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Obbligo di presentazione: la motivazione del giudice

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un GIP che convalidava un obbligo di presentazione di cinque anni a carico di un tifoso. La decisione si fonda sulla totale assenza di una motivazione autonoma da parte del giudice, il quale si era limitato a un controllo formale senza valutare nel merito la necessità, l’urgenza e la congruità della durata della misura, rendendo la sua convalida un mero atto burocratico.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Presentazione e DASPO: Quando la Convalida del Giudice è Nulla

L’applicazione di misure di prevenzione come il DASPO, specialmente quando accompagnato dall’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia, incide profondamente sulla libertà personale del cittadino. Per questo motivo, la legge prevede un controllo di legalità da parte di un giudice. Ma cosa succede se questo controllo è solo una formalità? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre una risposta netta: l’ordinanza di convalida è nulla se priva di una motivazione effettiva e autonoma.

I Fatti del Caso: Una Misura Restrittiva di Cinque Anni

Un tifoso si è visto notificare un provvedimento del Questore che, oltre a vietargli l’accesso agli stadi, gli imponeva per cinque anni l’obbligo di presentarsi in commissariato prima e dopo ogni partita della sua squadra del cuore, della Nazionale e di altre squadre dei campionati nazionali. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale competente convalidava il provvedimento. Ritenendo l’ordinanza del GIP illegittima, il tifoso ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

I Motivi del Ricorso: Critiche all’Obbligo di Presentazione

Il ricorrente ha sollevato due questioni fondamentali:

1. Mancanza di motivazione sulla misura: Il giudice non avrebbe spiegato le ragioni di necessità e urgenza che giustificavano una misura così restrittiva come la doppia comparizione in questura. Il GIP non avrebbe condotto una valutazione autonoma sulla pericolosità del soggetto, ignorando le argomentazioni difensive presentate.
2. Mancanza di motivazione sulla durata: Non vi era alcuna giustificazione per la durata di ben cinque anni, un periodo molto lungo e prossimo al massimo previsto dalla legge.

In sostanza, il giudice si sarebbe limitato a un controllo puramente formale, senza entrare nel merito della legittimità sostanziale del provvedimento del Questore.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del GIP e rinviando il caso per un nuovo esame. Il ragionamento della Corte si basa su un principio cardine dello Stato di diritto: ogni provvedimento che limita la libertà personale deve essere supportato da una motivazione concreta, specifica e non apparente.

Il Ruolo del Giudice non è un Timbro

La Corte ha ribadito che il giudice della convalida non può essere un mero notaio che ratifica le decisioni dell’autorità di polizia. Al contrario, ha il dovere di effettuare un controllo di legalità sostanziale, verificando la sussistenza di tutti i presupposti che legittimano l’adozione della misura. Questi presupposti sono:

* Le ragioni di necessità ed urgenza.
* La pericolosità concreta ed attuale del soggetto.
* L’attribuibilità delle condotte al soggetto.
* La congruità della durata della misura.

Nel caso specifico, il GIP si era limitato a richiamare un atto di polizia ‘con una formula di mero stile’, senza supportare la propria decisione con un ‘alcun apparato argomentativo’. Questa è stata considerata una motivazione carente e, di fatto, inesistente.

Le Conclusioni: L’Importanza di una Motivazione Effettiva

La sentenza in esame rappresenta un importante monito a tutela delle garanzie individuali. Stabilisce che la convalida di un obbligo di presentazione non può risolversi in un’approvazione acritica dell’operato dell’autorità amministrativa. Il giudice ha il dovere di esporre in modo chiaro e logico le ragioni che lo hanno portato a ritenere legittima una misura così afflittiva. Una motivazione solo apparente, che non affronta specificamente i punti sollevati dalla difesa e i presupposti di legge, equivale a una motivazione mancante e determina l’illegittimità dell’ordinanza. Questo principio garantisce che la limitazione della libertà personale sia sempre soggetta a un vaglio giurisdizionale effettivo e non solo formale.

Può il giudice convalidare un obbligo di presentazione limitandosi a richiamare l’atto del Questore?
No. La sentenza chiarisce che il giudice ha l’obbligo di effettuare un’autonoma valutazione e di sviluppare una motivazione idonea che dia conto dell’esistenza di tutti i presupposti di legge, non potendosi limitare a un controllo meramente formale.

Quali elementi deve valutare il giudice per convalidare l’obbligo di presentazione?
Il giudice deve valutare specificamente: a) le ragioni di necessità e urgenza; b) la pericolosità concreta e attuale del soggetto; c) l’attribuibilità delle condotte e la loro riconducibilità alle ipotesi di legge; d) la congruità della durata della misura.

Cosa succede se la motivazione del giudice sulla convalida è carente o di mero stile?
Se la motivazione è carente o si basa su una ‘formula di mero stile’, come nel caso esaminato, l’ordinanza di convalida è illegittima e deve essere annullata. La Corte di Cassazione ha infatti annullato l’ordinanza impugnata con rinvio per un nuovo esame, sottolineando la necessità di un apparato argomentativo concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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