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Occupazione abusiva immobile: quando è reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per occupazione abusiva di immobile pubblico. La Corte chiarisce che il reato di cui all’art. 633 c.p. si configura anche quando una persona, inizialmente ospitata, rimane nell’abitazione dopo l’allontanamento dell’assegnatario, comportandosi come proprietario. Il termine ‘invasione’ indica un’occupazione arbitraria e ‘contra ius’, a prescindere dal pacifico ingresso iniziale.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Occupazione Abusiva di Immobile: Quando l’Ospitalità Diventa Reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a fare chiarezza su un tema tanto delicato quanto diffuso: l’occupazione abusiva di immobile. Il caso esaminato offre spunti cruciali per comprendere quando la permanenza in un’abitazione, iniziata magari con il consenso del legittimo occupante, si trasforma in un illecito penale. L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato, sottolineando che il reato di invasione di edifici non richiede un ingresso violento, ma si configura con la semplice occupazione arbitraria.

I Fatti del Caso: da Ospite a Occupante Illegittimo

La vicenda giudiziaria nasce dal ricorso presentato da un uomo contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva riconosciuto colpevole del reato previsto dall’art. 633 del Codice Penale. L’imputato, inizialmente accolto come ospite nell’immobile di edilizia residenziale pubblica dal legittimo assegnatario, aveva continuato a viverci anche dopo che quest’ultimo si era allontanato o era deceduto. In pratica, da semplice ospite si era trasformato in occupante, comportandosi come se fosse il nuovo proprietario o possessore (dominus o possessore). I giudici di merito avevano già riconosciuto la sua responsabilità penale, applicando tuttavia la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), una norma che esclude la sanzione per reati di modesta gravità.

La Nozione di “Invasione” nell’Occupazione Abusiva Immobile

Il fulcro della questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte, risiede nell’interpretazione del termine “invasione” utilizzato dall’art. 633 c.p. Il ricorrente, con ogni probabilità, sosteneva che, essendo entrato legittimamente nell’immobile, non potesse parlarsi di un’invasione.

Il Principio Consolidato della Cassazione

La Corte, respingendo tale tesi, ribadisce un principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità. Il reato di occupazione abusiva immobile si integra con la condotta di chi si introduce arbitrariamente in un bene altrui. L’arbitrarietà consiste nell’agire contra ius, ovvero senza averne il diritto. Non è necessario che l’ingresso sia violento o clandestino; ciò che conta è l’assenza del consenso da parte di chi ha il diritto di escludere l’altro (il cosiddetto ius excludendi).

La Specificità degli Immobili di Edilizia Popolare

Nel caso specifico di alloggi popolari, la Corte sottolinea un aspetto ancora più stringente. Trattandosi di beni destinati a finalità di interesse pubblico, l’assegnazione deve seguire procedure pubbliche e regolamentate. Non è ammessa alcuna forma di arbitrio da parte del singolo. L’assegnatario non ha il potere di trasferire il possesso o la detenzione dell’immobile a terzi, e nemmeno l’eventuale inerzia o acquiescenza dell’ente pubblico proprietario può sanare la situazione di illegalità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile, sulla base di diverse argomentazioni. In primo luogo, ha evidenziato come i giudici di merito abbiano correttamente interpretato e applicato la legge penale, allineandosi alla giurisprudenza consolidata. La condotta di chi, da ospite, si trasforma in occupante stabile dopo la partenza del titolare, integra pienamente il reato di invasione di edifici. Il termine “invasione”, chiarisce la Corte, si riferisce a un comportamento arbitrario, ossia privo di legittimazione giuridica, a prescindere dalle modalità concrete dell’ingresso. Anche una successiva e ipotetica regolarizzazione del contratto di locazione, come quella menzionata dalla difesa, è stata ritenuta irrilevante rispetto al reato già commesso in precedenza.

Le Conclusioni della Cassazione e le Implicazioni Pratiche

La decisione finale è stata quella di dichiarare inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un importante principio di diritto: l’ospitalità, anche se prolungata, non si trasforma mai in un diritto a rimanere nell’immobile. Quando cessa il consenso del legittimo detentore, la permanenza diventa abusiva e penalmente rilevante. Ciò è particolarmente vero nel contesto dell’edilizia pubblica, dove le regole di assegnazione sono rigide e finalizzate a tutelare l’interesse collettivo, non ammettendo scorciatoie o accordi privati che le eludano.

Essere ospitato in una casa e poi rimanerci dopo che l’assegnatario se n’è andato o è deceduto costituisce reato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione questa condotta integra il reato di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.), poiché la permanenza avviene senza un titolo legittimo e contro la volontà, anche presunta, dell’avente diritto, configurando un’occupazione arbitraria.

Cosa intende la legge per “invasione” nel reato di occupazione abusiva di immobile?
Per “invasione” non si intende necessariamente un ingresso violento o forzato. Il termine si riferisce a qualsiasi introduzione o permanenza in un immobile altrui che avvenga arbitrariamente, cioè senza il diritto di accedervi o rimanervi e senza il consenso di chi può legittimamente escludere terzi.

Se l’ente proprietario di un alloggio popolare non si oppone all’occupazione, il reato viene meno?
No. Nel caso di alloggi di edilizia popolare, l’assegnazione segue rigide procedure pubbliche. L’acquiescenza o l’inerzia dell’ente proprietario non è sufficiente a rendere lecita un’occupazione avvenuta al di fuori di tali procedure, poiché l’arbitrarietà della condotta non viene eliminata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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