Nullità della Sentenza: La Cassazione Chiarisce Quando la Data Mancante Non è un Vizio
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di vizi formali degli atti giudiziari, affrontando il tema della nullità della sentenza per la mancanza della data. La decisione offre spunti importanti per comprendere come la giurisprudenza bilanci il rigore formale con le esigenze di giustizia sostanziale. Questo caso dimostra che non ogni imperfezione documentale è sufficiente a invalidare un intero provvedimento.
I Fatti del Caso: un Percorso Processuale Complesso
La vicenda ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Messina. L’imputato proponeva appello, ma la Corte d’Appello competente lo dichiarava inammissibile, riscontrando che l’impugnazione era stata presentata oltre i termini di legge.
Non arrendendosi, l’imputato decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione. Tuttavia, il motivo del suo ricorso non si concentrava sulla presunta tempestività del suo appello, bensì su un vizio della sentenza di primo grado: a suo dire, la mancanza della data di emissione avrebbe dovuto comportare la nullità dell’intero provvedimento.
Il Motivo del Ricorso e la Denunciata nullità della sentenza
Il ricorrente basava la sua argomentazione sulla violazione dell’articolo 546 del codice di procedura penale, che elenca i requisiti essenziali della sentenza, tra cui la data. Sosteneva che l’assenza di tale elemento costituisse una causa di nullità insanabile.
La difesa mirava a demolire il fondamento stesso dell’iter processuale, sostenendo che se la sentenza di primo grado era nulla, anche la successiva dichiarazione di inammissibilità dell’appello doveva essere travolta. Tuttavia, la strategia si è rivelata inefficace di fronte al rigoroso esame della Suprema Corte.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ordini di ragioni, entrambe dirimenti.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato irrilevante. Il provvedimento impugnato era l’ordinanza della Corte d’Appello che dichiarava l’inammissibilità per tardività, non la sentenza di primo grado. Il ricorrente avrebbe dovuto contestare la ratio decidendi della Corte d’Appello, cioè le ragioni per cui il suo appello era stato considerato tardivo. Invece, ha sollevato una questione (la nullità del primo grado) che non era pertinente alla decisione appellata.
In secondo luogo, e scendendo nel merito della questione sollevata, i Giudici hanno definito il motivo “manifestamente infondato”. Hanno richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema di nullità della sentenza, la mancanza o l’evidente errore della data non è causa di nullità se questa può essere ricavata con esattezza dagli altri atti del processo. Nel caso specifico, l’incipit della sentenza di primo grado indicava chiaramente la data in cui era stata pronunciata, rendendo l’eccezione del tutto pretestuosa.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La Corte ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione evidentemente inammissibile.
Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui i vizi puramente formali non possono essere utilizzati per scopi dilatori o per invalidare decisioni giudiziarie quando non ledono alcun diritto sostanziale e quando l’elemento mancante è facilmente desumibile dal contesto documentale. La giustizia non può essere ostacolata da tecnicismi sterili; la validità di un atto risiede nella sua capacità di raggiungere lo scopo previsto dalla legge, e una data mancante, ma ricavabile altrove, non ne inficia la sostanza.
La mancanza della data in una sentenza la rende sempre nulla?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mancanza o l’evidente erroneità della data non è causa di nullità allorché questa si possa ricavare con esattezza dagli atti, come ad esempio dall’incipit della sentenza stessa che indica la data di pronuncia.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione non contesta la ragione principale della decisione impugnata?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. È necessario contestare la specifica ‘ratio decidendi’ (la ragione della decisione) del provvedimento che si impugna. In questo caso, il ricorrente ha criticato la sentenza di primo grado invece di contestare i motivi per cui il suo appello era stato dichiarato tardivo dalla Corte d’Appello.
Quando un ricorrente viene condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
La condanna al pagamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, viene disposta quando il ricorso è dichiarato inammissibile e la Corte rileva profili di colpa nel ricorrente, dovuti all’evidente inammissibilità o infondatezza dell’impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2183 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2183 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il 06/03/1973
avverso l’ordinanza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza della Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile, poiché presentato oltre i termini previsti dalla legge, l’appello pro dall’imputato avverso la sentenza emessa in data 9 marzo 2023 dal Tribunale di Messina;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denuncia la violazi delle norme processuali penali di cui all’art. 546, lett. b) e g) cod. proc. pen., assumendo che deb esser dichiarata la nullità della sentenza di primo grado perché è assente l’indicazione della data emissione di essa è inammissibile poiché non censura in alcun modo la ratio decidendi del provvedimento impugnato; il che esime dal dilungarsi che esso è, comunque, manifestamente infondato perché in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui, «in tema di null della sentenza, la mancanza o l’evidente erroneità della data non è causa di nullità allorché quest si possa ricavare con esattezza dagli atti» (Sez. 3, n. 19156 del 13/12/2017, G., Rv. 273196 – 01 e, nella specie, l’incipit della sentenza di primo grado indica la data in cui è stata pronunciata;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. C cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01) versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 11/09/2024.