Nullità Relativa: La Cassazione Sottolinea i Termini per l’Eccezione
Nel complesso mondo della procedura penale, i termini e le forme non sono meri dettagli burocratici, ma garanzie fondamentali per un giusto processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda l’importanza di rispettare le scadenze per sollevare determinate eccezioni, pena la perdita del diritto a farle valere. Il caso in esame ruota attorno al concetto di nullità relativa e alla sua sanatoria per tardiva contestazione, un principio chiave che ogni operatore del diritto deve padroneggiare.
I Fatti del Caso: Un Ricorso Basato su un Vizio di Notifica
Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello, presentava ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza era un presunto vizio procedurale: la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello. Secondo la difesa, questo errore avrebbe compromesso il diritto di difesa e, di conseguenza, la validità dell’intero procedimento di secondo grado.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19870/2024, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La Corte non è entrata nel merito della presunta irregolarità della notifica, ma si è concentrata su un aspetto pregiudiziale: il momento in cui tale vizio è stato sollevato. La decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Tempistica della Nullità Relativa
Il cuore della decisione risiede nella qualificazione giuridica del vizio lamentato. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: l’inosservanza del termine di comparizione dell’imputato nel giudizio di appello, disciplinato dall’art. 601 del codice di procedura penale, costituisce una nullità relativa.
Cosa significa? A differenza delle nullità assolute, che sono insanabili e possono essere rilevate in ogni stato e grado del procedimento, le nullità relative devono essere eccepite dalla parte interessata entro termini perentori. In caso contrario, il vizio si intende ‘sanato’, ovvero corretto, e l’atto produce i suoi effetti come se fosse stato compiuto regolarmente.
La norma di riferimento in questo caso è l’art. 181, comma 3, del codice di procedura penale. Questa disposizione stabilisce che le nullità relative devono essere eccepite, a pena di decadenza, subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti in udienza. L’imputato, o il suo difensore, avrebbe dovuto sollevare la questione all’inizio stesso dell’udienza di appello, prima che il processo entrasse nel vivo. Avendo omesso di farlo, ha perso la possibilità di far valere il vizio in un momento successivo, come nel ricorso per cassazione. La Corte ha quindi concluso che l’eccezione era stata dedotta tardivamente, rendendo il ricorso inammissibile.
Conclusioni: L’Importanza del Rispetto dei Termini Processuali
Questa ordinanza offre una lezione fondamentale sulla diligenza processuale. Evidenzia come la strategia difensiva debba essere attenta non solo agli aspetti sostanziali della causa, ma anche e soprattutto al rigoroso rispetto delle regole procedurali. Un vizio potenzialmente invalidante, se non contestato nei tempi e nei modi corretti, perde ogni sua efficacia. Per gli avvocati, ciò significa un obbligo di vigilanza costante sin dalle prime fasi del giudizio, per garantire che ogni potenziale irregolarità sia tempestivamente eccepita a tutela dei diritti del proprio assistito. Per le parti, è la conferma che l’esito di un processo può dipendere tanto dal merito della questione quanto dalla corretta gestione della sua procedura.
Cos’è una ‘nullità relativa’ nel processo penale d’appello?
È un vizio procedurale, come l’inosservanza del termine di comparizione, che viene sanato se non è eccepito dalla parte interessata entro un termine specifico, ovvero immediatamente dopo l’accertamento della costituzione delle parti in udienza.
Quando deve essere contestata la nullità della notifica del decreto di citazione in appello?
Secondo la Corte di Cassazione, questa specifica nullità, essendo di natura relativa, deve essere eccepita subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti all’inizio dell’udienza d’appello, come previsto dall’art. 181, comma 3, c.p.p. Se non lo si fa, il vizio si considera sanato.
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente che ha sollevato tardivamente l’eccezione?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, non è stato esaminato nel merito e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19870 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME,
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che cor L la nullità della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme processuali tardivamente dedotte, così come risulta da consolidata giurisprudenza di legittimità, la quale statuisce che: «Nel giudizio di appello, l’inosservanza del termine di comparizione dell’imputato di cui all’art.601 cod. proc. pen. costituisce una nullità relativa, che è sanata se non eccepita nei termini di cui all’art.181, comma 3, cod. proc. pen., e, precisamente, subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti» (Rv.257113);
t
Rilevato che la richiesta deve essere dichiarata inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024.