Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34229 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34229 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
VITTORIO PAZIENZA ANTONELLA DI STASI NOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato in Belgio il DATA_NASCITA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
avverso la sentenza del 17/10/2024 della Corte di appello di Bologna letta la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio e l’inammissibilità nel resto;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 ottobre 2024 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia adottata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna il 30 giugno 2023 con la quale NOME COGNOME Ł stato dichiarato colpevole del delitto di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 per aver occultato, in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte sui redditi e/o sul valore aggiunto, le scritture contabili e n. 105 fatture di vendita emesse nell’anno 2025 nei confronti della ditta ‘RAGIONE_SOCIALE per un importo totale di euro 283.249,20, e condannato, operata la riduzione per la scelta del rito abbreviato, esclusa la recidiva reiterata contestata, alla pena di anni due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con applicazione delle pene accessorie.
Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che si Ł affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo lamenta l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000 per aver il giudice di primo grado e quindi il giudice territoriale erroneamente riconosciuto la sussistenza del delitto di occultamento delle scritture.
Si osserva che il ricorrente Ł stato condannato per la diversa – e piø grave, perchØ rilevante penalmente – condotta di occultamento o di distruzione, contemplata dall’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, nonostante avesse dichiarato sin dal principio di non aver tenuto le scritture contabili (con conseguente configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 9 d.lgs. n. 74 del 2000, integrante l’illecito amministrativo) e sia stato comunque possibile ricostruire, in base a controlli incrociati, il volume di affari desumibili dai rapporti commerciali intercorsi con altra
ditta, sottoposta ad accertamenti.
2.2. Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 2, comma quarto, cod. pen.
Si osserva che, a tutto voler concedere, gli anni di imposta che vengono in rilievo sono solo quelli del 2015, 2016 e 2017, quando il delitto per cui Ł intervenuta condanna era punito con la pena da un anno e sei mesi a sei anni e che solo con il d.l. n. 124 del 2019 la pena base Ł stata elevata prevedendo la reclusione da un minimo di anni tre, ad un massimo di anni sette.
Nel caso in esame, tanto il giudice di primo grado, quanto il giudice di appello hanno calcolato la pena partendo dal minimo edittale di anni tre di reclusione, diminuita a due per la riduzione del rito prescelto, così applicando la legge piø sfavorevole che Ł entrata in vigore dopo la commissione del fatto.
Si osserva che la condotta contestata Ł stata realizzata tutta sotto la vigenza della norma anteriore piø favorevole e solo a causa del ritardo dell’accertamento (iniziato nel 2018 e concluso nel 2021) la cessazione si Ł ritenuto che fosse avvenuta sotto la nuova formulazione.
Con requisitoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, e l’inammissibilità nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato per le ragioni di seguito esplicitate.
Il primo motivo di doglianza Ł inammissibile.
1.1 Alcune censura può essere mossa alla Corte di appello che ha fatto corretta applicazione del condivisibile e pacifico principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito e pertanto non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. (Sez. 3, n. 1441 del 12/07/2017, dep. 2018, Andriola, Rv. 272034 – 01).
1.2 Nel caso di specie non viene in rilievo l’ipotesi della omessa tenuta delle scritture contabili, avendo il ricorrente formato documenti contabili – di cui ha dato lui stesso prova, producendo la chiavetta USB che in parte la conteneva – con i quali ha prodotto un reddito e che sono stati individuati grazie ai controlli incrociati effettuati dalla polizia giudiziaria presso altra ditta, che aveva avuto rapporti commerciali con quella dell’imputato.
Solo in virtø del controllo incrociato presso altra ditta Ł stata dunque possibile l’individuazione della documentazione contabile che la parte, diversamente da quanto asserito dalla difesa del ricorrente, aveva tenuto e che aveva occultato al fine di non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume di affari, circostanza, questa, che esclude in radice la configurabilità dell’illecito amministrativo, in ossequio al principio di diritto sopra esposto.
Manifestamente infondato Ł anche il secondo motivo di ricorso.
2.1 Va premesso che per costante giurisprudenza di legittimità, la condotta del reato previsto dall’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella distruzione che nell’occultamento delle scritture contabili o dei documenti di cui Ł obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacchØ la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione,
mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori, ed Ł questa l’ipotesi che viene in rilievo nel caso di specie – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione (Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016, dep. 2017, Quaglia, Rv. 269898 – 01).
2.2. Venendo dunque in rilievo, con il delitto di cui all’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, un reato permanente, esso si consuma con la conclusione dell’accertamento, come affermato da Sez. 3, n. 40317 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282340 – 01, secondo cui l’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000 n.74, nella parte in cui sanziona l’occultamento totale o parziale delle scritture contabili, ha natura permanente, perdurando l’obbligo di esibizione dei documenti finchØ dura il controllo da parte degli organi verificatori, con la conseguenza che il momento consumativo del reato deve individuarsi nella conclusione e non nell’inizio di detto accertamento.
2.3 Tale principio, espresso con riferimento alla prescrizione del reato e che si sostanzia nello stabilire che essa decorre dal momento della conclusione dell’accertamento, trova applicazione anche in relazione alla individuazione della normativa cui fare riferimento, in caso di successione di leggi che, come in questo caso, hanno sostanzialmente mantenuto inalterato il precetto, essendo intervenute essenzialmente sulla sanzione.
Ne deriva che, nel caso di specie, il fatto, in quanto accertato il 20 dicembre 2021, per la natura permanente del reato, Ł punibile ai sensi della riforma, a quella data vigente, introdotta dal d.l. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, il cui art. 39 commi 1, lettera n) e 3) ha interpolato, inasprendo le pene, l’art. 10 comma 1 d.lgs. n. 74 del 2000, prevedendo la piø grave sanzione che va da tre a sette anni, in luogo di quella previgente che andava da un minimo di un anno e sei mesi ad un massimo di sei.
2.4 Alla luce di queste considerazioni, deve ritenersi corretta la statuizione assunta dai giudici di merito in punto di pena, calcolata applicando la normativa vigente al momento della consumazione del reato, coincidente con la conclusione dell’accertamento, a prescindere dall’anno di imposta interessato dalla condotta di occultamento, con conseguente inammissibilità anche del secondo motivo di gravame.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere per il ricorrente del pagamento delle spese del procedimento nonchØ, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME