Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30931 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30931 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi, come da requisitoria scritta del 18 marzo 2024.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono, con separati atti a firma del comune difensore, per l’annullamento della sentenza del 18 ottobre 2023 della Corte di appello di Torino che, pronunciando sui loro gravami, ha confermato la sentenza del 30 novembre 2022 del Tribunale di Torino che li aveva condannati, rispettivamente, alla pena di quattro mesi e venti giorni di arresto ed euro 29.000 euro di ammenda, il COGNOME, e tre mesi e dieci giorni di arresto e 26.000 euro di ammenda, il COGNOME, perché ritenuti colpevoli dei reati di cui ai capi A, limitatamente alla demolizione del rustico e alla ricostruzione del fabbricato di cui ai punti 1 e 2, B, C, D ed E.
Secondo i Giudici di merito, gli imputati si sono resi responsabili dei reati loro ascritti perché, nelle rispettive qualità di proprietario/committente il COGNOME, titolare dell’impresa esecutrice dei lavori il RAGIONE_SOCIALE, avevano proceduto, in assenza di permesso di costruire, in zona sismica sottoposta anche a vincolo paesaggistico, alla demolizione totale di un rustico esistente e alla sua (non fedele) ricostruzione con spostamento dell’area di sedime (art. 44, lett. c, d.P.R. n. 380 del 2001; capo A), alla realizzazione dei lavori mediante opere in cemento armato senza un progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato, senza la direzione del tecnico e senza aver presentato la denunzia allo sportello unico del Comune (artt. 71, 72 d.P.R. n. 380 del 2001; capi B e C), senza aver presentato la denunzia anche a fini sismici (art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001) e senza l’autorizzazione dell’autorità preposta al vincolo paesaggistico (capo E).
La Corte di appello, nel confermare la condanna, ha però sostituito la pena detentiva inflitta al COGNOME con quella del lavoro di pubblica utilità.
2.NOME COGNOME articola tre motivi.
2.1.Con il primo deduce la violazione di legge in ordine al calcolo del tempo necessario a prescrivere e il vizio di motivazione omessa, contraddittoria ed illogica.
Deduce, in particolare che:
(i) la natura accidentale del crollo del manufatto preesistente non è una mera postulazione difensiva, bensì un fatto accertato e corroborato dalla copiosa documentazione fotografica in atti;
(il) la ricostruzione successiva al crollo è stata ef’ettuata nella consapevolezza di poter sanare successivamente l’opera;
(iii) l’immobile non era sottoposto a vincolo, essendo vincolata l’area di sedime;
(iv) il Comune di Baldissero non è sottoposto a vincolo ambientale ma unicamente al vincolo stradale;
(v) non è chiaro come sia stato calcolato il supposto incremento volumetrico, errando la Corte di appello quando ritiene raggiunta la prova della esistenza o della possibilità di ricostruire le piante originarie del rustico, non essendo sufficiente il richiamo alla testimonianza del tecnico comunale;
(vi) non è stata presa in considerazione la testimonianza del geometra COGNOME che aveva negato la presenza di piantine originarie del rustico.
2.2.Con il secondo motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., in relazione alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ingiustamente ed immotivatamente negata anche dalla Corte di appello nonostante la presenza di indici non ostativi alla sua applicazione.
2.3.Con il terzo motivo lamenta l’erroneo calcolo della pena sostituita deducendo la prescrizione del reato di cui al capo E di cui non si è tenuto conto nella determinazione della pena.
3.NOME COGNOME articola due motivi corrispondenti, anche per contenuti, al primo ed al terzo motivo del ricorso del COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili.
