Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23108 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23108 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la se ntenza del 01/10/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 01/10/2024, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza emessa in data 21/11/2023 dal Tribunale di Frosinone nei confronti di COGNOME NOME, confermata l’affermazione di responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 7, comma 1, d.l. 4/2019, escludeva la recidiva contestata e riduceva la pena ad anni 1 mesi 4 di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità.
Argomenta che la Corte di appello, senza rispondere ai motivi di appello, confermava la responsabilità dell’imputato per il reato contestato, travisando le prove dichiarative e documentali e, in particolare, le dichiarazioni rese dal teste COGNOME della Guardia di Finanza di Anagni; il reato era insussistente, in quanto era emerso che l’imputato aveva diritto all’ammontare della pensione di cittadinanza per l’ammontare di euro 80,00 mensili e che il predetto non aveva utilizzato dichiarazioni o documenti falsi attestanti cose non vere; evidenzia che il reato contestato all’imputato sussiste solo nel caso in cui l’intento dell’agente sia quello di conseguire un beneficio non dovuto.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 131-bis cod.pen. e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva ingiustamente ritenuto la non configurabilità della causa di esclusione della causa di non punibilità in questione, utilizzando mere clausole di stile e senza valutare gli indici-requisiti di cui all’a 131-bis cod.pen. e, cioè, le modalità della condotta e l’eseguità del danno o del pericolo.
Con il terzo motivo lamenta l’eccessività della pena e l’erroneo giudizio di bilanciamento in ordine al mancato riconoscimento della circostanza di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen, esponendo che la pena irrogata non era confacente ad una condotta che aveva avuto un esito lievissimo e che la circostanza attenuante era stata erroneamente negata in quanto l’entità del danno doveva essere valutata in termini obiettivi.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, evidenziava come le risultanze istruttorie e, in particolare le dichiarazioni rese dal teste COGNOME funzionario RAGIONE_SOCIALE, comprovavano che se l’imputato avesse dichiarato i redditi da gioco percepiti nell’anno 2017 – dichiarazione che ometteva di effettuare nella domanda presentata il 6.3.2019 – non avrebbe potuto accedere al beneficio indebitamente richiesto, la cd pensione di cittadinanza.
Ha, quindi, correttamente ritenuto integrato il reato contestato, in linea con il dictum delle Sezioni Unite, secondo cui integrano il delitto di cui all’art. 7 d.l. 2 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’autodichiarazione finalizzata a conseguire il benefico se funzionali a ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura superiore a quella di legge (Sez.U, n. 49686 del 13/07/2023, Rv.285435 – 01).
Il ricorrente, senza neppure confrontarsi con il percorso argomentativo della sentenza impugnata, propone rilievi in fatto, volti a sollecitare un riesame delle risultanze istruttorie, precluso in sede di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel valutare la richiesta ex art 131 bis cod.pen., ha denegato la configurabilità dellarausa di esclusione della punibilità rimarcando la gravità del fatto sulla base di una valutazione in senso negativo delle modalità della condotta e della perduranza della stessa e la mancata risposta alla richiesta di restituzione dell’indebito da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Le argomentazioni sono congrue e logiche e la motivazione, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità.
Del resto, questa Corte ha affermato che, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez 6-n.55107 del 08/11/2018, Rv.274647 – 01).
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
I Giudici di appello hanno escluso la ricorrenza della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod.pen., rimarcando che il pregiudizio patrimoniale arrecato all’ente erogante non poteva ritenersi esiguo, sia con riferimento all’entità della somma che al perseguimento del fine pubblico sotteso all’erogazione del beneficio, in linea con il principio di diritto, secondo cui l’applicazione della circostanz attenuante prevista dall’art. 62, n. 4, cod. pen. presuppone che il pregiudizio
causato sia di valore economico pressochè irrisorio, sia quanto al valore in sè della cosa sottratta, che per gli ulteriori effetti pregiudizievoli subiti dalla parte off
(Sez.2, n. 50660 del 05/10/2017, Rv.271695 – 01).
4. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 29/04/2025