raggiungere punti (prima e dopo l’opera) per i quali possa essere ragionevolmente escluso il rischio di conseguenze disastrose derivanti dalla fuoriuscita di veicoli dalla carreggiata».
Secondo l’interpretazione fornita dai giudici di secondo grado, la predisposizione di barriere protettive è comunque prevista, in presenza di ponti e viadotti situati in posizione pericolosa, a prescindere dalla velocità massima per la quale la strada è progettata. Tali barriere, infatti, devono essere sempre previste ai bordi dei ponti e devono estendersi oltre lo sviluppo longitudinale degli stessi in modo da escludere il rischio di fuoriuscita dei veicoli dalla carreggiata.
Muovendo da queste premesse, la Corte di appello osserva che l’auto condotta da NOME COGNOME uscì di strada proprio nel punto in cui, dopo una doppia curva e un rettilineo di circa 13 metri, la strada si restringe, immettendosi sul ponte che scavalca il torrente con un «dislivello altimetrico fra la pavimentazione del ponte e il fondo del torrente pari a circa 10,8 metri» (pag. 9 della motivazione).
Rileva inoltre (pag. 14 e pag. 15 della motivazione):
che il tratto di strada adiacente al ponte ricadente nel territorio del RAGIONE_SOCIALE di San NOME COGNOME presentava un parapetto di protezione; assente, invece, nel punto di uscita del veicolo dalla carreggiata, che ricade nel territorio del RAGIONE_SOCIALE di Viggianello;
che COGNOME aveva predisposto il progetto dei lavori di ripristino della strada «preliminarmente nel 1997 ed esecutivamente in data 3 febbraio 1998 senza prevedere l’impianto di barriere di sicurezza nel tratto di strada a ridosso del ponte sul torrente»;
che egli era «titolare di una posizione di garanzia rispetto all’omessa adozione di barriere protettive» non solo quale progettista, ma anche quale responsabile dell’Ufficio tecnico del RAGIONE_SOCIALE di Viggianello; l’art. 107 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, infatti, attribuisce ai dirigenti degli enti locali «compiti gestione amministrativa finanziaria e tecnica» e conferisce loro «autonomi poteri di organizzazione RAGIONE_SOCIALE risorse»;
che la presenza di barriere protettive «avrebbe certamente contenuto l’impatto dell’autovettura» e avrebbe impedito all’auto di precipitare nel letto del torrente;
che il profilo di colpa ascrivibile a NOME per aver superato il limite di veloci di 30 km/h previsto in quel tratto di strada «non costituisce fattore idoneo ad interrompere il nesso di causalità» tra la condotta colposa di COGNOME e l’evento letale.
Contro la sentenza della Corte di appello, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore munito di procura speciale. Il ricorso si articola in più motivi che vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
3.1. Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per essere stato ritenuto applicabile ad una strada locale extraurbana con una velocità di progetto non superiore ai 40 km/h – quale è la strada teatro del sinistro – l’art. 3 dell «istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza stradale» allegate al d.m. 223/92. Secondo la difesa, questa norma non amplia la categoria RAGIONE_SOCIALE strade che devono essere obbligatoriamente protette da barriere, ma, poiché si tratta di una disposizione integrativa del d.m. 223/92, si limita a specificare le modalità di realizzazione RAGIONE_SOCIALE barriere previste dall’art. del d.m. 223/02, barriere che devono essere realizzate solo nelle strade con velocità di progetto maggiore o uguale a 70 km/h.
3.2. Col secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione con riferimento alla disposizione dell’art. 107 ollgs. n. 267/2000. Rileva che la realizzazione RAGIONE_SOCIALE barriere non poteva essere richiesta all’imputato quale progettista dei lavori di ripristino della strada, e, a maggior ragione, non poteva essergli richiesta nella qualità di responsabile dell’Ufficio tecnico. Osserva che, avendo ipotizzato una posizione di garanzia ai sensi del citato art. 107, la Corte territoriale avrebbe dovuto spiegare perché, quale responsabile dell’Ufficio tecnico del RAGIONE_SOCIALE, COGNOME avrebbe dovuto sapere che nella strada di cui si tratta esisteva una situazione di pericolo e perché avrebbe potuto prevedere l’evento. Sottolinea che, come la sentenza impugnata riconosce, «su quel tratto di
strada, in oltre trent’anni dalla sua realizzazione, non si mai verificato alcu sinistro». Secondo la difesa, vi sarebbe contraddizione tra la decisione assunta con riferimento alla posizione dell’assessore NOME COGNOME e quella assunta con riferimento alla posizione di COGNOME. I giudici di appello, infatti, hanno confermato l’assoluzione di COGNOME sostenendo che egli non poteva avere alcuna specifica cognizione della condizione di pericolosità dei luoghi, ma hanno contraddittoriamente ritenuto a carico del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale una responsabilità di posizione.
