Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23451 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23451 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cutrofiano il 11/02/1971 avverso la sentenza emessa in data 23/01/2025 dal Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23/01/2025, il Tribunale di Lecce ha condannato COGNOME Fabrizio alla pena di giustizia in relazione al reato di cui all’art. 1161 cod. nav., lui ascritto in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE titolare della concessione con riferimento all’abusiva occupazione di una porzione di arenile non compresa nella concessione medesima.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. Si lamenta l’illogicità della motivazione, dal momento che l’area abusivamente occupata con 36 lettini era pari a mq 61, anziché mq 315 come affermato dagli operanti e ritenuto in sentenza. Si censura altresì la mancata considerazione della incensuratezza del NEGRO e dell’assenza di abitualità della condotta (elementi che avevano indotto il Tribunale a concedere i benefici di legge).
2.2. Violazione di legge con riferimento alla disposta confisca. Si deduce, al riguardo, che il sequestro preventivo di urgenza dei 36 lettini non era stato convalidato dal G.i.p., sicché non poteva essere ordinata la “confisca e distruzione di quanto ancora eventualmente in sequestro”.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, per la manifesta infondatezza delle questioni proposte, in parte estranee alle conclusioni rassegnate dinanzi al Tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato.
Per ciò che riguarda il primo motivo di ricorso, deve osservarsi che il Tribunale di Lecce ha motivato la mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. in termini in questa sede incensurabili, valorizzando sia la “elevata estensione” dell’area demaniale abusivamente occupata dal COGNOME, pari a complessivi mq 315″, sia il numero di lettini (36) rinvenuti e collocati dal personale della societ facente capo al ricorrente: circostanze di fatto che hanno indotto il Tribunale a ritenere che “l’offesa al bene giuridico presidiato dalla norma non poteva ritenersi, pertanto, irrisorio, ma anzi piuttosto consistente” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
Come già ricordato nella sintesi dei motivi di ricorso, la difesa del COGNOME ha censurato tale valutazione, sostenendo la macroscopica erroneità dei dati presi in considerazione dal Tribunale con riferimento alla superficie abusivamente occupata: superficie che, ad avviso della difesa ricorrente, dovrebbe quantificarsi in soli mq 61, e non nei 315 mq considerati in sentenza.
Tale prospettazione non può essere condivisa, anzitutto perché – come sottolineato dal Procuratore Generale nella propria requisitoria – dalla sentenza emerge che le misurazioni erano state effettuate dagli operanti con l’assistenza di geometri in servizio presso il Demanio, e con il successivo riscontro al sistema informativo di tale struttura. Si tratta di circostanze che inducono ad escludere che si possa essere verificato un errore così grossolano, tale cioè da far contestare al
NEGRO, anche in sede penale, l’occupazione abusiva di una porzione di arenile superiore di oltre cinque volte a quella effettivamente occupata sine titulo.
In secondo luogo – ma non certo per importanza – la plausibilità della ricostruzione difensiva appare esclusa anche dal fatto che la sussistenza di un così macroscopico errore non risulta esser stata dedotta nell’immediatezza delle rilevazioni, e neanche nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale: il COGNOME, nel corso del proprio esame, aveva fatto unicamente riferimento alla necessità di riposizionare i lettini quando – per effetto dell’esposizione del lido alla tramontana – il tratto di spiaggia fronte mare si riduceva notevolmente (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata, nonché pag. 6, in cui il Tribunale disattende tale prospettazione non solo perché la concessione non consentiva tali parziali modifiche dell’occupazione, ma anche perché, nella giornata degli accertamenti, il mare era calmo ed era dunque insussistente qualsiasi esigenza di riposizionare i lettini). D’altra parte, va anche evidenziato che, da parte della difesa ricorrente, non si è in alcun modo chiarito – né, tantomeno, documentato fotograficamente o in altro modo – come fosse stato possibile collocare utilmente ben trentasei lettini, posti a disposizione dei bagnanti, disponendo di un’area di soli mq 61.
Tali considerazioni rendono ultroneo soffermarsi su quanto ulteriormente dedotto con il primo motivo, per l’inconsistenza del presupposto fattuale alla base della censura difensiva, imperniata appunto sulla prospettata entità irrisoria dell’occupazione, rispetto a quanto contestato.
Ad analoghe conclusioni di infondatezza deve pervenirsi con riferimento al secondo motivo.
Con la generica espressione “quanto ancora eventualmente in sequestro”, il Tribunale ha certamente inteso riferirsi ai trentasei lettini utilizzati l’occupazione, dal momento che la confisca e distruzione è stata disposta trattandosi dei “mezzi utilizzati per commettere il reato”.
La stessa difesa non ha palesato dubbi in ordine all’identificazione dei beni oggetto di confisca e distruzione, avendo invece censurato tale statuizione per l’attuale insussistenza di un vincolo sui lettini, dal momento che il sequestro preventivo di urgenza, operato dalla P.G., non era mai stato convalidato dal G.i.p. (cfr. la penultima pagina del ricorso, privo di numerazione).
Deve tuttavia replicarsi, in linea con quanto osservato dal Procuratore Generale, che «la confisca può essere ordinata anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro, purché sussistano norme che la consentano od impongano, a prescindere dalla eventualità che, per l’assenza di precedente tempestiva cautela reale, il provvedimento ablativo della proprietà non riesca a conseguire gli effetti concreti che gli sono propri» (Sez. 3, n. 17066 del
e
04/02/2013, Rv. 255113 – 01. In senso analogo, da ultimo, cfr. Sez 7, ord. n. 499
del 22/11/2024, dep. 2025, COGNOME).
Il chiaro riferimento ad una delle ipotesi di confisca di cui all’art. 240, prim comma cod. pen., essendo i lettini stati considerati “mezzi utilizzati per
commettere il reato”, consente di ritenere pienamente legittima la statuizione del
Tribunale, risultando del tutto irrilevante la mancata convalida del sequestro preventivo d’urgenza operato all’esito degli accertamenti.
4. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 maggio 2025
Il Consiglre
J estensore
Il Presigente