Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16645 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16645 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2025
Composta da:
NOME COGNOME – Presidente – NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME – Relatore – NOME COGNOME
Sent. n. sez. 635/2025
CC – 03/04/2025
R.G.N. 2404/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMEnella qualità di legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE– avverso l’ordinanza del 28/11/2024 della Corte di Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE propone, a mezzo del suo difensore, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 28 novembre 2024 con la quale la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’opposizione all’ordinanza con cui la Corte di appello fiorentina, in veste in giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di
revoca del sequestro degli immobili già di proprietà delle predette compagini societarie.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione di legge nonché manifesta illogicità della motivazione in ordine alla regolarità delle notifiche ricevute dalle società rappresentate dal Vasta.
La difesa lamenta la lesione del diritto al contraddittorio determinata dalla nullità delle notifiche del decreto di sequestro preventivo degli immobili di proprietà delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze in data 09 agosto 2010 e della conseguente mancata conoscenza di tale provvedimento ablativo da parte dei rappresentanti legali delle citate compagini societarie.
È stato, in particolare, evidenziato che il decreto di sequestro disposto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE è stato erroneamente notificato presso lo studio del difensore di NOME COGNOME soggetto che non rivestiva la qualifica di legale rappresentante della società in questione mentre il provvedimento di sequestro disposto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE è stato notificato all’Avv. COGNOME del foro di Firenze e, quindi, ad un legale che rivestiva esclusivamente la qualità di difensore di NOME COGNOME quale indagato del reato di appropriazione indebita e non quale legale rappresentante della predetta compagine societaria.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che la conoscenza sostanziale del decreto di sequestro da parte di NOME COGNOME all’epoca legale rappresentante delle due società, comporterebbe la corretta integrazione del contraddittorio, senza tenere conto del fatto che l’ordinamento vigente non prevede tale presunzione legale di conoscenza e che il COGNOME verserebbe in evidente conflitto di interessi con le persone giuridiche formalmente rappresentate in quanto lo stesso ‘ non avrebbe avuto alcun interesse a salvare i beni delle società, anzi gli faceva comodo che le società pagassero per lui’ (vedi pag. 5 del ricorso).
La difesa ha, infine, rimarcato che l’Avv. COGNOME non avrebbe mai potuto ricoprire la veste di difensore ‘ del medesimo soggetto, quale imputato persona fisica e terzo extraneus colpito dai soli effetti civilistici della misura cautelare ‘ (vedi pag. 6 del ricorso) in considerazione del fatto che tali
posizioni difensive risulterebbe incompatibili per evidente contrasto di interessi.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta vizio di motivazione in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’opposizione presentata dal ricorrente.
La Corte territoriale non avrebbe congruamente indicato le ragioni per cui le notifiche oggetto di ricorso dovrebbero considerarsi validamente effettuate, limitandosi, con argomentazioni apodittiche ed illogiche, a ritenere sufficiente il fatto che il COGNOME abbia avuto conoscenza del provvedimento nella sua qualità di indagato.
I giudici di merito, a tal proposito, avrebbero valorizzato la mancata impugnazione del decreto di sequestro da parte del COGNOME nonché la mancata presentazione di richieste di restituzione dei beni sottoposti a vincolo reale, senza tenere conto che il COGNOME, stante il conflitto di interessi con le società proprietarie degli immobili in sequestro, non avrebbe avuto alcun vantaggio nel tutelare gli interessi degli azionisti.
La difesa ha, infine, affermato che la mancata proposizione di riesame non avrebbe precluso una successiva revoca dell’ordinanza per mancanza delle condizioni di applicabilità ‘ anche dopo la definitività della sentenza di merito degli imputati, poiché altrimenti si lascerebbe il terzo privo di tutela ‘ (vedi pag. 9 del ricorso).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di impugnazione non è consentito in sede di legittimità.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che:
nel corso del 2009 veniva iscritto, nel registro delle notizie di reato della Procura della Repubblica di Firenze, il procedimento numero 5108/2009 nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di appropriazione indebita ed esercizio abusivo di attività di investimento e gestione collettiva del risparmio;
in data 09 agosto 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze ha disposto il decreto di sequestro preventivo degli immobili di proprietà delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che gli stessi fossero stati acquistati con i proventi dell’attività illecita posta in essere dal legale rappresentante NOME COGNOME
il provvedimento ablatorio disposto nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE è stato notificato al difensore dell’indagato NOME COGNOME all’epoca legale rappresentante della citata compagine societaria;
il sequestro disposto nei confronti della RAGIONE_SOCIALE è stato notificato al difensore dell’indagata NOME COGNOME soggetto che non rivestiva la qualifica di legale rappresentante della predetta società;
nel corso del 2011 veniva iscritto, nel registro delle notizie di reato della Procura della Repubblica di Firenze, il procedimento numero 2086/2011 nei confronti di NOME COGNOME per il reato di appropriazione indebita in danno di altre persone offese;
NOME COGNOME ha rivestito la qualifica di rappresentante legale delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fino al 23 marzo 2022;
NOME COGNOME nella sua qualità di legale rappresentante delle due società, non ha mai impugnato il decreto di sequestro preventivo né ha mai chiesto il dissequestro degli immobili sottoposti a vincolo reale nonostante lo stesso abbia avuto piena conoscenza del provvedimento cautelare reale;
il Tribunale di Firenze, con sentenze del 29 novembre 2012 e del 29 gennaio 2015, ha condannato NOME COGNOME per il reato di appropriazione indebita ed ha disposto la conversione in sequestro conservativo del sequestro preventivo degli immobili di proprietà delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
il passaggio in giudicato di tali sentenze di condanna ha comportato la conversione in pignoramento dei sequestri conservativi disposti nell’ambito dei predetti procedimenti penali;
i beni pignorati alle due società sono stati successivamente posti all’asta e venduti alla società RAGIONE_SOCIALE all’esito di due procedimenti esecutivi instaurati presso il Tribunale Civile di Arezzo e conclusisi in data 21 dicembre 2021;
l’opposizione all’esecuzione del pignoramento avanzata dal nuovo legale rappresentante delle due società è stata rigettata dal Tribunale Civile di Arezzo, con sentenza del 14 febbraio 2024, già divenuta esecutiva.