La difesa sottolinea: che COGNOME si limitò a firmare il progetto dei lavori di completamento e ripristino della strada comunale; che, come risulta dalla sentenza impugnata, il ruolo di direttore dei lavori fu assunto dal geom. NOME COGNOME il quale ne certificò la regolarità; che i lavori progettati furo sensibilmente innovati nella fase esecutiva da una perizia di variante redatta dallo stesso COGNOME, ma neanche lui dispose che in adiacenza al ponte sul torrente Frida fossero predisposte barriere; che, in ragione del ruolo di responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, COGNOME non aveva alcuna autonomia di spesa e la sentenza impugnata ha ipotizzato che tale autonomia esistesse senza che nessuna prova fosse stata fornita in tal senso.
Sotto diverso profilo, la difesa sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente quanto al giudizio controfattuale. La Corte territoriale, infatti, non avrebbe spiegato perché l’imprudente condotta di guida tenuta dalla vittima non sarebbe una causa sopravvenuta idonea ad escludere la rilevanza causale della condotta omissiva ascritta al ricorrente. La Corte di appello ha riconosciuto, infatti, che NOME viaggiava su una strada di montagna, in orario notturno e con temperature rigide che potevano determinare la presenza di brina, a una velocità superiore a quella consentita.
3.3. Col terzo motivo, la difesa deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen. e rileva che la Corte di appello non ha compiuto un’adeguata e completa valutazione critica di tutti gli argomenti sulla base dei quali il Tribunale era giunto all’assoluzione. Sostiene, quindi, che la sentenza impugnata non avrebbe adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata che incombe sul giudice di secondo grado quando intenda riformare una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado. Secondo il ricorrente, nel caso di specie, lungi dal confrontarsi con le argomentazioni del giudice di primo grado, la Corte di appello di Potenza si sarebbe limitata a recepire le argomentazioni del perito e a ritenere non condivisibile l’interpretazione dell’art. 2 d.nn. 223/92 fornita da giudice di primo grado che aveva richiamato anche la circolare esplicativa emessa il 21 luglio 2010 dal RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto proprio quel d.nn. della quale la sentenza di appello non fa menzione.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Con memoria in data 13 novembre 2023, la difesa ha insistito per l’accoglimento.
Il difensore RAGIONE_SOCIALE parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
La sentenza impugnata è giunta all’affermazione della penale responsabilità di NOME COGNOME sulla base della constatazione che nel 1998 (quindi in epoca successiva alla pubblicazione del d.m. 223/92) egli aveva progettato lavori di completamento e ripristino della INDIRIZZO “INDIRIZZOCropani” senza prevedere l’impianto di barriere di sicurezza nel tratto di strada a ridosso del ponte sul torrente Frida.
Per giungere a tale conclusione la sentenza impugnata sostiene che l’obbligo di predisporre barriere di protezione nei tratti di strada resi pericolosi dall presenza di ponti sussiste a prescindere dal fatto che la velocità di progetto sia maggiore o uguale a 70 km/h. A sostegno di tale interpretazione, cita l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE «istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza stradale» allegate al d.m. 223/92, in base al quale le protezioni previste da quel decreto (e dunque anche quelle previste dall’art. 2) devono riguardare «i bordi di tutte le opere d’arte all’aperto, quali ponti, viadotti, ponticelli, sovrappa e muri di sostegno della carreggiata, indipendentemente dalla loro estensione longitudinale e dall’altezza dal piano di campagna a loro altezza». Ai sensi del citato art. 3, tali protezioni devono estendersi «oltre lo sviluppo longitudinale strettamente corrispondente all’opera, sino a raggiungere punti (prima e dopo l’opera) per i quali possa essere ragionevolmente escluso il rischio di conseguenze disastrose derivanti dalla fuoriuscita di veicoli dalla carreggiata».
Nel contrastare tali argomentazioni la difesa osserva che le istruzioni tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza stradale sono previste in un allegato al d.m. 223/92 e l’art. 3 citato nella sentenza riguarda le caratteristiche che le barriere previste dall’art. 2 del d.m. devono avere; non
estende dunque l’ambito applicativo di quella norma la quale – come il giudic primo grado ha ricordato (e come ricorda la circolare esplicativa emessa il 21 l 2010 dal RAGIONE_SOCIALE) – dispone testualmen progetti esecutivi relativi alle strade pubbliche extraurbane ed a quelle urba velocità di progetto maggiore o uguale a 70 km/h devono comprendere un apposito allegato progettuale, completo di relazione motivata sulle scelte, r da un ingegnere, riguardante i tipi RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza da adottare, ubicazione e le opere complementari connesse (fondazione, supporti, dispositivi smaltimento RAGIONE_SOCIALE acque etc.) nell’ambito della sicurezza stradale».