2.Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che i ricorrenti, previo deposito di comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) per la realizzazione di un servizio igienico sanitario, il rifacimento della pavimentazione e di nuove tramezzature interne, in dichiarata assenza di opere strutturali, avevano invece proceduto alla demolizione del rustico oggetto della comunicazione e alla realizzazione, al suo posto, di un nuovo fabbricato in cemento armato posizionato in luogo diverso e in totale mancanza dei titoli edilizi necessari alla sua edificazione trattandosi di nuova costruzione in cemento armato e avuto riguardo ai vincoli gravanti sull’area (sismico e paesaggistico). Nel disattendere le deduzioni difensive del crollo accidentale e della successiva messa in sicurezza dell’immobile onde evitare ulteriori danni, la Corte di appello ha stigmatizzato la contraddittorietà di tali deduzioni rispetto alla natura e consistenza delle opere realizzate, di completo rifacimento dell’immobile stesso e del o spostamento dell’area di sedime, escludendo che si trattasse di meri interventi conservativi: «queste opere hanno nei fatti comportato un radicale e irreversibile mutamento dello stato dei luoghi, del tutto incompatibile con le finalità esplicitate
nell’interesse degli imputati, ma piuttosto evidentemente preordinate alla realizzazione di un nuovo manufatto con caratteristiche differenti da quelle dell’edificio preesistente» (pag. 7). Inoltre, in base alla testimonianza del tecnico comunale, la Corte territoriale ha ritenuto di poter ricostruire la consistenza del preesistente immobile avuto riguardo alle istanze che il precedente proprietario aveva in precedenza presentato al Comune.
3.Tanto premesso i primi motivi, comuni a entrambi i ricorsi, sono generici, manifestamente infondati e proposti al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità. ,r
( 3.1.Fermo quanto oltre si dirà (§§ 3.2-3.3), i ricorrenti postulano, in buona sostanza, l’irrilevanza penale dell’intervento edilizio in considerazione della natura accidentale del crollo, della legittimità dell’aumento volumetrico impresso all’immobile preesistente, dell’assenza di vincoli gravanti sull’immobile.
3.2.Premesso che non sono oggetto di specifica contestazione le violazioni edilizie rubricate ai capi B, C e D, le deduzioni difensive sono manifestamente infondate e si basano su allegazioni fattuali che contrastano platealmente con quello che risulta dalla sentenza impugnata il cui testo (e la fedeltà della motivazione alle prove assunte) non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità in assenza di formale (e corretta) deduzione del travisamento delle prove utilizzate (e utilizzabili) ai fini della decisione.
3.3.L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legis la tore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Cori:e di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01).
3.4.E’ possibile estendere l’indagine di legittimità al contenuto delle singole prove solo quando la contraddittorietà estrinseca della motivazione risulti da “atti del processo specificamente indicati” (cd. travisamento della prova), vizio configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo
illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/ probatorio (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME Welton, Rv. 283370 – 01; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257499; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME, n.m. sul punto).
3.5.Poiché il vizio riguarda la ricostruzione del fatto effettuata utilizzando la prova travisata, se l’errore è imputabile al giudice di primo grado la relativa questione deve essere devoluta al giudice dell’appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per cassazione, in caso di c.d “doppia conforme”, il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rappresentato (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014, COGNOME, Rv. 261438; Sez. 6, n. 5146 del 2014, cit.), a meno che, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, il giudice di secondo grado abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (nel qual caso il vizio può essere eccepito in sede di legittimità, Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, COGNOME, Rv. 258438).
3.6.Infine, in caso di travisamento della prova è onere del ricorrente, in virtù del principio di “autosufficienza del ricorso”, suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; Sez. E. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302). Non è sufficiente, a tal fine, riportare meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedere ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, COGNOME, Rv. 260994, secondo cui la condizione della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità, può essere soddisfatta nei modi più diversi quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito -, purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. 7.), e 591 cod.
proc. pen.). E’ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato prabatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in rnodo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2011), Damiano, Rv. 249035). Il principio di autosufficienza del ricorso trova applicazione anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’art. 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ove a ciò egli non abbia provveduto nei modi sopra indicati (Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419 – 01; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432 01).
3.7.0rbene, nel caso in esame, i ricorrenti strutturano i propri ricorsi attingendo al materiale istruttorio che inseriscono per brani nella trama dei motivi dando per scontata la possibilità della Corte di cassazione di consultare gli atti del fascicolo del dibattimento, di leggerne il contenuto e di valutare in tal modo la tenuta logica della motivazione.
3.8.0perazione, come detto, preclusa in questa sede perché tipica della fase di merito e completamente estranea al sindacato di legittimità. Non è ammesso, in questa sede, proporre un’interlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove già ampiamente scrutinate in sede di merito sollecitandone l’esame e proponendole quale criterio di valutazione della illogicità manifesta della motivazione; in questo modo si sollecita la Corte di cassazione a sovrapporre la propria valutazione a quella dei Giudici di merito laddove, come detto, ciò non è consentito, nemmeno quando venga dedotto il travisamento della prova che non costituisce mezzo di valutazione nel merito della prova, bensì strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
3.9.Le considerazioni che precedono valgono sia per le prove delle quali i ricorrenti lamentano il malgoverno, sia per quelle delle quali lamentano l’omesso esame integrale, come la testimonianza, in particolare, del Geom. COGNOME che aveva negato l’esistenza di piantine preesistenti sulla cui base computare le dimensioni planovolumetriche del rudere demolito/crollato. In disparte, come si vedrà, l’irrilevanza (e, dunque, la non decisività) della informazione probatoria
asseritamente negletta (peraltro non favorevole agli imputati), resta il da formale della omessa allegazione integrale del verbale di prova e della mancata deduzione della specifica impugnazione sul punto della sentenza di primo grado. I ricorrenti, cioè, non deducono di aver già impegnato il giudice dell’appello sulla questione oggi devoluta.
3.1.Resta, dunque, il fatto così come ricostruito dei Giudici di merito secondo i quali i ricorrenti avevano proceduto alla demolizione del rudere preesistente e alla sua ricostruzione in area di sedime diversa, e con aumento di volumetria.
3.2.0rbene, come detto, non è chiaro sotto quale profilo (e perché) i ricorrenti ritengono l’irrilevanza penale della condotta rubricata al capo A. Essi non affrontano mai la questione centrale: la qualificazione normativa dell’intervento (eseguito, di ribadisce, in base a semplice CILA) e la conseguente verifica del titolo edilizio richiesto per esso, non avendo rilevanza alcuna, si può sin d’ora anticipare, la natura accidentale o meno del crollo dell’immobile oggetto della CILA.
3.3.Si desume, dalle loro difese, che essi ipotizzano la ristrutturazione del fabbricato preesistente accidentalmente crollato, ma non è compito della Corte di cassazione interpretare il libello difensivo per comprendere in cosa consista la dedotta violazione di legge, con conseguente aspecifità dei motivi stessi ma anche contraddittorietà intrinseca, avendo i ricorrenti perseverato nella tesi della natura conservativa degli interventi effettuati su un immobile che essi stessi avevano dedotto esser crollato. E’ un dato di fatto che la Corte di appello ha comunque escluso che gli interventi potessero essere qualificati come meramente “conservativi” ed ha destinato alla assoluta irrilevanza la dedotta speranza di poter un domani sanare l’abuso, sanatoria che, peraltro, non risulta sia stata mai rilasciata, benché richiesta.
3.4.In ogni caso, non v’è dubbio che la demolizione e ricostruzione di un fabbricato possa essere qualificata come intervento di “ristrutturazione” ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d, d.P.R. n. 380 del 2001, anche se l’immobile venga ricostruito con diversa sagoma, diversi prospetti (oggi anche diversa area di sedime) e diverse caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, e che tale intervento possa essere eseguito previa segnalazione certificata di attività (cd. SCIA leggera) quando non comporti alcuna delle conseguenze di cui all’art. 10, comma 1, lett. c, d.P.R. n. 380 del 2001 (nella versione vigente all’epoca dei fatti), riguardo, per quanto qui rileva, alla volumetria complessiva che, se non modificata, non richiede il permesso di costruire (art. 22, comma 1, lett. c, d.P.R. n. 480 del 2001).
3.5.11 punto è, però, che la ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, anche quando tende alla fedele riproduzione del precedente
immobile, non è soggetta a SCIA, cd. “leggera”, se l’intervento non è conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della discip urbanistico-edilizia vigente.
