Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30589 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30589 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata deliberata il 26 febbraio 2024 dalla Corte di appello di Firenze, che ha riformato in punto di trattamento sanzioNOMErio la condanna pronunziata dal Tribunale di Firenze nei confronti di NOME COGNOME per il reato di tentato furto.
Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione l’imputato a mezzo del difensore di ufficio.
L’unico motivo di ricorso denunzia violazione degli artt. 178, lett. c), 179, 420-quater e 604 cod. proc. pen. e nullità di entrambe le sentenze di merito perché l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, il decreto di citazione per il giudizio di primo grado e quello per il giudizio di appello destinati all’imputato erano stati notificati all’AVV_NOTAIO quale difensore domiciliatario.
Ciò era avvenuto sulla base di un’elezione di domicilio che l’imputato aveva sottoscritto il 22 novembre 2016, allorché l’AVV_NOTAIO era stata anche nominata difensore di ufficio.
Tanto premesso, dopo aver richiamato varie pronunzie ch legittimità, tra cui Sezioni Unite NOME e Sezioni Unite Innaro, il ricorrente sostiene che la celebrazione del processo in assenza può essere consentita solo quando l’imputato abbia effettiva conoscenza della vocatio in iudicium ovvero quando risulti che egli si sia volontariamente sottratto al processo stesso e tale conoscenza, come autorevolmente affermato da questa Corte, non può essere evinta dalla mera elezione di domicilio dell’imputato presso il difensore di ufficio, con il quale non risulta instaurato alcun effettivo rapporto professionale.
Il ricorso lamenta altresì che la motivazione che la Corte distrettuale ha dedicato al rigetto dell’eccezione di nullità sarebbe errata; il riferimento – che si legge nella sentenza impugnata – alla norma dell’art. 604, comma 5-bis cod. proc. pen. e alla mancata scelta di presentare motivi aggiunti non sarebbe conferente, quanto alla prima, perché la disposizione è entrata in vigore con il d.lgs 150 del 2022, quindi ben dopo il deposito dell’atto di appello e, quanto alla seconda, perché i motivi nuovi devono riferirsi a quelli principali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. Occorre precisare, in via preliminare, che la questione posta dal ricorso è di ordine processuale, sicché questa Corte è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito dal Giudice a quo per giustificarla. La Corte di cassazione, infatti, in presenza di una censura di carattere processuale, può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugNOME e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche non correttamente giustificata o giustificata solo a posteriori (Sez. 5, n. 19970 del 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636; Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 255515; in termini, Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, COGNOME NOME ed altri, Rv. 221322). Per addivenire a questo risultato, alla Corte di cassazione è
riconosciuto il ruolo di Giudice «anche del fatto», che, per risolvere la questione in rito, può e deve accedere all’esame dei relativi atti processuali, viceversa precluso quando si tratti di vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220092; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304).
Tracciato l’ambito valutativo in cui la decisione si inserisce, in primo luogo va smentita la correttezza della ratio decidendi della sentenza impugnata riguardo alla questione di nullità della sentenza di primo grado formulata per la prima volta dalla difesa dell’imputato all’udienza dinanzi alla Corte di merito; quest’ultima ha respinto l’eccezione per tardività, in applicazione dell’art. 604, comma 5-bis cod. proc. pen. come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, secondo cui la nullità legata alla non corretta dichiarazione di assenza dell’imputato «è sanata se non è stata eccepita nell’atto di appello».
Tale conclusione trova smentita del disposto dell’art. 89, comma 1, d.lgs 150 del 2022, contenente disposizioni transitorie in materia di assenza, che recita: «l. Salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, quando, nei processi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, e’ stata gia’ pronunciata, in qualsiasi stato e grado del procedimento, ordinanza con la quale si e’ disposto procedersi in assenza dell’imputato, continuano ad applicarsi le disposizioni del codice di procedura penale e delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale in materia di assenza anteriormente vigenti, comprese quelle relative alle questioni di nullita’ in appello e alla rescissione del giudicato». In questo caso, la dichiarazione di assenza del Giudice di primo grado si colloca in data anteriore al 30 dicembre 2022, donde non trova applicazione la norma evocata dalla Corte territoriale, che chiama in causa, appunto, le «disposizioni in materia di assenza […A relative alle questioni di nullità in appello» (Sez. 4, n. 5897 del 1/2/2023, n.m.).
