Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32610 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32610 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a BADOLATO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
(dato avviso alle parti) udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso proposto da COGNOME NOME è inammissibile. E’ del tutto destituita di fondamento la censura per cui la sopravvenuta misura cautelare applicata al ricorrente non rientrerebbe tra le comunicazioni imposte in relazione alla fattispecie incriminatrice come già evidenziato da questa Suprema Corte (Sez. 3 – n. 1351 del 25/11/2021 Cc. (dep. 14/01/2022) Rv. 282637 – 01).
Si premette che l’abrogazione, a far data dall’01/01/2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della “lex mitior”, altrimenti conseguente ex art. comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza (Sez. 3 – , n. 7541 del 24/01/2024 Ud. (dep. 21/02/2024) Rv. 285964 – 01).
Invero, alla luce della predetta norma incriminatrice, colui che a seguito di domanda percepisce il reddito di cittadinanza, deve comunicare, con incidenza in ordine al reato ex art. 7 citato secondo comma, il sopraggiunto stato di detenzione atteso che tale stato concretizza una causa di riduzione, ex art. 3, comma 13, del d.l. n.4/2019, convertito con modificazioni dalla legge n.26/2019, di una delle componenti di cui si articola la prestazione economica e tale condotta concretizza il fumus del reato contestato.
L’art. 3, comma 13, prevede che «Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiano abbia tra i suoi componenti soggetti che si trovano in stato detentivo, ovvero sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre Cure residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica, il parametro della scala di equivalenza di cui al comma 1, lettera a), non tiene conto di tali soggetti. La medesima riduzione del parametro della scala di equivalenza si applica nei casi in cui faccia parte del nucleo familiare un componente sottoposto a misura cautelare o condanNOME per taluno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 3».
Poiché beneficiario ex lege del reddito di cittadinanza non è il richiedente ma il nucleo familiare, ed il valore economico si calcola proprio in relazione alla sua composizione, lo stato di detenzione sopravvenuto del familiare determina la riduzione dell’importo del beneficio economico.
L’art. 2 del d.l. n.4/2019 prevede che i requisiti per l’ottenimento del beneficio economico devono sussistere, ed essere in possesso del nucleo familiare cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.
L’art. 2, facendo riferimento alla composizione del nucleo familiare ed alla sua incidenza sull’entità del beneficio economico, impone la persistenza dei
requisiti anche relativi al quantum per tutta la durata dell’erogazione del beneficio.
Di conseguenza, il legislatore, all’art. 7, ha previsto due diversi reati: uno per la fase genetica, l’altro per la fase successiva al riconoscimento dei beneficio economico:
«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizz dichiarazioni c documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni.
L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di c all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni».
La condotta rilevante ex art. 7, comma 2, del d.l. n.4/2019, in relazione allo stato detentivo sopravvenuto di un componente il nucleo familiare, causa di riduzione, consiste nell’omessa comunicazione di un’informazione dovuta tenute conto di quanto stabilito dall’art. 2, come prima indicato, in relazione all’art. 3, comma 13 – e rilevante ai fini della riduzione del beneficio.
L’art. 7 richiama l’art. 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11 non in relazione ai casi ivi previsti, ma solo in relazione ai termini, sicché l’interpretazione per cu cui le cause di revoca o riduzione sarebbero solo quelle previste da tali commi si pone in contrasto con il dato letterale dell’art. 7, comma 2.
Inoltre, i commi 8 e 9 fanno riferimento al mutamento delle condizioni di reddito rispettivamente per lavoro dipendente e da attività d’impresa o di lavoro autonomo; il comma 11 fa invece riferimento alle variazioni patrimoniali che comportano la perdita dei requisiti.
Tali commi non fanno dunque riferimento ai casi di riduzione del beneficio, sicché l’interpretazione sopra accennata è irrazionale, perché abrogherebbe parte della norma, rispetto a quella sistematica proposta, che garantisce la tipicità della fattispecie, attraverso il chiaro riferimento dell’art. 7, comma 2, al cause di riduzione, specificamente previste nell’art. 3, comma 13, ed all’obbligo di persistenza delle condizioni relative all’an ed al quantum del beneficio previsto dall’art. 2.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de Ammende.
Così deciso il 24/05/2024.