Omessa dichiarazione: la Cassazione sulla responsabilità penale del legale rappresentante
L’omessa dichiarazione dei redditi o dell’IVA è un reato tributario che comporta serie conseguenze per l’amministratore di una società. Ma cosa succede se il legale rappresentante sostiene di essere solo un prestanome, estraneo alla gestione effettiva dell’impresa? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la responsabilità penale ricade primariamente su chi riveste la carica formale, un ruolo che comporta obblighi di vigilanza e controllo non delegabili.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda il legale rappresentante di una società, condannato nei primi due gradi di giudizio per reati fiscali, tra cui l’omessa presentazione delle dichiarazioni obbligatorie. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di essere stato un mero titolare formale, un prestanome, mentre la gestione reale della società era affidata a un altro soggetto, un cosiddetto “amministratore di fatto”. Secondo la sua difesa, non avendo avuto la gestione effettiva dell’ente, non avrebbe potuto essere ritenuto responsabile delle violazioni contestate.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’Omessa Dichiarazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che il ricorso era generico e trascurava una parte fondamentale della motivazione della sentenza d’appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio giuridico consolidato: in tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente è direttamente obbligato dalla legge (“ex lege”) a presentare le dichiarazioni fiscali. Non si tratta di una semplice responsabilità per mancata vigilanza sull’operato altrui (ex art. 40, comma 2, c.p.), ma di una responsabilità diretta in qualità di autore principale del reato.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un duplice e solido ragionamento, già esposto dai giudici di merito e ignorato dal ricorrente.
In primo luogo, la Corte d’Appello aveva accertato che l’imputato non era affatto un mero titolare formale. Le prove raccolte dimostravano il suo pieno coinvolgimento nella vita societaria: era l’intestatario dei conti correnti su cui venivano effettuate numerose movimentazioni bancarie e i testimoni sentiti avevano indicato esclusivamente lui come referente con cui avevano avuto rapporti commerciali. Questi elementi erano sufficienti a dimostrare una gestione attiva e non un ruolo di facciata.
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, i giudici hanno specificato che, anche ammettendo (in via puramente ipotetica e non provata) la presenza di un amministratore di fatto, la responsabilità penale del legale rappresentante non sarebbe venuta meno. L’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali è un dovere che la legge impone direttamente a chi ricopre la carica formale. Solo in caso di sua assenza, la responsabilità può ricadere su chi ha esercitato l’amministrazione di fatto. Il ricorrente, nel suo appello, aveva criticato solo questo secondo aspetto, tralasciando completamente la prima e più solida motivazione basata sulle prove del suo ruolo attivo. Tale omissione ha reso il ricorso parziale e, di conseguenza, inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la carica di legale rappresentante non è una mera formalità. Chi accetta tale ruolo si assume precise responsabilità legali, in primis quelle di natura fiscale. Tentare di eludere la responsabilità per omessa dichiarazione sostenendo di essere un semplice prestanome è una strategia difensiva molto debole, specialmente quando esistono prove concrete di un coinvolgimento nella gestione aziendale, come la titolarità di conti correnti. La sentenza ricorda che gli obblighi imposti dalla legge non possono essere facilmente aggirati e che la colpa nella proposizione di un ricorso palesemente infondato comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Chi risponde penalmente per l’omessa dichiarazione fiscale di una società?
Risponde in primo luogo il legale rappresentante, in quanto direttamente obbligato dalla legge a presentare le dichiarazioni. La sua responsabilità non deriva da una semplice violazione del dovere di vigilanza, ma è quella dell’autore principale del reato.
Un amministratore può evitare la responsabilità sostenendo di essere solo un “prestanome”?
No, non facilmente. Secondo la sentenza, anche se vi fosse un amministratore di fatto, il legale rappresentante rimane responsabile. Inoltre, se esistono prove del suo coinvolgimento (come l’intestazione di conti correnti o la gestione di rapporti commerciali), l’argomento del “prestanome” viene smentito dai fatti.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione non contesta tutti i punti della motivazione della sentenza precedente?
Se il ricorso omette di contestare una delle motivazioni che, da sola, è sufficiente a giustificare la decisione, il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte non può esaminare un’impugnazione parziale che ignora elementi centrali del giudizio precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12605 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12605 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a SCAFATI il 12/06/1994
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso per conto di COGNOME NOME è inammissibile: va premesso che nessuna specifica censura si propone per il reato ex art. 4 che fa riferimento alla presentazione da parte dello stesso ricorrente della dichiarazione contestata. La censura appare involgere piuttosto anche alla luce della sentenza richiamata, il distinto reato omissivo ex art. 5 del Dlgs. 74/2000. Va peraltro aggiunto quanto alla omessa dichiarazione il principio, idoneo a ulteriormente supportare la decisione assunta, venendo in rilievo un profilo giuridico, per cui in tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l’effettiva gestione non risponde ex art. 40, comma secondo, cod. pen. per violazione dei doveri di vigilanza e controllo derivanti dalla carica rivestita, ma quale autore principale della condotta, in quanto direttamente obbligato “ex lege” a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dalle persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte e, solo in sua assenza, da chi abbia l’amministrazione, anche di fatto (Sez. 3 – n. 20050 del 16/03/2022 Rv. 283201 – 01).
Tanto premesso, con evidenziazione quindi di un ricorso che trascura una parte del giudizio di condanna, si osserva come in sentenza si evidenzi che l’imputato non sarebbe risultato il mero titolare formale della società siccome intestatario di conti correnti della società su cui si effettuavano movimentazioni bancarie plurime e soggetto con cui esclusivamente i soggetti sentiti avevano riferito di avere avuto rapporti e solo in via aggiuntiva i giudici hanno comunque ribadito la responsabilità dell’imputato anche a volere ammettere una non dimostrata presenza di un diverso amministratore, di fatto. Il ricorrente omette di contrastare le prime motivazioni sopra sintetizzate incentrando la sua censura sul secondo aspetto, così trascurando parte della motivazione di per sé idonea a supportare la decisione.
Tenuto conto che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20.12.2024.