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Nullità della sentenza: quando la data non conta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che lamentava la nullità della sentenza di primo grado per la presunta assenza della data di emissione. La Corte ha stabilito che la nullità non sussiste quando la data è chiaramente desumibile da altri elementi presenti negli atti, confermando un orientamento giurisprudenziale che privilegia la sostanza sulla forma.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Nullità della Sentenza: La Cassazione Chiarisce Quando la Data Mancante Non è un Vizio

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di vizi formali degli atti giudiziari, affrontando il tema della nullità della sentenza per la mancanza della data. La decisione offre spunti importanti per comprendere come la giurisprudenza bilanci il rigore formale con le esigenze di giustizia sostanziale. Questo caso dimostra che non ogni imperfezione documentale è sufficiente a invalidare un intero provvedimento.

I Fatti del Caso: un Percorso Processuale Complesso

La vicenda ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Messina. L’imputato proponeva appello, ma la Corte d’Appello competente lo dichiarava inammissibile, riscontrando che l’impugnazione era stata presentata oltre i termini di legge.

Non arrendendosi, l’imputato decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione. Tuttavia, il motivo del suo ricorso non si concentrava sulla presunta tempestività del suo appello, bensì su un vizio della sentenza di primo grado: a suo dire, la mancanza della data di emissione avrebbe dovuto comportare la nullità dell’intero provvedimento.

Il Motivo del Ricorso e la Denunciata nullità della sentenza

Il ricorrente basava la sua argomentazione sulla violazione dell’articolo 546 del codice di procedura penale, che elenca i requisiti essenziali della sentenza, tra cui la data. Sosteneva che l’assenza di tale elemento costituisse una causa di nullità insanabile.

La difesa mirava a demolire il fondamento stesso dell’iter processuale, sostenendo che se la sentenza di primo grado era nulla, anche la successiva dichiarazione di inammissibilità dell’appello doveva essere travolta. Tuttavia, la strategia si è rivelata inefficace di fronte al rigoroso esame della Suprema Corte.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ordini di ragioni, entrambe dirimenti.

In primo luogo, il ricorso è stato giudicato irrilevante. Il provvedimento impugnato era l’ordinanza della Corte d’Appello che dichiarava l’inammissibilità per tardività, non la sentenza di primo grado. Il ricorrente avrebbe dovuto contestare la ratio decidendi della Corte d’Appello, cioè le ragioni per cui il suo appello era stato considerato tardivo. Invece, ha sollevato una questione (la nullità del primo grado) che non era pertinente alla decisione appellata.

In secondo luogo, e scendendo nel merito della questione sollevata, i Giudici hanno definito il motivo “manifestamente infondato”. Hanno richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di nullità della sentenza, la mancanza o l’evidente errore della data non è causa di nullità se questa può essere ricavata con esattezza dagli altri atti del processo. Nel caso specifico, l’incipit della sentenza di primo grado indicava chiaramente la data in cui era stata pronunciata, rendendo l’eccezione del tutto pretestuosa.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione evidentemente inammissibile.

Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui i vizi puramente formali non possono essere utilizzati per scopi dilatori o per invalidare decisioni giudiziarie quando non ledono alcun diritto sostanziale e quando l’elemento mancante è facilmente desumibile dal contesto documentale. La giustizia non può essere ostacolata da tecnicismi sterili; la validità di un atto risiede nella sua capacità di raggiungere lo scopo previsto dalla legge, e una data mancante, ma ricavabile altrove, non ne inficia la sostanza.

La mancanza della data in una sentenza la rende sempre nulla?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mancanza o l’evidente erroneità della data non è causa di nullità allorché questa si possa ricavare con esattezza dagli atti, come ad esempio dall’incipit della sentenza stessa che indica la data di pronuncia.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione non contesta la ragione principale della decisione impugnata?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. È necessario contestare la specifica ‘ratio decidendi’ (la ragione della decisione) del provvedimento che si impugna. In questo caso, il ricorrente ha criticato la sentenza di primo grado invece di contestare i motivi per cui il suo appello era stato dichiarato tardivo dalla Corte d’Appello.

Quando un ricorrente viene condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, viene disposta quando il ricorso è dichiarato inammissibile e la Corte rileva profili di colpa nel ricorrente, dovuti all’evidente inammissibilità o infondatezza dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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