Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29751 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29751 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Ginosa il giorno DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 29/9/2023 della Corte di appello di Ancona; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in person sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette la nota trasmessa in data 5.6.2024 con cui lAVV_NOTAIO, q “difensore di fiducia e procuratore speciale” di NOME COGNOME, ha dichiar di rinunciare al ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 29/9/2023, la Corte d’appello di Ancona confermò la sentenza in data 13/7/2021 del Tribunale di Pesaro, che aveva ritenuto NOME responsabile del reato di cui all’art. 10 d.lgs. 74/2000, per aver occultato legale rapp.te della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imp le scritture contabili e i documenti fiscali con riferimento agli anni d’imposta e 2017, e l’aveva condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusio applicato, per la medesima durata, le pene accessorie di cui all’art. 12 citato, e disposto la confisca dei beni mobili o immobili, ovvero delle som
nella disponibilità dell’imputato, fino alla concorrenza della somma complessiva di € 5.341,00, condannandolo al pagamento delle spese processuali.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso, a mezzo del suo difensore, l’imputato che ha denunciato la violazione di legge e carenza di motivazione in relazione all’elemento soggettivo di reato. Ha sostenuto che la “carenza di motivazione ” della sentenza di primo grado in ordine alla sussistenza dei coefficienti psicologici integranti il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice era stata dedotta con il primo motivo di appello e, ciononostante, la Corte d’appello, sul punto, non aveva “speso una sola parola”. Ha aggiunto che il dolo non poteva ritenersi “in re ipsa” né poteva essere desunto dalla sola violazione dell’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va, preliminarmente, sgombrato il campo dalla rinuncia al ricorso inoltrata dall’AVV_NOTAIO il 5/6/2024, quale difensore e procuratore speciale di COGNOME. Va in primo luogo osservato che l’atto di rinuncia è privo della sottoscrizione dell’imputato. L’atto di “nomina” e “conferimento di procura speciale” allegato al ricorso per Cassazione, inoltre, nomina sì l’AVV_NOTAIO quale procuratore speciale ma allo specifico fine di “redigere ricorso per Cassazione”. Non risulta, pertanto, conferito al difensore il potere rappresentativo necessario per rinunciare al ricorso. Si è, difatti, affermato che è inefficace l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore non munito di procura speciale, in quanto la rinuncia, non costituendo espressione dell’esercizio del diritto di difesa, richiede la GLYPH manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, GLYPH espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale (Sez. 2, n. 49480 del 31/10/2023, COGNOME, Rv. 285663 – 01; Sez. 2, n. 5978 del 05/12/2014, COGNOME, Rv. 262276-01; Sez. u, n. 12603 del 24/11/2015, COGNOME, Rv. 266244-01).
Tanto premesso, il ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello, nel confermare la decisione di condanna di primo grado, ha preso in considerazione lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del primo giudice dimostrando di condividerne le valutazioni.
La struttura giustificativa della sentenza di appello, trattandosi di c.d. doppia conforme, si salda, pertanto, con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595, da ultimo Sez. 4, n. 23863 del 12/4/2024, n.m.).
Va, anche, ricordato che il giudice di appello non è tenuto a prendere espressa posizione su ogni argomentazione esposta nell’impugnazione essendo sufficiente che dalla motivazione emerga che tutti gli elementi significativi sono stati considerati e l’indicazione di quelli ritenuti decisivi; con la conseguenza che il
difetto di motivazione sindacabile in sede di legittimità non ricorre allorquando il motivo di appello che si assume omesso possa ritenersi implicitamente disatteso in quanto incompatibile con l’impianto della motivazione.
