Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3387 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3387 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LATISANA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa della parte civile COGNOME NOME, in persona dell’AVV_NOTAIO, ha depositato una memoria difensiva con la quale conclude per il rigetto del ricorso di NOMECOGNOME NOME.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello di Trieste,con sentenza del 23 Gennaio 2023, ha confermato la decisione del Tribunale di Udine che aveva riconosciuto NOMECOGNOME NOME colpevole del reato di omessa prestazione di assistenza a seguito di sinistro stradale, assolvendolo invece dalla contestazione di omessa fermata, e lo aveva condannato alla pena di mesi otto di reclusione.
Assumeva il giudice distrettuale che il DUO’ in ragione delle caratteristiche della collisione, della violenza della stessa, a seguito della quale avevano riportato ingenti danni entrambi i veicoli confliggenti, aveva avuto la consapevolezza del pericolo che la conducente del veicolo antagonista potesse versare in condizione di menomazione fisica e pure nella impossibilità di arrestarsi immediatamente, per le caratteristiche stradali e per la scarsa affidabilità del mezzo incidentato, una volta arrestatosi presso una piazzola di sosta, avrebbe potuto e dovuto tornare sui suoi passi per sincerarsi delle condizioni della persona offesa la quale, nel frattempo aveva avuto assistenza da altri passanti e, a seguito di chiamata, dell’intervento delle forze dell’ordine. Escludeva che all’obbligo di prestare assistenza il DUO’ fosse stato trattenuto da resistenze psicologiche connesse a stress post traumatico, evidenziando come nei fatti e nelle stesse dichiarazioni dell’imputato il ricorrente avesse operato con discernimento e avvedutezza nelle fasi successive al sinistro. Escludeva che l’eventuale soccorso prestato alla persona offesa da altri utenti valesse a escludere i profilo oggettivo o quello soggettivo del reato,laddove la valutazione dell’elemento psicologico del reato, anche con riferimento alla ricorrenza di una esigenza obiettiva di assistenza, andava compiuto con una valutazione ex ante e pertanto al momento in cui il soggetto,onerato dall’obbligo di prestare assistenza, si era rappresentato la situazione obiettiva di pericolo per il consociato in difficoltà nelle fasi immediatamente successive al sinistro. Escludeva al contempo la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod.pen. in ragione della gravità della condotta e della intensità dell’elemento soggettivo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME NOME articolando due motivi di ricorso. Con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione alla ricorrenza del reato di omessa prestazione di assistenza il quale, integrando un reato di pericolo, necessitava che l’elemento soggettivo del reato si estendesse a tutti i presupposti obiettivi di cui alla fattispecie incriminatrice, in primo luogo che si fosse realizzata la
messa in pericolo del bene protetto e che quindi la conducente antagonista versasse in una condizione di pericolo e di necessità di assistenza, che alla stessa non avessero provveduto altri associati e che infine c:he l’imputato avesse percepito tale situazione e, nondimeno si fosse volontariamente sottratto all’obbligo. Evidenziava la contraddittorietà del ragionamento utilizzato dai giudici di merito per pervenire ad una affermazione di responsabilità sul punto, laddove era stato escluso che il ricorrente fosse incorso nell’ulteriore violazione di omessa fermata a fronte di un sinistro stradale da questi provocato, condotta che costituiva un antecedente logico e fattuale anche del reato di omessa prestazione di assistenza. Sotto diverso n profilo evidenziava una mancata suisid2randffle delle considerazioni della U 2-. ” parte ricorrente sull’assenza dei presupposti oggettivi della fattispecie in esame, laddove la collisione tra i due veicoli non aveva determinato una situazione di tale pericolo per la integrità fisica dei conducenti ,che giustificasse l’intervento immediato del ricorrente, il quale si era arrestato non appena aveva potuto farlo, che nel frattempo erano accorsi altri utenti stradali e immediatamente dopo le forze dell’ordine che si erano succeduti nelle attività di assistenza e che lo stesso conducente coinvolto, che riteneva di essere stato a sua volta danneggiato, aveva subito uno shock post urto, descritto in una consulenza tecnica di parte, che ne aveva temporaneamente precluso il ritorno sul punto della collisione. Citava sul punto giurisprudenza di legittimità che richiedeva, ai fini del perfezionamento del reato, che ricorressero tutte le condizioni obiettive sopra evidenziate.
2.1 Con una ulteriore articolazione deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art.131 bis cod.pen., per errata valutazione degli elementi probatori acquisiti in dibattimento e violazione dei limiti prescritti per il riconoscimento della speciale ipotesi d legge laddove il giudice distrettuale, sulla base della natura dell’urto e della condotta asseritamente decettiva o comunque simulatoria post urto, aveva escluso la causa di non punibilità per il particolare grado dell’elemento psicologico, laddove le prospettazioni dell’imputato, sa in ordine alla natura della collisione che al trauma subito erano corroborate da elementi documentali e valutativi pure allegati al processo, ma non adeguatamente valutati dalla corte distrettuale la quale avrebbe dovuto considerare la condotta del conducente nella sua complessità, tenuto conto della impossibilità di arresto immediato del veicolo e del fatto che lo stesso si era comunque trattenuto nella piazzola di sosta
immediatamente successiva in attesa dell’intervento delle forze dell’ordine e comunque in condizioni di menomazione psico fisica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Le doglianze avanzate dalla difesa di COGNOME NOME risultano manifestamente infondate. ‘E stato affermato dalla giurisprudenza, anche risalente di questa Corte che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione di assistenza occorrente configurano due fattispecie autonome e indipendenti, con diversa oggettività giuridica, essendo la prima finalizzata a garantire la identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda ad assicurare il necessario soccorso alle persone rimaste ferite, sicchè è configurabile un concorso materiale tra le due ipotesi criminose (sez.4, n.3783 del 10/010/2014, COGNOME, Rv.261945).
Inoltre le disposizioni (a – disposizionq di cui all’art.189 comma 6 e 7 Cod. della Strada si pongono come reati di pericolo astratto, in quanto richiedono che la condotta dei consociati, in presenza di sinistro stradale da cui derivino lesioni alla persona offesa, si atteggino ad un obbligo di solidarietà e di intervento che ha come fulcro l’assistenza del consociato in difficoltà; si “tratta in particolare di una condotta al cui rispetto l’ordinamento è interessato a prescindere da quanto verificato in merito al fatto, a fronte della esigenza di tutela anticipata degli interessi ritenuti rilevanti dal legislatore proprio perché esonera di procedere alla valutazione in ordine alla concretezza del pericolo imponendo nell’immediato di conformarsi alla condotta prescritta” (sez.4, 25/11/1999 n.5416, Sitia e altri, Rv.216465). Ne consegue pertanto che i fatti che escludono la responsabilità del conducente devono essere accertati prima che lo stesso si allontani dal luogo del sinistro cosicchè il reato è configurabile tutte le volte che questi non si fermi e si dia alla fuga (sez.4, 2/12/1994 n.4380 Rv. 201501; 30/01/2014, COGNOME, Rv.259216), dovendo l’investitore essersi reso conto del sinistro in base ad una obiettiva constatazione. ‘E stato ancora affermato che nel reato di fuga previsto dall’art. 189, comma sesto, C.d.S., punito solo a titolo di dolo, l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in
un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro (sez.4, 12/12/2012, Meta, Rv.254667), laddove nel reato di mancata prestazione di assistenza non è sufficiente che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni della integrità fisica (sez.4, n.23177 del 15/03/2016, Triche, Rv.266969). Peraltro ai fini della configurazione del suddetto reato è richiesto che il bisogno di assistenza sia effettivo, sicchè non è configurabile nel caso di assenza di lesioni o allorchè altri abbia già provveduto o non risulti necessario, né utile o efficace l’ulteriore intervento dell’obbligato, ma tali circostanze non possono essere ritenute ex post, dovendo l’investitore essersene reso conto in base ad obiettiva constatazione prima del proprio allontanamento (sez.4, n.18748 del 4/05/2022, COGNOME NOME, Rv.283212) di talchè il reato in questione è ravvisabile in caso di sinistro ricollegabile al comportamento dell’imputato possieda connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, ovvero solo la possibilità che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso (sez.4, n.33772 del 15/06/2017, Dentice di NOME AVV_NOTAIO, Rv.271046)
Il giudice distrettuale ha fatto coerente applicazione di detti principi sul punto ha evidenziando, con motivazione logica e coerente con le emergenze processuali, che la natura dell’urto, le tracce presenti sulle due autovetture, la rottura di un semi asse del veicolo dell’imputato, lil sospingimento del veicolo della persona offesa verso il guard-rail con conseguente collisione e apertura degli airbag, palesavano, in tutta la loro evidenza, non solo la gravità dell’urto, ma anche le verosimili conseguenze dello stesso; d’altro canto il giudice distrettuale ha valorizzato le stesse dichiarazioni dell’imputato secondo il quale egli avrebbe tentato di arrestarsi nell’immediato, ma che non era stato possibile in ragione delle condizioni della circolazione e dello stato del proprio autoveicolo, seriamente danneggiato.
4.1 Orbene tutte le emergenze processuali valorizzate dal giudice distrettuale, comprese quelle tecniche allegate dalla parte ricorrente, pongono in evidenza da un lato la ricorrenza di un collegamento tra l’urto trai due veicoli e i danni dagli stessi riportati e le successive evoluzioni che avevano condotto la persona offesa a collidere con il guardrail, e dall’altra l’acquisita consapevolezza dell’imputato della portata offensiva dell’incidente, tenuto conto che lo stesso DUO’ ha in sostanza sostenuto di esserne uscito emotivamente provato e con la macchina non più in grado di circolare.
4.1 In termini assolutamente corretti il giudice distrettuale ha infatti tratto ulteriori argomenti di prova sull’elemento soggettivo del reato dal comportamento tenuto dall’imputato il quale, dopo una iniziale titubanza, allorquando i soccorsi non erano ancora sopraggiunti, si era allontanato dal luogo del sinistro, per poi non tentare neppure di farvi ritorno una volta posta in sicurezza l’autovettura.
A fronte di tale argomentata e lineare motivazione l’imputato, nei primi due motivi di ricorso ha svolto considerazioni in fatto che non si confrontano affatto con gli argomenti sopra rappresentati ma si limita a reiterare tesi difensive già esaminate e congruamente disattese, con ragionamento logico giuridico privo di lacune. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma del citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU 24.9.2003, n. 47289, Petrella, Rv. 226074). Il controllo rimesso alla Corte di cassazione sui vizi di motivazione riguarda sempre la tenuta logica e la coerenza strutturale della decisione. Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta alcun vizio logico ovvero l’omissione motivazionale dedotte dal ricorrente, atteso che la articolata valutazione dei giudici di merito, che poggia sugli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a riconoscere la responsabilità del prevenuto sotto il profilo del mancato arresto, sul presupposto di avere questo acquisito contezza del sinistro stradale che aveva provocato, in ragione di una serie di elementi di natura obiettiva e dichiarativa, ampiamente illustrati e sui quali il ricorrente si è limitato a proporre una alternativa ricostruzione fattuale, non suscettibile di ulteriore scrutinio in questa sede. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
C.CCL 6. Inammissibili sono altresì i motivi di ricorso su131 bts /i s artela rilevante offensività della condotta e l’intensità del dolo come evidenziato dal giudice distrettuale.
Deve pertanto essere dichiarata la inammissibilità del ricorso per cassazione proposto da COGNOME NOME cui consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni per escludere la colpa di questi nel proporre l’impugnazione, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2023.