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Obbligo di dimora: quando è legittima la sostituzione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro la sostituzione del divieto di dimora con l’obbligo di dimora. La Corte ha ritenuto le due misure normativamente equivalenti e ha sottolineato che nuove questioni non possono essere sollevate per la prima volta in Cassazione. La decisione evidenzia l’importanza di presentare tutte le argomentazioni difensive nei gradi di merito.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Dimora: Legittima la Sostituzione del Divieto secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2527 del 2024, affronta un’interessante questione di procedura penale relativa alle misure cautelari. La decisione chiarisce la legittimità della sostituzione della misura del divieto di dimora con quella, apparentemente opposta, dell’obbligo di dimora nello stesso comune. Questa pronuncia offre importanti spunti sull’equivalenza normativa delle misure e sui limiti delle questioni sollevabili in sede di legittimità.

I Fatti del Caso: Dal Divieto all’Obbligo di Dimora

La vicenda processuale riguarda una persona inizialmente sottoposta a custodia cautelare in carcere per reati gravi, tra cui riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione. In vista della scadenza dei termini di custodia, la misura era stata sostituita con il divieto di dimora nel comune di Roma, al fine di mantenere le esigenze cautelari.

Successivamente, la difesa presentava un’istanza per la revoca di tale misura. La Corte di Assise di Roma, tuttavia, invece di accogliere la richiesta di revoca, decideva di sostituire il divieto di dimora con l’obbligo di dimora sempre nel comune di Roma. Questa decisione veniva impugnata davanti al Tribunale del Riesame, che confermava il provvedimento. Contro tale ordinanza, la difesa proponeva ricorso per Cassazione.

L’Ordinanza Impugnata e i Motivi del Ricorso

Il ricorso in Cassazione si fondava su un presunto vizio di motivazione. Secondo la difesa, imporre un obbligo di dimora era illogico e contrastante con la libertà di movimento della ricorrente, la quale si trovava nell’impossibilità di fare rientro nel proprio paese d’origine. Inoltre, si sosteneva che la nuova misura fosse in contraddizione con le ragioni che avevano originariamente giustificato il divieto di dimora, ovvero la necessità di recidere ogni contatto tra l’imputata e il luogo in cui era stata commessa l’attività criminosa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e basata su due principi cardine.

Equivalenza Normativa tra le Misure

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio già affermato in precedenza (Cass. n. 50392/2014): il divieto e l’obbligo di dimora, pur avendo effetti pratici opposti, sono considerati normativamente equivalenti sotto il profilo della gravità astratta. Entrambe le misure sono infatti disciplinate dallo stesso articolo, il 283 del codice di procedura penale. Di conseguenza, la sostituzione di una con l’altra è legittima, rientrando nel potere discrezionale del giudice di adeguare la misura cautelare alle esigenze del caso concreto. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto ragionevole la scelta del giudice di merito, motivata dal fatto che la persona offesa si era allontanata dal territorio e che l’imputata risultava residente a Roma.

L’Inammissibilità delle Questioni Nuove

Il secondo e decisivo punto riguarda la natura delle doglianze presentate. La Corte ha osservato che la questione relativa alla necessità della ricorrente di fare rientro in Romania non era mai stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio. Si trattava, quindi, di una “questione inedita”. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non è possibile introdurre per la prima volta in sede di Cassazione argomenti e fatti che non sono stati sottoposti alla valutazione del giudice di merito. Tale questione, pertanto, è stata ritenuta del tutto inammissibile.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame offre due importanti lezioni. La prima è che la scelta tra misure cautelari dello stesso “rango” normativo, come il divieto e l’obbligo di dimora, spetta alla valutazione discrezionale del giudice, che deve motivare la sua scelta in base alle specifiche esigenze cautelari del momento. La seconda, di natura prettamente processuale, è un monito fondamentale per la strategia difensiva: tutte le argomentazioni, le richieste e le circostanze di fatto devono essere presentate e discusse compiutamente nei gradi di merito. Introdurre questioni nuove davanti alla Corte di Cassazione è una via destinata all’insuccesso, poiché il giudizio di legittimità è confinato al controllo della corretta applicazione del diritto e non può estendersi a nuove valutazioni di fatto.

È legittimo sostituire un divieto di dimora con un obbligo di dimora nello stesso comune?
Sì, la Corte di Cassazione lo ritiene legittimo. Sotto il profilo della gravità astratta, le due misure sono considerate equivalenti perché entrambe disciplinate dall’art. 283 del codice di procedura penale.

Posso presentare un nuovo motivo di ricorso per la prima volta in Cassazione?
No. La sentenza ribadisce che una questione non dedotta nei precedenti gradi di giudizio (in questo caso, la necessità di rientrare nel proprio paese) è considerata “inedita” e, come tale, del tutto inammissibile in sede di legittimità.

Cosa succede se il giudice non richiede il parere obbligatorio del pubblico ministero prima di sostituire una misura cautelare?
Si verifica una nullità a regime intermedio. Tuttavia, secondo la Corte, tale nullità avrebbe potuto essere eccepita solo dalla parte il cui interesse è tutelato dalla norma, ovvero lo stesso pubblico ministero, e non dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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