2. Tutto ciò premesso deve essere affermato che la Corte territoriale, con motivazione priva di vizi logici e giuridici, ha correttamente rimarcato che NOME COGNOME, legale rappresentante delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fin dal 2010 ha avuto piena contezza della sottoposizione a sequestro degli immobili in questione e che lo stesso, nonostante l’erroneità delle notifiche del provvedimento ablatorio, è stato messo nelle condizioni di impugnare tempestivamente il sequestro preventivo e la successa conversione in sequestro conservativo ovvero di chiederne il dissequestro nei procedimenti nei quali lo stesso COGNOME era dapprima indagato e successivamente imputato (vedi pag. 4 e 5 del provvedimento impugnato).
Deve essere, in proposito, ricordato che la mancata o erronea notifica del decreto di sequestro preventivo disposto dal giudice delle indagini preliminari non determina alcuna nullità né comporta l’inefficacia del decreto stesso. Ed infatti, il sequestro preventivo si esegue mediante apprensione del bene sequestrato e la notifica del provvedimento è destinata solo a consentirne l’impugnazione, con la conseguenza che il ritardo nella notifica, e quindi della conoscenza del provvedimento, ha solo l’effetto di differire la decorrenza del termine d’impugnazione per l’interessato, ma non dà luogo a nullità, perché non ne pregiudica l’intervento, l’assistenza o la rappresentanza (vedi, Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016, COGNOME, Rv. 268585 – 01; Sez. 3, n. 4885 del 04/12/2018, COGNOME, Rv. 274851 – 01; da ultimo, Sez. 3, n. 6796 del 24/01/2025, RAGIONE_SOCIALE, non mass.).
La notifica al COGNOME del decreto di sequestro preventivo, seppur nella veste di indagato, e la successiva partecipazione alle diverse fasi del giudizio conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna, dimostrano che
lo stesso ebbe piena conoscenza degli atti processuali intervenuti e ben si sarebbe potuto avvalere di tutti gli strumenti riservati dal codice di rito per la tutela del diritto di proprietà delle società -dal COGNOME legalmente rappresentate- sui beni attinti dapprima da provvedimento cautelare e successivamente da sequestro conservativo con conseguente insussistenza della lamentata violazione del diritto di difesa.
Il giudice dell’esecuzione ha, inoltre, correttamente evidenziato che il passaggio in giudicato delle sentenze con le quali il COGNOME è stato condannato e la conseguente conversione del sequestro conservativo in pignoramento consentiva alle società oggi rappresentate dal ricorrente di avanzare le eventuali questioni relative al titolo divenuto esecutivo esclusivamente in sede civile, come peraltro effettivamente avvenuto nei procedimenti esecutivi conclusisi nel febbraio del 2024 con il rigetto delle opposizioni all’esecuzione presentate innanzi al Tribunale Civile di Arezzo.
Deve essere, in proposito, ribadito che, in tema di sequestro conservativo, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, la competenza ad adottare ogni provvedimento relativo al bene oggetto del vincolo è devoluta al giudice civile. Il giudice dell’esecuzione penale è, di conseguenza, funzionalmente incompetente a deliberare in tema di cose soggette a sequestro conservativo disposto a norma dell’art. 316 cod. proc. pen., in quanto il codice di rito vigente attribuisce al passaggio in giudicato della condanna l’effetto di convertire il sequestro conservativo in pignoramento, con la conseguenza che la competenza a giudicare domande di terzi intese a contestare il vincolo imposto sul bene è funzionalmente devoluta al giudice civile, dinanzi al quale la domanda va introdotta nelle forme dell’opposizione del terzo al pignoramento (Sez. 5, n. 16312 del 08/02/2013, COGNOME, Rv. 255190 – 01; Sez. 1, n. 34251 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279999 – 01; Sez. 1, n. 38615 del 17/05/2024, Banco RAGIONE_SOCIALE non mass.).
3. Il secondo motivo di ricorso non è consentito in sede di legittimità.
Emergendo una questione giuridica, quale è quella, invocata nel primo motivo di impugnazione, dell’invocata nullità della notifica del decreto di sequestro preventivo in quanto effettuata esclusivamente nei confronti degli indagati, occorre richiamare il principio di diritto per il quale il vizio di
motivazione non è configurabile riguardo ad argomentazioni giuridiche delle parti. Queste ultime, infatti, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale.
Il Collegio intende, in particolare, dare seguito al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui i vizi di motivazione, indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non sono mai denunciabili con riferimento alle questioni di diritto, sia nel caso in cui la soluzione adottata dal giudice di merito sia giuridicamente corretta sia nel caso contrario essendo, in tale ipotesi, deducibile esclusivamente l’intervenuta violazione di legge (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, NOME, Rv. 280027 – 05).
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così è deciso, 03/04/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME