Obbligo di Dimora: Non si Sconta dalla Pena, Chiarisce la Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena: il periodo trascorso in regime di obbligo di dimora non è, di regola, fungibile con la pena detentiva. Questa pronuncia chiarisce i confini applicativi dell’articolo 657 del codice di procedura penale, specificando quando una misura cautelare può essere ‘scontata’ dalla condanna definitiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata, la quale aveva richiesto al Giudice dell’Esecuzione di riconoscere la fungibilità tra la pena da espiare e il periodo in cui era stata sottoposta alla misura cautelare dell’obbligo di dimora. Tale misura includeva anche la prescrizione di permanere presso la propria abitazione durante le ore notturne.
Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Agrigento, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato la domanda inammissibile. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un presunto vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo basato su motivi manifestamente infondati. La decisione conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza, condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché l’Obbligo di Dimora non è Fungibile
Il cuore della pronuncia risiede nella chiara distinzione tra l’obbligo di dimora e misure cautelari più afflittive come gli arresti domiciliari. La Corte ha spiegato che, secondo un’interpretazione nomofilattica costante, l’obbligo di dimora non può essere detratto dalla pena detentiva finale.
Esiste un’eccezione a questa regola, ma essa si applica solo in circostanze molto specifiche. La fungibilità può essere riconosciuta soltanto quando la misura dell’obbligo di dimora sia stata accompagnata da “un’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da renderla assimilabile al regime degli arresti domiciliari”.
Nel caso specifico, la Corte ha osservato che non era stata dimostrata alcuna anomala imposizione di obblighi aggiuntivi. Il semplice divieto di uscire dall’abitazione durante le ore notturne è stato considerato un elemento ordinario e connaturato alla misura stessa, non un’imposizione arbitraria capace di trasformarne la natura in qualcosa di simile agli arresti domiciliari.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione della Cassazione rafforza un principio cardine del diritto processuale penale: non tutte le limitazioni alla libertà personale subite in fase cautelare sono equivalenti ai fini del computo della pena. L’ordinanza chiarisce che l’obbligo di dimora, nella sua configurazione standard (comprensiva del coprifuoco notturno), non ha un grado di afflittività tale da poter essere equiparato alla detenzione e, di conseguenza, da poter essere scomputato dalla pena definitiva. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che solo in presenza di prescrizioni accessorie eccezionali e particolarmente restrittive, che snaturino la misura stessa, sarà possibile invocare il principio di fungibilità.
L’obbligo di dimora può essere sottratto dalla pena finale da scontare?
Di regola no. Secondo la Corte di Cassazione, la misura cautelare dell’obbligo di dimora non è fungibile con la pena detentiva, ai sensi dell’art. 657 del codice di procedura penale.
Esistono delle eccezioni in cui l’obbligo di dimora diventa fungibile con la pena?
Sì, ma solo in casi eccezionali. L’obbligo di dimora può essere considerato fungibile se è accompagnato da obblighi aggiuntivi, imposti in modo anomalo e arbitrario, che lo rendono di fatto assimilabile al regime degli arresti domiciliari.
La prescrizione di rimanere in casa durante le ore notturne è sufficiente a rendere l’obbligo di dimora fungibile con la pena?
No. L’ordinanza chiarisce che il divieto di uscire dall’abitazione nelle ore notturne è un elemento ordinario e comune dell’obbligo di dimora e non costituisce un’imposizione anomala tale da renderlo assimilabile agli arresti domiciliari e quindi fungibile con la pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34872 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34872 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CANICATTI’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/03/2024 del GIP TRIBUNALE di AGRIGENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 20 marzo 2024 il GIP del Tribunale di Agrigento, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l domanda introdotta da Milazzo Morena, tesa ad ottenere il riconoscimento della fungibilità tra la sottoposizione ad obbligo di dimora (con permanenz in casa in ore notturne) e pena.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge – Milazzo Morena deducendo vizio di motivazione.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati
Ed invero, per costante interpretazione nomofilattica, ai fini della determinazi della pena detentiva da eseguire a seguito di condanna per un determinato reat la misura cautelare dell’obbligo di dimora subita in relazione ad esso, n fungibile, ai sensi dell’art. 657 cod. proc. pen., con la pena inflitta, salvo accompagnata dall’arbitraria imposizione all’imputato di obblighi tali da rende assimilabile al regime degli arresti domiciliari (da ultimo Sez. I n. 37302 9.9.2021, rv 281908). Nel caso in esame non è stata dimostrata, come si argomentato in sede di merito, alcuna anomala imposizione di obblighi aggiuntivi, essendo stato imposto il solo, ordinario, divieto di uscita dalla abitazione notturne.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna dell ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 20 giugno 2024
Il Consigliere estensore
WPresidente