Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20063 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20063 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in Nigeria il 3 gennaio 1980;
avverso la sentenza n. 1209/2024 della Corte di appello di Palermo del 6 marzo 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Presidente Dott. NOME COGNOME
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 marzo 2023 la Corte di appello di Palermo, decidendo in sede di rinvio – dopo che la Sezione Quarta di questa Corte di cassazione, con sentenza n. 42850 del 2023, aveva annullato la precedente sentenza della medesima Corte panormita del 10 ottobre 2022, con la quale era stata confermata la sentenza, emessa dal Tribunale di Agrigento il 22 novembre 2021, dichiarativa della penale responsabilità di NOME in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 1, del dlgs n. 309 del 1990, per avere lo stesso, in concorso con altra persona, detenuto illecitamente a fine di suo successivo spaccio della sostanza stupefacente del tipo eroina in misura pari a gr 302,69, idonea per la preparazione di circa 4.000 dosi medie singole, nonché gr 5 circa di sostanza stupefacente del tipo cocaina, idonea alla preparazione di 15 dosi medie singole, e con la quale, pertanto, il prevenuto era stato condannato alla pena di anni 7 di reclusione ed euri 40.000,00 di multa – ha nuovamente confermato la sentenza emessa dal giudice di primo grado.
Avverso detta decisione ha nuovamente interposto ricorso per cassazione la difesa dell’COGNOME lamentando, quale unico motivo di impugnazione, la illegittimità della sentenza emessa dalla Corte territoriale a cagione della omessa notificazione al prevenuto del decreto di citazione in grado di appello di fronte al giudice del rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto, essendo risultato manifestamente infondato il motivo posto a suo sostegno, deve essere dichiarato inammissibile.
Quale preliminare tema da affrontare si osserva che, sebbene in data 13 dicembre 2024 il difensore del ricorrente, essendo stato edotto della data di fissazione del presente procedimento, abbia formulato istanza di trattazione orale del presente giudizio – istanza cui è stato dato seguito con provvedimento presidenziale del 14 gennaio 2025 – il presente giudizio è stato trattato, in forma partecipata, pur in assenza della difesa del ricorrente non avendo questa preso parte, senza che ne abbia chiesto il differimento a causa di fattori ostativi alla sua presenza, alla odierna udienza.
Tanto preliminarmente rilevato, si osserva che l’unica doglianza che il ricorrente formula avverso la sentenza pronunziata in sede di giudizio di rinvio
attiene alla legittimità della vocatio in iudicium dell’imputato di fronte alla Corte di appello.
In particolare, la difesa dell’COGNOME lamenta il fatto che – avendo egli già censurato in limine litís le modalità di notificazione del predetto avviso di udienza di fronte a giudice del rinvio (la quale non era stata eseguita presso i domicilio eletto dall’imputato all’atto della sua scarcerazione poiché, secondo quanto risultante dalla relazione di notificazione nell’occasione redatta, press tale indirizzo era ubicata una rivendita di biciclette il cui titolare, richiest Carabinieri che si erano ivi recati per eseguire la notificazione dell’at all’imputato, aveva sostenuto di non conoscere l’imputato – la Corte di appello aveva ritenuto corretta la notificazione diversamente eseguita (in verità né nella sentenza impugnata – nella motivazione della ordinanza dibattimentale resa al riguardo dalla Corte di Palermo si legge che l’imputato è stato “citato giudizio dinanzi a questa Corte”, id est: la Corte territoriale di Palermo – né nell’atto impugnatorio ora in esame è precisato quale siano state le modalità di notificazione eseguita, sebbene sia altamente verosimile che, dato lo sviluppo descritto degli eventi che hanno preceduto la notificazione dell’atto in questione, essa sia stata compiuta secondo le modalità previste dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., ma in ogni caso non è questo lo specifico oggetto della impugnazione ora in esame).
E’, infatti, pacifico che l’avviso per la udienza di fronte alla Corte appello non sia stato notificato, per le ragioni che saranno di seguito indicate all’imputato presso il domicilio eletto.
Ha, altresì, aggiunto, il ricorrente che la Corte territoriale aveva anche provveduto ad emettere un decreto di “latitanza” relativamente all’imputato gravato dalla misura cautelare dell’obbligo di presentazione periodica di fronte alla polizia giudiziaria – senza tuttavia svolgere alcuna indagine in ordine all correttezza delle ricerche eseguite dai Carabinieri per trovare il destinatari dell’atto.
Fatta questa breve ricostruzione del profilo processuale su cui si incentra la censura del ricorrente, osserva il Collegio che la doglianza formulata dal ricorrente non ha alcun pregio.
Si rileva, infatti, che, indiscussa la circostanza che il prevenuto abbia all’atto della sua scarcerazione eletto domicilio, ai sensi dell’art. 161, comm 3, cod. proc. pen., in Comune di Mestrino, INDIRIZZO e che, essendosi ivi recati gli agenti notificatori, non era stato possibile recapit
all’imputato l’avviso di fissazione della udienza di fronte alla Corte di appello di Palermo in quanto presso il ricordato indirizzo, ove era ubicato non una abitazione ma un esercizio commerciale, il prevenuto era del tutto sconosciuto, rileva il Collegio come correttamente la notificazione sia stata eseguita a mani del suo difensore fiduciario, il quale, infatti, si è recato fronte alla Corte di Palermo per ivi svolgere il suo compito di patrocinio dell’imputato.
L’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. prevede, infatti, che, laddove la elezione di domicilio eseguita ai sensi del precedente comma 3 della medesima disposizione legislativa sia insufficiente o inidonea – come verificatosi incontestatamente nella presente fattispecie, essendo il prevenuto risultato del tutto sconosciuto presso l’indirizzo da lui indicato quale domicilio eletto – la notificazione degli atti all’imputato è eseguita tramite consegna d essi al suo difensore.
La circostanza allegata dalla difesa del prevenuto che la sua dichiarazione di latitanza sia stata formulata senza che fossero state eseguite le opportune ricerche è fattore che, per quanto attiene alla regolarità della notificazione dell’atto in questione, è del tutto irrilevante, atteso che siffa dichiarazione è intervenuta solo in data 19 dicembre 2023 – quando cioè il giudizio di fronte alla Corte di appello era già stato introdotto – laddove l notificazione dell’avviso di udienza era stata eseguita – deve presumersi nei termini di legge previsti per tale incombente non essendo stata dedotta alcuna intempestività di detto adempimento in epoca ampiamente precedente alla dichiarazione de qua.
L’eventuale vizio di quest’ultima (ammesso e non concesso, solo per scrupolo argomentativo, che lo stesso possa essere effettivamente riscontrabile), pertanto, nessun effetto avrebbe potuto spiegare sulla precedente regolare notificazione, atteso che la efficacia espansiva della nullità degli atti processuali opera, eventualmente, in senso progressivo e non in senso regressivo, propagandosi agli atti susseguenti a quello viziato, ma non minando la validità di quelli precedenti ad esso.
Essendo risultato manifestamente infondato l’unico motivo di impugnazione formulato dalla difesa dell’COGNOME, il ricorso da questo presentato deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente, visto l’art. 616 cod. proc. pen., va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025
Il Consigliere estensore