Sgomberato il campo dall’argomentazione preclusiva della Corte di merito, la questione di nullità va affrontata in questa sede, con gli strumenti di verifica diretta degli atti processuali a disposizione di questa Corte. Solo all’esito – pur con un’apparente inversione logico-giuridica, giustificata tuttavia dalla preliminare necessità di interrogarsi sulla correttezza della dichiarazione di assenza dell’imputato – si affronterà il tema posto dalla requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, che ha reputato inammissibile il ricorso per cassazione per inosservanza del disposto di cui all’art. 581, comma 1quater cod. proc. pen.
Orbene, per valutare la questione di nullità posta, il Collegio ha verificato che in atti vi è un’elezione di domicilio a firma dell’imputato del 22 novembre 2016 (stessa data della commissione del reato), che è stata rilasciata su modulo prestampato in uso alla polizia giudiziaria, con nomina di difensore di ufficio ed elezione di domicilio presso quest’ultimo. L’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen., il decreto di citazione a giudizio per il primo grado e quello di appello destinati all’imputato sono stati notificati al difensore di ufficio domiciliatario l’imputato non ha mai nomiNOME difensore di fiducia e non è mai comparso né in primo grado né in appello e si è proceduto, in entrambi i gradi di merito, in sua assenza, con l’assistenza del difensore di ufficio, che è anche il firmatario del ricorso per cassazione; al momento dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non era entrata in vigore la disposizione di cui all’art. 162, comma 4bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103.
Ciò posto, la vicenda oggi sub iudice appare del tutto sovrapponibile a quella valutata in Sez. 5, n. 22752 del 21/01/2021, NOME, Rv. 281315, in cui la situazione processuale all’attenzione del Collegio riguardava un’imputata difesa di ufficio e domiciliata presso il difensore sulla scorta di un atto redatto dalla polizia giudiziaria in concomitanza con l’accertamento del reato, nei confronti della quale si era proceduto in assenza in entrambi i gradi di merito e che non aveva mai nomiNOME difensore di fiducia.
Il Collegio ritiene di poter integralmente mutuare il ragionamento svolto in quella occasione, ragionamento incentrato su due punti.
Il primo costituito dall’an della nullità, il secondo dalla sua natura.
4.1. Quanto al primo aspetto, il precedente evocato ha assimilato il caso allora al vaglio di questa Corte a quello oggetto di Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME, Rv. 279420, secondo cui, ai fini della dichiarazione di assenza, non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio da parte dell’imputato; al contrario, il giudice deve, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale con il legale domiciliatario, tale da fargli ritenere con certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso (decisione assunta in un caso anch’esso concernente fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen.). Le Sezioni Unite erano giunte a tale conclusione dopo una compiuta analisi dell’evoluzione normativa sul tema delle garanzie di conoscenza e partecipazione al procedimento fino alla legge sul processo in assenza, oltre che della giurisprudenza della Corte edu che aveva costituito lo stimolo per il legislatore.
Le Sezioni Unite, dunque, avevano ritenuto che l’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio non sia indicativa della concreta e reale conoscenza del procedimento, che sola potrebbe legittimare una notifica non a mani proprie del decreto di citazione a giudizio, salvo che emerga positivamente che vi sia stata un’effettiva instaurazione del rapporto professionale che abbia consentito il transito di informazioni circa la data e il luogo di celebrazione del processo e l’accusa a carico, dal difensore di ufficio all’imputato. La sentenza COGNOME aveva respinto l’esegesi secondo cui le situazioni di cui all’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. vadano intese come presunzioni di conoscenza del procedimento, pena un marcato arretramento in tema di garanzie, a dispetto delle finalità che avevano condotto ad una lunga evoluzione normativa e giurisprudenziale sul tema delle garanzie di partecipazione al procedimento. Quanto, in particolare, alle elezioni di domicilio relative a soggetti stranieri più o meno precari in Italia, le Sezioni Unite avevano sostenuto che l’elezione di domicilio deve essere seria e reale, dovendo essere apprezzabile un rapporto tra il soggetto ed il luogo dove dovrebbero essere indirizzati gli atti, onde evitare elezioni di domicilio «disattente» e «poco consapevoli». Applicati questi principi nel caso allora sub iudice, le Sezioni Unite avevano ritenuto corretta la statuizione della Corte di appello che aveva rilevato, di ufficio, la nullità della sentenza di primo grado per essere stata preceduta da una dichiarazione di assenza fondata sull’elezione di domicilio presso un difensore di ufficio da parte di un soggetto straniero, avvenuta in una fase precoce dell’evoluzione procedimentale. In particolare, la Corte di merito aveva reputato che il Giudice di prime cure non avesse correttamente vagliato tale elezione di domicilio quale indicatore di conoscenza del procedimento ai sensi dell’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. e che non vi fosse prova della conoscenza della chiamata in giudizio né di indicatori di una volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento da parte dell’imputato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’, dunque, sulla base degli insegnamenti delle Sezioni Unite, particolarmente confacenti al caso di specie, che Sez. 5, n. 22752 del 21/01/2021, NOME, cit. ha concluso per la nullità determinatasi in conseguenza della dichiarazione di assenza e della notificazione del decreto di citazione che l’aveva preceduta.
Una conclusione cui può giungersi anche quanto al caso al vaglio odierno del Collegio, dovendosi rilevare la piena sovrapponibilità dell’attuale regiudicanda a quella del precedente appena evocato e di Sezioni Unite NOME
4.2. Venendo al secondo aspetto – quello concernente la natura della nullità, in quel caso dedotta solo con il ricorso per cassazione – la sentenza NOME ha ritenuto trattarsi di nullità assoluta (in termini, tra molte altre, Sez. 6, n. 13052 del 12/3/2024, n.m.; Sez. 4, n. 5897 del 1/2/202:3, n.m.; Sez. 3, n.
48376 del 9/11/2022, n.m.; Sez. 6, n. 24250 del 6/6/2022, n.m.), riguardando il vizio sul versante del modello dovuto di notificazione; a tale conclusione la sentenza NOME è giunta attraverso tre distinti percorsi ricostruttivi.
4.2.1. In primo luogo la sentenza COGNOME ha riguardato la questione dal punto di vista del sistema notificatorio. In particolare, si è ritenuto che la non iscrivibilità automatica dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio nel novero degli indicatori di cui all’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen. si ripercuote sul regime delle notificazioni, legittimando, in assenza di altri indici di conoscenza del procedimento o di volontaria sottrazione al medesimo, la celebrazione del processo in assenza solo previa notifica a mani proprie del decreto di citazione a giudizio. Ineludibile è apparso, a questo proposito, il confronto con un caposaldo interpretativo sul tema dei rapporti tra la notifica dell’atto introduttivo del giudizio e le eventuali nullità che ne conseguano, vale a dire Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Palumbo, Rv. 229541, che aveva sancito il principio, in tema di notificazione della citazione dell’imputato, secondo cui la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti in concreto inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato. In questi casi – aveva sostenuto l’autorevole precedente – il giudice è tenuto a rilevare di ufficio la nullità, anche oltre i limiti previsti dall’art. 180 cod. p pen., e, se non gliene risultano le condizioni, è l’imputato che deve determinarne la cognizione ed eventualmente dimostrarne l’esistenza. Sul Imito, in particolare le Sezioni Unite avevano sostenuto che, quando, nonostante la sua idoneità in astratto, la notificazione effettuata in una forma diversa da quella prescritta non abbia conseguito lo scopo di portare l’atto di citazione a conoscenza dell’imputato, questi, se vuoi far valere la nullità assoluta stabilita dall’art. 179 comma 1, cod. proc. pen., non può limitarsi a denunciare l’inosservanza della norma processuale, ma deve anche rappresentare al giudice di non avere avuto conoscenza dell’atto e deve eventualmente avvalorare l’affermazione con elementi che la rendano credibile. Ebbene, tenuto conto degli insegnamenti di Sezioni Unite Palumbo, nel caso al vaglio odierno del Collegio, come in quello oggetto della sentenza Sez. 5, n. 22752 del 21/01/2021, NOME, cit., può escludersi che la notifica del decreto di citazione a giudizio all’imputato sia stata omessa, giacché essa è avvenuta in maniera formalmente regolare presso il domicilio eletto dall’imputato. Tuttavia, per le considerazioni svolte nella sentenza COGNOME, tale forma di notifica è diversa da quella prescritta, che sarebbe stata quella a mani proprie dell’imputato, difettando la valenza dell’elezione di domicilio presso il difensore di ufficio come indicatore di conoscenza del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
procedimento ex art. 420-bis, comma 2, cod. proc. peri, e, quindi, come presupposto per procedere in assenza dell’imputato e mancando altri indicatori di cui alla norma appena citata. Una notifica diversamente eseguita è, dunque, divergente dal modello notificatorio consentito, il che chiama in causa il principio stabilito dalla sentenza Palumbo, che va tuttavia reinterpretato alla luce della successiva evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite, In questo senso si è sostenuto – in Sez. 5, n. 22752 del 21/01/2021, NOME, cit. – che «Se, secondo i dicta di Sezioni Unite Palumbo, era la parte deducente che, per farla ritenere affetta da nullità assoluta, doveva dimostrare l’effettiva inidoneità informativa della notifica effettuata con modalità diverse da quelle prescritte, oggi, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale culminata con la sentenza NOME, nel caso di notificazione ex art. 161 cod. proc. pen. al difensore di ufficio, tale onere non può più ricadere sulla parte. Come sopra precisato, infatti, la sentenza COGNOME insegna che, ai fini della dichiarazione di assenza, è I giudice che deve verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi s,à stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso. Ebbene, tale esonero della parte da uno specifico dovere dimostrativo, sia pure in tema di dichiarazione di assenza, non può non avere rilievo anche rispetto all’operazione di classificazione della nullità, che deve ritenersi assoluta a prescindere dalla dimostrazione, da parte di chi la invoca, della concreta inidoneità informativa della notifica ad esercitare la vocatio in ius». Recependo tali riflessioni, il Collegio ritiene, dunque, che la nullità determinatasi a seguito del mancato rispetto dell’iter notificatorio dovuto nei confronti dell’odierno ricorrente vada ritenuta assoluta a prescindere dalla dimostrazione, ad opera della parte, della non idoneità informativa della notifica stessa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.2.2. In secondo luogo, si è osservato che, benché le Sezioni Unite, nella sentenza COGNOME, non avessero offerto una classificazione espressa della nullità, una traccia significativa nel senso della sua assolutezza potesse essere ricavata dalla concreta decisione adottata, giacché essa aveva avallato la scelta della Corte di merito di rilevare officiosamente la nullità ber ché la patologia riguardasse, in definitiva, la notifica del decreto di citazione per il giudizio di primo grado (che non era stata effettuata, come si sarebbe dovuto in quella situazione, a mani proprie, cfr. supra)) e non fosse mai stata eccepita prima. Ne consegue – si è osservato nella sentenza NOME – che, se si accede all’esegesi secondo cui la nullità della citazione si colloca nella fase degli atti preliminari al dibattimento e non «nel giudizio» (Sez. 2, n. 46638 del 13/09/2019, D’Ano, Rv. 278002; Sez. 2, n. 24807 del 04/04/2019, COGNOME
Cordazzaro, Rv. 276968; il principio è altresì ricavabile da Sez. 2, n. 30958 del 14/07/2016, B., Rv. 267574; Sez. 2, n. 6472 del 13/01/2011, I., Rv. 249379), se ne deve desumere che, qualora la nullità fosse stata di ordine generale a regime intermedio, non sarebbe stata più rilevabile dopo la deliberazione della sentenza di primo grado, a norma dell’art. 180, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen.
4.2.3. Il terzo itinerario del ragionamento svolto nella sentenza NOME per giungere alla conclusione circa la natura della nullità ha fatto leva su due precedenti di questa Corte anteriori al cligs. 150 del 2022 che, sia pure attraverso un percorso interpretativo diverso, sono anch’essi giunti alla conclusione della natura assoluta della nullità che si determina in casi come quello oggi all’attenzione del Collegio. Secondo Sez. 5, n. 371,35 del 01/07/2019, COGNOME, Rv. 277339, infatti, la celebrazione del processo, non ricorrendo le condizioni di cui all’art. 420-bis, commi 1 e 2, cod. proc. pen. e senza che il giudice abbia disposto la sospensione ai sensi dell’art. 420-quater cod. proc. pen., determina, in virtù dell’art. 604, comma 5-bis, cod. proc. pen., la nullità della sentenza, equiparabile, quanto al regime di rilevabilità, ad una nullità assoluta, con conseguente obbligo da parte del giudice di appello di restituzione degli atti a quello di primo grado. Sez. 2, n. 20937 del 6/7/2020 (non massimata) ha convenuto con l’altro arresto circa il regime di deducibilità della nullità, riconducendola non già al comma 5-bis, ma al comma 4 dell’art. 604 cod. proc. pen., vieppiù osservando che, ove l’eccezione di nullità non si ritenesse sollevabile nel corso di tutto il giudizio, si determinerebbe la conseguenza che, in tali casi, pur a fronte di giudicati formalmente validi, ed anche quindi eseguibili, l’imputato avrebbe certamente diritto alla rescissione del giudicato ex art. 625 ter, oggi 629-bis, cod. proc. pen. Ne discenderebbe un sistema in cui, pur essendovi certezza circa la mancata conoscenza del procedimento, l’eccezione di nullità non potrebbe essere sollevata e dovrebbe attendersi la formazione del giudicato per reagire con i sistemi di impugnazione straordinari. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.3. Il ragionamento sviluppato recependo il principio sancito con la sentenza NOME merita una postilla in ragione del fatto che, con il nuovo, già esamiNOME art. 604, comma 5-bis cod. proc. pen., la nullità determinatasi nel caso di dichiarazione di assenza avvenuta in mancanza dei presupposti di cui all’art. 420-bis, commi 1, 2 e 3 è sanata se non è eccepita nell’atto di appello.