Nel caso in esame, la sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice era stata dal Tribunale desunta attraverso un ieer argomentativo che muoveva dalla versione resa dall’imputato, che aveva dichiarato che, dopo la morte del commercialista cui aveva affidato i libri contabili della società, avvenuta nel febbraio 2017, non aveva rinvenuto nello studio del deceduto alcun documento contabile, per sottolinearne il contrato con la deposizione resa dal padre del commercialista, che aveva sostenuto che nel settembre 2017 aveva riconsegnato a COGNOME la documentazione contabile della RAGIONE_SOCIALE custodita nello studio, con la denuncia di smarrimento sporta dall’imputato, che era relativa ai “libri, scritture e fatture di acquisto e vendi relativi agli anni dal 2012 al 2015” e non faceva menzione a documenti custoditi presso lo studio del commercialista deceduto, e con le dichiarazioni dell’imputato riportate nel verbale di verifica, avendo COGNOME dichiarato ai finanziari che probabilmente aveva smarrito la documentazione fiscale durante un trasloco, per poi dare risalto al fatto che la denuncia era stata sporta dopo l’inizio della verific fiscale e allo “stato di evasore totale dell’imputato per tutti gli anni presi esame nel corso della verifica fiscale”.
L’atto di appello ha attinto alcuni degli elementi utilizzati dal Tribunale per inferire la sussistenza del dolo specifico allo scopo di privarli di valenza significativa ed eccepire che permaneva il “dubbio più che ragionevole circa la fondatezza dell’addebito”. A tal fine era stato dedotto che: era rimasto provato che l’imputato era cliente del commercialista deceduto; il padre del defunto non aveva sostenuto che nella cartella restituita vi fosse la documentazione relativa agli anni 2016 e 2017; la denuncia di smarrimento “nulla aveva a che fare con la contestazione naturalistica dell’odierno processo”; l’imputato aveva dichiarato nel corso della verifica fiscale che aveva smarrito la documentazione del 2016 in un trasloco e quella degli anni precedenti in data e luogo imprecisato; la documentazione del 2016 poteva essere stata smarrita anche dal commercialista.
A ciascuno di tali argomenti la Corte d’appello ha dato specifica risposta sottolineando che: la versione dell’imputato di aver smarrito la documentazione contabile relativa all’anno 2016 durante un trasloco era rimasta del tutto indimostrata ed era logicamente smentita dalla denuncia di smarrimento, presentata nel “settembre 2017, per un fatto verificatosi a giugno dell’anno precedente e per documentazione fiscale degli anni antecedenti al 2016”; il
padre del commercialista deceduto aveva restituito tutta la documentazione dell’imputato custodita nello studio del figlio.
Benché la Corte d’appello non abbia fatto esplicito riferimento all’elemento soggettivo, i motivi di appello e la sentenza ruotano intorno al processo inferenzialé attraverso cui il Tribunale aveva desunto il dolo mirando, l’appellante, a svuotare di valenza dimostrativa le informazioni a tal fine utilizzate e la Corte territoriale a ribadire la validità del ragionamento probatori confutando gli argomenti difensivi.
A riprova della conclusione esposta, va osservato che degli argomenti difensivi non risulta espressamente confutato dalla Corte territoriale solamente l’affermazione secondo la quale la motivazione del Tribunale non conteneva “alcun passaggio motivazionale circa il dolo”, doglianza che si rivela, per quanto detto, manifestamente infondata avendo il Tribunale dato contezza delle circostanze oggettive dalle quali aveva desunto il dolo e della loro idoneità a fondare il processo inferenziale sviluppato dal Tribunale. La manifesta infondatezza della doglianza e la sua l’incompatibilità con il complessivo apparato argomentativo, formato dalle due sentenze di merito, fondante la decisione impugnata fanno sì che l’omessa esplicita confutazione dell’affermazione difensiva da parte della Corte territoriale non giustifichi l’annullamento della sentenza ( Sez. 2, n. 10173, n. 10173, COGNOME, Rv. 263157; conf. ex plurimis Sez. 2, n. 20483, 9/2/2024, COGNOME, n. m.; Sez. 7, ordinanza n. 19465 del 17.4.2024, COGNOME).
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/6/2024