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Omessa dichiarazione fallimento: chi è responsabile?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna del legale rappresentante di una società per il reato di omessa dichiarazione fallimento, relativa a un periodo d’imposta precedente alla dichiarazione di fallimento. La Corte ha ribadito che l’obbligo di presentazione resta in capo al fallito per i periodi pre-fallimentari, mentre spetta al curatore per quelli successivi. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, confermando anche la sussistenza del dolo specifico di evasione.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Omessa dichiarazione in caso di fallimento: chi è il responsabile?

La gestione degli obblighi fiscali di una società sull’orlo del collasso è una delle questioni più delicate per un amministratore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un dubbio cruciale: in caso di omessa dichiarazione fallimento, chi è il soggetto tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi per il periodo precedente alla bancarotta? La risposta della Corte è netta e conferma un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso

Il legale rappresentante di una società per azioni veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di omessa dichiarazione dei redditi, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, con riferimento all’annualità d’imposta 2015. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che la società era stata dichiarata fallita il 29 aprile 2016, mentre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al 2015 scadeva il 31 dicembre 2016. L’imputato, quindi, si trovava a dover adempiere a un obbligo fiscale quando già era stato spossessato della gestione aziendale a seguito della nomina di un curatore fallimentare.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due argomenti principali:

1. Individuazione del soggetto obbligato: Secondo la difesa, una volta dichiarato il fallimento, l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi, anche per il periodo precedente, sarebbe dovuto ricadere sul curatore fallimentare, citando presunti contrasti giurisprudenziali e risoluzioni dell’amministrazione finanziaria.
2. Mancanza del dolo specifico: L’amministratore sosteneva di non aver agito con l’intenzione specifica di evadere le imposte. A seguito del fallimento, era stato completamente esautorato da ogni potere gestionale e non aveva più accesso alla documentazione contabile della società, elementi che, a suo dire, escludevano la volontarietà del reato.

La Decisione della Cassazione: Responsabilità e omessa dichiarazione fallimento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna dell’imputato. La decisione si fonda su un’analisi chiara e rigorosa dei principi che regolano gli obblighi fiscali nella procedura fallimentare.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato entrambe le tesi difensive con argomentazioni precise.

Sulla questione dell’obbligo dichiarativo, i giudici hanno ribadito un principio giurisprudenziale costante e pacifico: la soggettività passiva del rapporto tributario rimane in capo al fallito. La dichiarazione di fallimento comporta per l’imprenditore la perdita della disponibilità e dell’amministrazione dei beni, ma non lo solleva dagli obblighi fiscali maturati in precedenza. Di conseguenza:
– Spetta al fallito (e quindi al suo legale rappresentante) presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta anteriori alla sentenza di fallimento.
– Spetta al curatore fallimentare presentare le dichiarazioni per i periodi d’imposta successivi, compreso l’intero periodo in cui il fallimento è stato dichiarato.

Nel caso specifico, la dichiarazione per l’anno 2015, sebbene con scadenza successiva al fallimento, riguardava un periodo d’imposta interamente anteriore, pertanto l’obbligo ricadeva sull’imputato.

Per quanto riguarda il dolo specifico di evasione, la Corte ha ritenuto la censura inammissibile, richiamando quanto già ampiamente argomentato dalla sentenza di primo grado. I giudici di merito avevano evidenziato come l’imputato avesse posto in essere una serie di manovre per sottrarre il patrimonio sociale all’aggressione dei creditori, in primis l’Erario. La mancata presentazione della dichiarazione si inseriva in questo contesto come l’atto finale di una strategia finalizzata a nascondere l’attivo al fisco. L’intento di evasione era quindi evidente e supportato anche dall’ingente ammontare dell’imposta evasa.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante punto fermo in materia di reati tributari e procedure concorsuali. La dichiarazione di fallimento non funge da scudo per gli amministratori rispetto alle loro responsabilità fiscali pregresse. L’omessa dichiarazione fallimento resta un reato imputabile a chi era legalmente tenuto all’adempimento nel periodo in cui il reddito è stato prodotto, a prescindere dal successivo spossessamento dei beni e dei poteri gestionali. Questa pronuncia offre un chiaro monito sulla continuità delle responsabilità personali anche nelle fasi più critiche della vita di un’impresa.

Se una società fallisce, chi deve presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno precedente al fallimento?
Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta anteriori alla sentenza di fallimento resta in capo al fallito (in questo caso, il legale rappresentante della società).

Il curatore fallimentare ha qualche obbligo di dichiarazione dei redditi?
Sì, il curatore fallimentare è obbligato a presentare le dichiarazioni per i periodi d’imposta successivi alla dichiarazione di fallimento, incluso il periodo d’imposta in cui è intervenuto il fallimento stesso.

La perdita dei poteri di gestione e dell’accesso ai documenti contabili a seguito del fallimento esclude la responsabilità penale per omessa dichiarazione?
No. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la mancata presentazione della dichiarazione fosse l’atto finale di una strategia volta a sottrarre il patrimonio ai creditori e al fisco, configurando così il dolo specifico di evasione, indipendentemente dalla successiva perdita dei poteri gestori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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