Ebbene, la norma non rileva per l’odierna decisione per due ragioni.
La prima è quella già sviluppata al § 2, donde – lo si ribadisce – trova applicazione la disposizione transitoria di cui all’art. 89, d.lgs 150 del 2022.
La seconda è che la norma non fornisce una coordinata esegetica ineludibile che imponga di interrogarsi nuovamente e retrospettivamente circa la natura
della nullità all’epoca determinatasi, giacché l’inserimento del limite di deducibilità si colloca e si connette ad un regime che è oggi molto diverso e più rigoroso, rispetto a quello vigente al tempo del giudizio di primo grado a carico di COGNOME, quanto alle verifiche del Giudice in tema di presupposti per la dichiarazione di assenza, regime mutato sulla scorta delle coeve modifiche dell’art. 420-bis cod. proc. pen. anch’esse dovute al d.lgs 150 del 2022. Tale conclusione sembra trovare conferma proprio nella ratio della disposizione transitoria di cui sopra, laddove essa connette lo sbarramento circa la deducibilità delle nullità di cui all’attuale testo dell’art. 604, comma 5-bis . ,cod. proc. pen. a dichiarazioni di assenza pronunziate osservando le nuove regole introdotte dal d.l.gs. 150 cit.
Un ultimo aspetto che merita specifica trattazione riguarda la posizione assunta dal rappresentante della Procura Generale presso questa Corte che, in sede di formulazione delle conclusioni scritte, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione per mancanza del mandato specifico ad impugnare in capo al difensore firmatario del ricorso e della dichiarazione o elezione di domicilio, richiesti dall’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen. come novellato dal d.lgs 150 del 2022.
Ebbene, la particolarità della situazione processuale e l’oggetto delle doglianze formulate con il ricorso per cassazione hanno imposto di ribaltare il consueto ordine in cui l’impugnativa andava vagliata – riguardandone, cioè, prima l’ammissibilità e poi la fondatezza – dal momento che l’obiezione relativa all’inammissibilità del ricorso formulata dal Procuratore generale trova il suo presupposto formale e sostanziale, rispettivamente, nella correttezza della dichiarazione di assenza e nell’effettiva conoscenza del processo in capo all’imputato, aspetti entrambi oggetto delle critiche del ricorrente.
Ciò posto, in primo luogo, l’esame sopra condotto circa le implicazioni del vizio notificatorio dedotto sulla conseguente celebrazione del processo in assenza rende ragione di come, nel caso di specie, non debba trovare applicazione la disposizione del citato comma 1 -quater, giacché essa presuppone che, nei confronti dell’imputato, si sia proceduto in assenza; tale condizione, seppure formalmente verificatasi nel caso di specie, in pratica, per le considerazioni sopra svolte, deve ritenersi erroneamente concretizzatasi per difetto dei presupposti di cui all’art. 420-bis cod. proc. pen., per cui alcuna conseguenza può ricavarsene in tema di inammissibilità del ricorso.
In secondo luogo, una volta valutata l’erroneità della decisione del Giudice di prime cure e di quello di appello di celebrare il processo in assenza dell’imputato per non essersi raggiunta la prova della conoscenza del processo in capo al
prevenuto attraverso l’informazione che poteva pervenirgli dal suo difensore (destinatario della notifica quale domiciliatario), sarebbe irragionevole – e paradossale – esigere, proprio in relazione ad un ricorso che fonda sull’ignoranza del processo in capo all’imputato e sull’assenza di contatti con il proprio difensore, il rispetto di una norma che, appunto, trova il suo presupposto logico prima che giuridico nella possibilità che l’imputato possa interagire con il proprio difensore e rilasciargli dichiarazione o elezione di domicilio e mandato ad impugnare.
Dalle considerazioni sopra svolte consegue la nullità sia della sentenza di primo grado che della sentenza di appello, con conseguente annullamento senza rinvio di entrambe e trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze, trattandosi di nullità che trova la sua origine nella notificazione del decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado, disponendo la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze per l’ulteriore corso.
Così deciso il 20/06/2024.