3.6.Sicché, stando al chiaro tenore letterale dell’art. 22, collima 1, d.P.R. 380 del 2001, la violazione delle norme edilizie in materia di opere d conglomerato cementizio armato, delle norme che disciplinano l’edilizia nelle zone sismiche e/o nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, osta alla possibilità di realizzare gli interventi di ristrutturazione, in qualunque mo vengano realizzati, in base a semplice SCIA cd. “leggera”.
3.7.Va altresì aggiunto che, ai sensi dell’art. 3, comma GLYPH lett. d, ultima parte, d.P.R. n. 380 del 2001, nella versione vigente ratione temporis, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costitu interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medes sagoma dell’edificio preesistente (circostanza, quest’ultima, esclusa dalla Cort di appello con motivazione insindacabile). La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, al riguardo, che è sufficiente che il vincolo paesaggistico riguardi la zo (e dunque l’area di sedime) e non il singolo immobile (Sez. 3, n. 47436 del 12/10/2021, COGNOME, Rv. 282619 – 01; Sez. 3, n. 33043 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 267454 – 01).
3.8.Non solo. All’epoca del fatto la ricostruzione dell’immobile in area di sedime diversa da quella dell’immobile demolito/crollato escludeva in radice la qualificazione dell’intervento come “ristrutturazione edilizia” (Sez. 3, n. 2301 del 10/01/2020, COGNOME, Rv. 280338 – 01; Sez. 3, n. 32899 del 20/04/2017, COGNOME, Rv. 270591 – 01). Il legislatore è intervenuto sul punto modificando l’art 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, e ricomprendendo nella categoria degli interventi qualificabili come di ristrutturazione edilizia anche la successi ricostruzione in area di sedime diversa da quella dell’edificio preesistente (a 10, comma 1, lett. b, n. 2, dl. 76 del 2020, convertito con modificazioni dall legge n. 120 del 2020). Contestualmente, ha però escluso che la modifica dell’area di sedime consenta di qualificare l’intervento di demolizione ricostruzione come ristrutturazione edilizia quando effettuata in zona sottoposta a vincolo paesaggistico; con la conseguenza che in questi casi l’intervento va sempre qualificato come di “nuova costruzione”.
3.9.In ultima analisi, l’intervento di demolizione dell’immobile e la sua ricostruzione in area di sedime diversa va sempre qualificato come “nuova costruzione” quando l’area è gravata da vincolo paesaggistico.
3.10.Nel caso di specie, trattandosi di zona sottoposta a vincolo paesaggistico, la ricostruzione dell’immobile in area di sedime diversa esclude in
radice la qualificazione dell’intervento come “ristrutturazione edilizia”. Si trattava, di conseguenza, di nuova costruzione che necessitava il permesso di costruire, mai conseguito, tanto meno rilasciato in sanatoria.
3.11.Peraltro, gli stessi ricorrenti escludono, in modo contraddittorio e a loro non favorevole, la possibilità che i Giudici di merito fossero correttamente a conoscenza delle dimensioni del rudere preesistente. Il travisamento per omissione della testimonianza del geom. COGNOME neutralizzerebbe, in tesi difensiva, l’informazione probatoria relativa alla conoscenza di tale dato. Sennonché, l’impossibilità di accertare la preesistente consisterza del manufatto crollato o demolito impedisce di qualificare l’intervento come di ristrutturazione edilizia per l’espressa previsione contenuta nell’art. 3, lett. d, d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui «ostituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demolit attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza» (nel senso della necessità dell’accertamento della precedente consistenza, Sez. 3, n. 48947 del 13/10/2015, Pompa, Rv. 266031 – 01; Sez. 3, n. 32899 del 2017, cit.; Sez. 3, n. 40342 del 03/06/2014, Quarta, Rv. 260552 01).
4.Quanto al calcolo del tempo necessario a prescrivere, il primo motivo di ricorso del COGNOME nulla deduce di specifico.
