Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12639 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CHISINAU (MOLDAVIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica dell’AVV_NOTAIO che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza impugnata in questa sede, ha dichiarato la nullità della sentenza pronunciata nei confronti di NOME dal Tribunale di Milano 1’11 aprile 2014, ordinando la restituzione degli atti al giudice di primo grado. La Corte rilevava che dagli atti non risultava la prova che l’imputato avesse avuto effettiva conoscenza del processo svolto in primo grado,
con conseguente nullità della citazione e, quindi, del giudizio svoltosi, poiché omessa la prima in violazione dell’art. 179 cod. proc. pen.
2. Ha proposto ricorso la difesa dell’imputato deducendo, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di nullità, in relazione agli artt. 178, lett. c), 179, comma 1, 185, comma 1 e 3, cod. proc. pen.; la Corte territoriale non aveva considerato che la rilevata nullità “di ordine generale ex art. 179 cod. proc. pen.” non aveva colpito esclusivamente la citazione a giudizio dell’imputato, ma si era già manifestata in relazione alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini e del successivo avviso della fissazione dell’udienza preliminare, come evidenziato con il motivo di appello, attesa la nullità del verbale di elezione di domicilio redatto nei confronti dell’imputato tratto in arresto; di qui l’errata applicazione del principio fissato dall’art. 185 cod. proc. pen., dovendo regredire il procedimento allo stato ed al grado in cui si è verificata la nullità dedotta e accertata, ossia con la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Milano per la rinnovazione della notifica degli atti prodromici all’udienza preliminare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, poiché il motivo di ricorso posto a base dell’impugnazione è manifestamente infondato.
La decisione della Corte territoriale è corretta quanto all’applicazione della norma processuale; le questioni di nullità rilevabili in grado di appello possono attenere unicamente alla fase del giudizio di primo grado, poiché quelle relative alla fase anteriore dovevano esser dedotte, o rilevate, in momenti anteriori (art. 181, comma 2, cod. proc. pen.), salvo che si fosse trattato di nullità assolute.
Dalla stessa esposizione del vizio lamentato dal ricorrente’ non può affermarsi che la nullità evocata con l’atto di appello, relativa agli atti delle indagini e quin dell’udienza preliminare, fosse di natura assoluta, trattandosi non di omessa citazione dell’imputato ma di citazione con vizi della notificazione (v., ad esempio, Sez. 5, n. 47561 del 11/10/2016, Morosi, Rv. 268702 – 01).
Ad ogni modo, la disposta regressione del procedimento alla fase iniziale del giudizio consente alla parte di dedurre tempestivamente le eventuali cause di nullità già verificatesi nella fase processuale immediatamente successiva alla conclusione delle indagini; sicché difetta l’interesse della parte ad impugnare la sentenza, non essendosi realizzato un pregiudizio in termini di preclusione della possibilità di eccepire i vizi indicati nel motivo di ricorso.
La censura è, dunque, manifestamente infondata
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/2/2024