Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2361 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2361 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/04/2023 del GIUD. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/soptite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso il provvedimento del 15 aprile 2023 del Magistrato di sorveglianza, che ha rigettato l’istanza volta a ottenere l’autorizzazione ad allontanarsi dal proprio domicilio per lo svolgimento di attività lavorativa in regime di detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 47 legge 26 luglio 1975, n. 354.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della norma penale, e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 111 Cost., perché il Magistrato di sorveglianza avrebbe rigettato in maniera apodittica la richiesta di consentire l’esercizio dell’attività lavorativa, senza offrire sul punto alcuna motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Come correttamente evidenziato nel ricorso, il Magistrato di sorveglianza ha rigettato la richiesta, dopo essersi limitato a rilevare l’inidoneità del luogo d lavoro, senza che sia stata svolta alcuna attività istruttoria ulteriore.
E’ invece onere del Tribunale di sorveglianza verificare di ufficio determinate situazioni di lavoro, utilizzando sia i servizi sociali che le forze dell’ordine; nel ca in esame, il rigetto è motivato sulla base della sola asserita inidoneità del luogo di lavoro, senza che sia stata svolta alcuna attività istruttoria sulla dichiarazione del datore di lavoro in esame e senza che sia stata data alcuna motivazione della sua esistenza con riguardo a precedenti analoghe richieste.
Deve ritenersi, pertanto, che il provvedimento non sia motivato in modo completo in relazione all’oggetto della richiesta, con la conseguente sussistenza della denunciata violazione dell’art. 125 comma 3 cod. proc. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di Milano.
Così deciso il 26/10/2023