Non si contesta, in particolare, il tempo durante il quale il termine è rimasto sospeso indicato dalla Corte di appello dal 30 gennaio 2019 al 14 gennaio 2022, pari a poco meno di quattro anni. Sicché, essendo stato il reato accertato nella metà del mese di ottobre 2016, la prescrizione matura nei primi giorni del mese di ottobre del corrente anno.
5.Quanto, invece, ai motivi comuni relativi alla determinazione della pena, il Collegio osserva:
5.1.il reato di cui all’art. 181 d.lgs. n. 42 del 2004, rubricato al capo E, è stato dichiarato estinto per prescrizione sin dal primo grado limitatamente ai manufatti di cui ai punti 3, 4, 5 e 6, ma non per le opere di cui al capo A, punti 1 e 2 (demolizione e ricostruzione del fabbricato con ulteriore realizzazione delle opere indicate alle lettere a, b, c e d del numero 2) pure in esso richiamato;
5.2.per tale reato il Tribunale aveva applicato, a titolo di continuazione, la pena di quattro mesi e venti giorni di arresto, integralmente confermata in appello;
5.3.il dispositivo della sentenza del Tribunale (come corretto con ordinanza del 30 dicembre 2022) è chiaro e tutt’altro che contraddittorio nella parte in cui predica la prescrizione solo di alcune delle condotte integranti il reato di cui al
capo E, affermando la non estinzione del medesimo reato in relazione alle condotte che in comune con quello di cui al capo A.
5.4.1 ricorsi sono perciò manifestamente infondati allorquando ritengono che il reato di cui al capo E sia stato dichiarato estinto per prescrizione nella sua interezza.
6.E’ generico e manifestamente infondato il motivo con il quale il Di COGNOME lamenta il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto esclusa dalla Corte di appello in considerazione della consistenza delle opere realizzate, delle plurime violazioni commesse, della insanab lità dell’opera e comunque della impossibilità di eliminarne le conseguenze dannose.
6.1.La Corte di appello fa buon governo dei principi più volte affermati dalla Corte di cassazione secondo cui, ai fini della applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. nelle ipotesi di violazioni urbanistiche e paesaggistiche, la consistenza dell’intervento abusivo – data da tipologia, dimensioni E caratteristiche costruttive – costituisce solo uno dei parametri di valutazione, assumendo rilievo anche altri elementi quali, ad esempio, la destinazione dell’immobile, l’incidenza sul carico urbanistico, l’eventuale contrasto con gli strumenti urbanistici e l’impossibilità di sanatoria, il mancato rispetto di vincoli e la conseguente violazione di più disposizioni, l’eventuale collegamento dell’opera abusiva con interventi preesistenti, la totale assenza di titolo abilitativo o il grado di difformità dallo stesso, il rispetto o meno di provvedimenti autoritativi emessi dall’amministrazione competente, le modalità di esecuzione dell’intervento (Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016, Mancuso, Rv. 266586; Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, COGNOME, Rv. 265450; Sez. 3, n. 676 del 21/09/2023, dep. 2024, My, non massinnata sul punto; Sez. 3, n. 30426 del 24/05/2022, non mass.; Sez. 3, n. 25632 del 17/05/2022, COGNOME, non mass.).
6.2.11 ricorrente focalizza le proprie censure sul diniego del Tribunale lamentando, quanto alla sentenza impugnata, che la Corte di appello avrebbe dovuto correttamente applicare l’art. 131-bis cod. pen. senza però confrontarsi con i parametri effettivamente e concretamente applicati dai Giudici distrettuali, completamente negletti. Inammissibile, perché fattuale e completamente avulsa dalla ratio decidendi, la deduzione del leggero grado di difformità volumetrica della nuova costruzione rispetto alla precedente, della insistita assenza di vincoli paesaggistici sull’immobile, della natura inaspettata del crollo, della astratta sanabilità dell’opera; si tratta di deduzioni che riguardano, semmai, la sussistenza dell’illecito e che non hanno alcuna rilevanza ai fini della valutazione della particolare tenuità dell’offesa, giustamente esclusa dalla Corte di appello nei termini e per le ragioni sopra indicati.
7.Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10/04/2024.