Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30319 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30319 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME nato a Lannezia Terme 1’11/07/1983
avverso l’ordinanza emessa 1 111 marzo 2025 dal Tribunale di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’appello avverso il provvedimento con il quale il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME di revoca della misura della custodia in carcere o di sostituzione della stessa con quella degli arresti domiciliari.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione deducendo, con un unico motivo, vizi cumulativi di violazione di legge e di motivazione in relazione al
rigetto dell’eccezione di nullità assoluta dell’ordinanza genetica. Ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha posto a fondamento del rigetto due argomentazioni errate: i) la preclusione delle eccezioni di nullità o di inutilizzabilità degli conseguente alla pronuncia della sentenza di condanna del ricorrente in sede di giudizio abbreviato; ii) la preclusione conseguente al precedente rigetto della medesima questione in sede di riesame. Precisa il ricorrente che: i) l’eccezione dedotta non investe le prove utilizzate ai fini della condanna, bensì la legittimità genetica dell’ordinanza custodiale; il) in sede di riesame era stata dedotta una diversa eccezione relativa alla inutilizzabilità delle intercettazioni di cui ai decre 750/2019 e 938/2019 R.I.T. ai sensi dell’art. 407 cod. proc. pen. in quanto il Giudice per le indagini preliminari aveva emesso detti decreti dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari.
In particolare, si sostiene che la ragione della eccepita nullità assoluta va individuata nell’illegittimità del provvedimento di separazione emesso dal Pubblico Ministero nel procedimento a carico di NOME COGNOME, provvedimento emesso dopo l’esercizio dell’azione penale con la richiesta di giudizio immediato e quando detto procedimento era stato già definito in grado di appello. Si precisa, infatti, che: in tale procedimento, a seguito dell’arresto di COGNOME per reati in tema di armi e droga, erano state autorizzate le intercettazioni nei confronti di una serie di soggetti presuntivamente coinvolti in attività illecite; sempre in tal procedimento principale il Pubblico Ministero aveva proseguito le indagini per altre ipotesi di reato anche dopo l’esercizio dell’azione penale nei confronti di COGNOME; il provvedimento di stralcio era stato adottato solo il 19/3/2018, sebbene rechi la data del 26/1/2017, quando pendevano i termini per la presentazione del ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa nei confronti di COGNOME; a dispetto della data del provvedimento di stralcio, che risulterebbe contestuale alla data di esercizio dell’azione penale nei confronti di Muraca, il numero di iscrizione del presente procedimento (n. 503/20181,, dimostra per tabulas che, in realtà , lo stralcio è stato disposto nel 2018. Ad avviso della difesa, il Pubblico Ministero avrebbe dovuto procedere ad una nuova iscrizione e, pertanto, il provvedimento di separazione, emesso nel 2018 quando era stata già esercitata l’azione penale nel procedimento principale, ha determinato una violazione delle norme che disciplinano l’esercizio dell’azione penale e, dunque, una nullità assoluta da cui deriva la nullità di tutti gli atti successivi. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il motivo è stato ulteriormente illustrato con la memoria di replica in cui, tra l’altro, si è chiarito che la doglianza non investe né il giudizio di grav indiziaria né le esigenze cautelari.
3. Il Procuratore Generale ha depositato una memoria in cui, nel concludere per la legittimità del provvedimento impugnato, ha evidenziato che, per effetto della sopravvenuta condanna del ricorrente all’esito del giudizio abbreviato, trova applicazione il principio di diritto in forza del quale il giudice dell’appello cautelar chiamato a decidere dopo una sentenza di condanna appellabile relativa ai fatti per i quali era stata emessa la misura coercitiva, può valutare, in funzione di verificare la permanenza dei gravi indizi di colpevolezza, gli eventuali elementi sopravvenuti che siano idonei ad incidere sul quadro probatorio, ma non quelli che siano in grado di inficiare la legittimità delle prove su cui la condanna medesima è fondata, circostanze queste ultime che vanno proposte al giudice di appello nel giudizio di merito (Sez. F, n. 41667 del 14/08/2013, COGNOME, Rv. 257355). Ciò in ragione del fatto che la «la decisione cautelare non può porsi in contrasto con il contenuto della sentenza, pur non irrevocabile, emessa in ordine ai medesimi fatti nei confronti dello stesso soggetto, stante la relazione di strumentalità esistente tra il procedimento incidentale e quello principale». Nella memoria si aggiunge, infine, che, da un lato, il ricorrente potrà dedurre le questioni nell’appello de giudizio principale e, dall’altro lato, che la copiosa allegazione difensiva, ove ritenuta ammissibile, costringerebbe la Corte di cassazione a sindacare l’intero materiale indiziario al di fuori della sede propria e senza avere cognizione della complessiva piattaforma probatoria e della possibile resistenza dell’accusa sulla base di elementi ulteriori acquisiti nel corso delle indagini o del giudizio principale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto deduce un motivo manifestamente infondato. Il ricorrente, infatti, nonostante le preclusioni conseguenti all’incidente cautelare e l’effetto sanante che consegue ex lege alla richiesta di giudizio abbreviato, pretende’ di far valere, attraverso lo strumento dell’incidente cautelare e nonostante la definizione del giudizio di primo grado con la sua condanna, un tema afferente la legittimità genetica dell’ordinanza cautelare, che, come correttamente rilevato dal Procuratore Generale, oltre ad investire questa Corte di un non consentito accertamento di fatto in merito alla data in cui è stata disposta dal Pubblico Ministero la separazione dei due procedimenti, alla legittimità degli atti successivi e alla tenuta del compendio probatorio a carico del ricorrente, attiene ad una questione di merito che, al più, potrà essere sottoposta all’attenzione del Giudice dell’appello nel processo di cognizione, dove saranno anche valutati eventuali profili di responsabilità in ragione della natura e del contenuto delle censure dedotte.
2. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in
favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
1
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
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ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 luglio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidente