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Obbligo di dimora: durata e limiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro un’ordinanza che imponeva, oltre all’obbligo di dimora, la permanenza domiciliare per tredici ore al giorno. Secondo la Corte, la legittimità di tale prescrizione non dipende dalla sua durata, ma dalla sua ‘non arbitrarietà’ e dalla sua funzione di tutela delle esigenze cautelari, come impedire contatti con i coimputati in un reato associativo.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Obbligo di Dimora: Non Conta Quante Ore, ma Perché. La Cassazione Spiega

L’obbligo di dimora è una delle misure cautelari più comuni nel nostro ordinamento, finalizzata a controllare i movimenti di un indagato o imputato in attesa della definizione del suo processo. Ma cosa succede quando a questa misura si aggiungono prescrizioni accessorie, come quella di non allontanarsi dalla propria abitazione per un numero considerevole di ore al giorno? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 10527/2024) fa luce sui criteri di legittimità di tali restrizioni, spostando il focus dalla durata quantitativa alla giustificazione qualitativa.

Il Caso in Analisi

Un soggetto, sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo di dimora, si è visto imporre dal giudice anche due prescrizioni aggiuntive: l’obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione per tredici ore al giorno e quello di presentarsi quotidianamente alla polizia giudiziaria. Ritenendo la lunga permanenza forzata in casa eccessiva e sproporzionata, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, contestando la decisione del Tribunale.

La Decisione della Corte: l’obbligo di dimora e la non arbitrarietà

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità del provvedimento impugnato. Il punto centrale della decisione non risiede nella valutazione del numero di ore di permanenza domiciliare, ma nel principio della “non arbitrarietà” della prescrizione.

Secondo gli Ermellini, il ricorso dell’imputato si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in precedenza, senza muovere una critica specifica e puntuale al ragionamento del giudice che aveva imposto la misura. Questo vizio procedurale è stato uno dei motivi principali della declaratoria di inammissibilità.

Le Motivazioni

Entrando nel merito della questione, la Corte ha chiarito un aspetto fondamentale: non esiste una norma di legge che fissi un tetto massimo di ore per la prescrizione di permanenza domiciliare accessoria all’obbligo di dimora. Di conseguenza, il parametro per giudicarne la legittimità non può essere meramente temporale.

Il vero criterio, come sottolineato anche da precedenti pronunce (in particolare la sentenza n. 37302/2021), è la funzionalità della prescrizione rispetto alle esigenze cautelari del caso specifico. Nel caso di specie, l’imputato era gravemente indiziato per un reato associativo. La restrizione oraria, sebbene significativa, era stata imposta con lo scopo preciso di impedirgli di mantenere contatti con i coimputati e, quindi, di tutelare le esigenze investigative.

La motivazione del giudice, seppur sintetica, è stata ritenuta logica e sufficiente, in quanto ha stabilito un nesso chiaro tra la contestazione (reato associativo) e la misura imposta (limitare le opportunità di contatto). La prescrizione, dunque, non era arbitraria, ma mirata a uno specifico e legittimo scopo cautelare.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: la validità di una prescrizione accessoria a una misura cautelare come l’obbligo di dimora non si misura con il cronometro. Ciò che conta è la solidità della motivazione che la sorregge. Il giudice deve spiegare in modo chiaro perché quella specifica restrizione è necessaria per soddisfare una o più esigenze cautelari. Per la difesa, di contro, non è sufficiente lamentare la gravosità della misura, ma è indispensabile dimostrare che essa sia arbitraria, illogica o sproporzionata rispetto allo scopo cautelare dichiarato dal giudice.

Esiste un limite massimo di ore per la prescrizione di permanenza in casa accessoria all’obbligo di dimora?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che non esiste una norma specifica che stabilisca un orario massimo. La valutazione si basa sulla necessità concreta.

Qual è il criterio per giudicare la legittimità della durata di tale prescrizione?
Il criterio fondamentale è la ‘non arbitrarietà’ della misura, che deve essere funzionale a tutelare specifiche esigenze cautelari (es. impedire contatti con coimputati), e non la sua mera durata temporale.

Perché il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché riproduceva censure già respinte dal giudice precedente senza una critica specifica alle argomentazioni della decisione impugnata, e perché la misura era stata considerata correttamente motivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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