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Obbligo dichiarativo fallito: la Cassazione chiarisce

Un amministratore di una società, successivamente fallita, è stato condannato per omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali. L’imputato ha sostenuto che, a seguito del fallimento, l’obbligo fosse passato al curatore. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale sull’obbligo dichiarativo fallito: la responsabilità per i periodi d’imposta anteriori al fallimento rimane in capo a chi gestiva l’impresa in quel periodo, anche se la scadenza per la presentazione cade dopo la dichiarazione di fallimento.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Obbligo Dichiarativo in Caso di Fallimento: La Cassazione Fa Chiarezza

Una delle questioni più complesse che un imprenditore può affrontare è la gestione degli adempimenti fiscali quando la propria azienda entra in crisi. Cosa succede se una società viene dichiarata fallita? Chi è tenuto a presentare le dichiarazioni fiscali per i periodi precedenti? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 25910/2025, offre una risposta chiara e definita sul tema dell’obbligo dichiarativo fallito, delineando nettamente le responsabilità tra l’ex amministratore e il curatore fallimentare.

I Fatti del Caso

Il legale rappresentante di una S.r.l. veniva condannato in primo e secondo grado per reati tributari. In particolare, gli veniva contestata l’omessa presentazione delle dichiarazioni IRES e IVA per l’anno d’imposta 2018 e l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili, al fine di evadere le imposte e impedire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari. Successivamente, la società veniva dichiarata fallita. L’imprenditore decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo la propria estraneità ai fatti.

I Motivi del Ricorso: La Difesa dell’Imprenditore

La difesa si articolava su tre punti principali:

1. Violazione di legge sull’omessa dichiarazione: L’imputato sosteneva di non essere più il soggetto obbligato alla presentazione delle dichiarazioni, poiché al momento della scadenza del termine aveva perso i poteri gestori a causa della sentenza di fallimento. A suo avviso, tale obbligo si era trasferito in capo al curatore fallimentare.
2. Vizio di motivazione sull’ammontare dell’imposta evasa: Si contestava il metodo induttivo con cui era stata calcolata l’evasione, ritenuto presuntivo e non basato su una verifica concreta della situazione patrimoniale dell’impresa.
3. Insussistenza del reato di occultamento delle scritture contabili: La difesa evidenziava una presunta contraddizione nella sentenza d’appello. Se i giudici erano riusciti a ricostruire lo stato patrimoniale per quantificare l’imposta evasa, allora non poteva sussistere il reato di occultamento, che presuppone proprio l’impossibilità di tale ricostruzione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione: L’obbligo dichiarativo fallito

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ogni punto sollevato. La parte più significativa della sentenza riguarda proprio la responsabilità legata all’obbligo dichiarativo fallito.

La Nascita dell’Obbligo Tributario

I giudici hanno ribadito un principio cardine del diritto tributario: l’obbligo di presentare la dichiarazione fiscale nasce nel momento in cui si conclude il periodo d’imposta. Il soggetto che in quel momento riveste la carica di amministratore e ha la guida dell’impresa assume su di sé tale dovere. Questo perché è l’unica persona a possedere tutte le informazioni e i dati necessari per redigere una dichiarazione veritiera e completa sullo stato patrimoniale e reddituale dell’azienda per quel determinato periodo.

Fallimento e Persistenza dell’Obbligo

La Corte ha specificato che la successiva dichiarazione di fallimento e la conseguente perdita dei poteri gestori sono eventi ininfluenti rispetto a un obbligo già sorto e consolidatosi in capo all’amministratore. L’obbligo di dichiarare i redditi maturati nel periodo d’imposta 2018 era sorto alla fine di quell’anno, quando l’imputato era pienamente in carica. Tale obbligo si sarebbe estinto solo con la presentazione della dichiarazione, non con la perdita della carica.

La giurisprudenza citata dalla Corte è chiara: spetta al fallito presentare le dichiarazioni per i periodi d’imposta anteriori al fallimento, mentre il curatore è tenuto a farlo per i periodi successivi, compreso quello in cui è intervenuta la sentenza di fallimento.

Le Altre Censure Dichiarate Inammissibili

Anche gli altri due motivi di ricorso sono stati respinti. La critica al metodo di calcolo dell’imposta evasa è stata giudicata generica, poiché non contestava specificamente la solidità dei dati utilizzati (come le rimanenze del 2017 e gli acquisti risultanti dallo spesometro). Allo stesso modo, il motivo sull’insussistenza del reato di occultamento di scritture contabili è stato ritenuto inammissibile perché basato su un’interpretazione della norma contraria ai principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.

Le conclusioni

La sentenza in commento consolida un orientamento di fondamentale importanza pratica. L’amministratore di una società non può sottrarsi ai propri obblighi fiscali relativi alla sua gestione a causa dell’intervento di una successiva procedura fallimentare. L’obbligo dichiarativo fallito per i periodi antecedenti alla crisi rimane saldamente in capo a chi aveva la responsabilità legale e gestionale dell’impresa in quel momento. La nomina di un curatore non ha effetti retroattivi e non ‘sana’ le omissioni pregresse, le cui conseguenze, anche penali, continuano a gravare sull’ex amministratore.

Chi è responsabile della presentazione della dichiarazione dei redditi di una società se questa fallisce dopo la fine del periodo d’imposta ma prima della scadenza per la presentazione?
Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità rimane in capo all’amministratore che era in carica durante il periodo d’imposta di riferimento. L’obbligo nasce alla fine di tale periodo e non viene meno a causa della successiva perdita dei poteri gestori dovuta al fallimento.

Il curatore fallimentare ha l’obbligo di presentare le dichiarazioni fiscali per i periodi precedenti alla dichiarazione di fallimento?
No. La sentenza chiarisce che il curatore fallimentare è tenuto a presentare le dichiarazioni solo per i periodi d’imposta successivi alla dichiarazione di fallimento, incluso il periodo nel corso del quale il fallimento è stato dichiarato. Gli obblighi per i periodi precedenti restano a carico dell’ex amministratore.

Se è possibile ricostruire il reddito di un’impresa con altri mezzi, viene meno il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili?
No, il reato può comunque sussistere. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso basato su questa argomentazione, confermando che la possibilità di una ricostruzione a posteriori non esclude di per sé la rilevanza penale della condotta di occultamento o distruzione dei documenti contabili, finalizzata a evadere le imposte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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