Così argomentando, la difesa fa esclusivo riferimento al comma 1 dell’art. (come anche il Tribunale aveva fatto) trascura la disposizione contenuta comma 3 dell’art. 2, in base alla quale la progettazione di barriere protetti essere svolta «in occasione dell’adeguamento di tratti significativi di t stradali, oppure nella ricostruzione e riqualificazione di parapetti, di ponti e situati in posizione pericolosa per l’ambiente esterno alla strada o per stradale». Questa disposizione, che si aggiunge a quella di cui al comma 1, fa riferimento alcuno alla velocità di progetto e stabilisce che il progett sempre comprendere un allegato «completo di relazione motivata sulle scelt redatto da un ingegnere, riguardante i tipi RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza da a la loro ubicazione e le opere complementari connesse» se si riferisce a significativi di tronchi stradali e in caso di ricostruzione e riqualific parapetti, di ponti e viadotti situati in posizione pericolosa. L’art. 3 RAGIONE_SOCIALE « tecniche sulla progettazione, omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicure stradale» allegate al d.m. 223/92 – cui la sentenza impugnata fa riferime conferma tale impostazione. Prevede, infatti, che le protezioni previste dal debbano riguardare «i bordi di tutte le opere d’arte all’aperto, quali ponti, ponticelli, sovrappassi e muri di sostegno della carreggiata, indipendentem dalla loro estensione longitudinale e dall’altezza dal piano di campagna» indica le caratteristiche costruttive specificando che devono estendersi ol lunghezza del ponte in modo da prevenire la fuoriuscita dei veicoli in pericolosi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Delineato in questi termini il quadro normativo di riferimento, il motivo di ricorso risulta infondato.
Se è vero, infatti, che l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE «istruzioni tecniche sulla proge omologazione ed impiego RAGIONE_SOCIALE barriere di sicurezza stradale» allegate al 223/92 non estende l’ambito operativo di quel decreto, ma indica qu caratteristiche devono avere le barriere di sicurezza poste in alcune particolarmente meritevoli di protezione; è pur vero che l’obbligo di installa
barriere in occasione dell’adeguamento di tratti significativi di tronchi strada oppure nella ricostruzione o riqualificazione di parapetti ponti e viadotti situati posizione pericolosa è espressamente prewsto dall’art. 2, comma 3, del citato decreto.
Si deve osservare allora che, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata: COGNOME progettò il completamento e il ripristino della strada comunale di “Cornale-Cropani” per un importo totale di lire 282.901.755 e in quel tratto di strada era compreso il luogo teatro del sinistro.
Richiamando il contenuto della relazione peritale (non contestata per questa parte nei motivi di ricorso) la Corte di appello riferisce (pag. 11 e SS.):
che il confine tra il RAGIONE_SOCIALE di San NOME COGNOME e il RAGIONE_SOCIALE di Viggianello «coincide con l’asse del torrente Frida»;
che il progetto predisposto da COGNOME prevedeva l’esecuzione di lavori sulla pavimentazione stradale e tali lavori «sarebbero giunti fin sul ponte».
Rileva, inoltre (pag. 14):
che il progetto non prevedeva l’impianto di barriere di sicurezza nel tratto di strada a ridosso del ponte;
che la perizia di variante, redatta il 7 agosto 1998 dal geom. NOME COGNOME si limitò ad aggiungere «muri di controripa o di sostegno, zanelle, migliore sistemazione di scarpate, pavimentazione di una stradina», ma non colmò tale lacuna.
Nel descrivere le caratteristiche del luogo (pag. 10), la Corte di appello fa ancora rinvio al contenuto della relazione peritale e riferisce che il punto in cu l’auto condotta da COGNOME uscì di strada si raggiunge «attraverso un dosso, una doppia curva opposta, con la prima sinistra, ed una strettoia irnmettente sul ponte a sua volta largo appena 3,4 m. circa, lungo circa 17 m., marginato da un cordolo cementizio su cui era impiantata una ringhiera di tubi metallici che, solo nel territorio di San NOME COGNOME, si estendeva un po’ oltre il ponte» ripiegando verso i margini della strada.
Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte, la motivazione fornita dalla Corte di appello non può essere censurata nella parte in cui sostiene che, ai sensi dell’art. 2 del d.m. 223/92, fosse obbligo del progettista prevedere una barriera di protezione nel punto di raccordo tra la strada e il ponte. Il progetto predisposto da COGNOME, infatti, riguardava l’adeguamento di un tratto significativo della strada e questa strada raggiungeva un ponte posto a più di dieci metri di altezza dal greto di un torrente. Ai sensi dell’art. 3 RAGIONE_SOCIALE istruzioni tecniche allegate al decret bordi di quel ponte dovevano essere protetti e tali protezioni dovevano essere estese longitudinalmente sino a raggiungere i punti (posti prima e dopo il ponte) nei quali vi era rischio di caduta.
4. La sentenza impugnata sottolinea che, quale progettista dell’opera, COGNOME era tenuto a valutare e prevenire il rischio derivante dalla presenza tra il ponte e la strada di un varco privo di parapetti e sostiene che, avendo omesso di prevedere l’apposizione di barriere di protezione, egli rese possibile il verificars dell’evento. Il rischio concretizzatosi è esattamente quello che l’art. 2, comma 3 del d.m. 223/92 e l’art. 3 RAGIONE_SOCIALE istruzioni tecniche allegate a quel decreto mirano a prevenire. Pertanto, la decisione assunta non è censurabile né sotto il profilo dell’identificazione del rischio concretizzatosi, né per quanto riguarda le regole cautelari applicabili né quanto alla individuazione della condotta alternativa doverosa che comportava la previsione nel progetto RAGIONE_SOCIALE barriere di protezione.
Per quanto riguarda il ragionamento controfattuale, con una motivazione che non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità, la sentenza impugnata sostiene che una barriera protettiva avrebbe contenuto l’impatto. Osserva in tal senso che, secondo la ricostruzione operata dal perito (che il ricorrente non contesta), la Fiat 500 condotta da NOME viaggiava ad una velocità inferiore ai 50 km/h sicché una barriera protettiva regolarmente installata e conforme ai requisiti previsti dalla normativa avrebbe impedito alla macchina di precipitare nel torrente.
5. Al rigetto del primo motivo consegue il rigetto del secondo e del terzo.
Basta in proposito rilevare che la posizione di garanzia assunta da COGNOME quale progettista dei lavori è sufficiente all’affermazione della penale responsabilità a titolo di colpa a prescindere ellal ruolo di responsabile dell’Uffici Tecnico del RAGIONE_SOCIALE di Viggianello rivestito all’epoca dei fatti. Non rileva in contrario che i lavori progettati da COGNOME siano stati eseguili sotto la direzione di un altro e questi abbia predisposto una variante migliorativa senza prevedere però l’installazione di barriere protettive. Ed invero, quando l’obbligo di impedire l’evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o comnnissiva del titolare di una posizione di garanzia e l’evento non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell’obbligo di impedimento, «configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell’art. 41, comma primo, cod. pen.» (Sez. 4, n. 37992 del 11/07/2012, COGNOME, Rv. 254368; sull’argomento anche:: Sez. 4, n. 17887 del 02/02/2022, COGNOME, Rv. 83208; Sez. 4, n. 928 del 28/09/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284086). Più in particolare: «allorquando il decesso della vittima sia determinato dalla sommatoria RAGIONE_SOCIALE condotte onnissive ascrivibili a diversi garanti, intervenuti in tempi diversi, è configurabile il nesso causale tra l’evento letale e
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ciascuna RAGIONE_SOCIALE riscontrate omissioni, essendo ognuna di esse essenziale alla sua produzione. (In motivazione la S.C. ha affermato che la causalità additiva o cumulativa costituisce applicazione della teoria condizionalistica di cui all’art. 41 cod. pen., giacché, essendo ciascuna omissione essenziale alla produzione dell’evento, l’eliminazione mentale di ciascuna di esse fa venir meno l’esito letale, tenuto conto dell’insufficienza di ognuna RAGIONE_SOCIALE altre omissioni a determinarlo)» (Sez. 4, n. 24455 del 22/04/2015, COGNOME, Rv. 263733).
Con riferimento al terzo motivo, col quale la difesa sostiene che la Corte di appello non avrebbe adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata perché si sarebbe limitata a riportare le considerazioni svolte dal perito nominato in sede di rinnovazione istruttoria si osserva: in primo luogo, che la Corte di appello è giunta a conclusioni diverse rispetto al Tribunale perché ha diversamente ricostruito il contenuto RAGIONE_SOCIALE norme applicabili e – come già chiarito – tale diversa ricostruzione si sottrae ad ogni censura in diritto; in secondo luogo, che la ricostruzione RAGIONE_SOCIALE circostanze di fatto fornita dal perito non è stata contestata nel ricorso né per quanto riguarda lo stato dei luoghi, né per quanto riguarda la dinamica dell’incidente.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Il ricorrente, inoltre deve essere condannato a rifondere alle parti civili costituite le spese relative al presente giudizio di legittim liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nonché alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dalle costituite parti civili costituit NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME che liquida in complessivi euro quattronnilasettecento oltre accessori come per legge.
Così deciso il 28 novembre 2023
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Il Cons4glie’ e estensore
Il Presidente